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2023 NTT Indycar Series, tempo di bilanci per le squadre

2023

Il 2023 dell’NTT Indycar Series ha visto una stagione che ci regala numerosissimi temi e spunti di riflessione in vista del 2024. Certamente il campionato ha visto molti eventi che si rivelano essere una chiave di svolta per la serie. Lo spettacolo ne ha notevolmente beneficiato, con squadre pronte a rilanciarsi, giovani leve protagoniste di grandi prestazioni e di veterani assolutamente competitivi. Ripercorriamo assieme cosa è accaduto in questo campionato tra le varie squadre!

Chip Ganassi Racing, un 2023 da incorniciare

Si sa, quando parli di Chip Ganassi Racing, in NTT Indycar Series parli di un team di punta nel campionato. L’avvio di stagione e il relativo prosieguo ne hanno confermato ampiamente questa tendenza. Marcus Ericsson è riuscito nella caotica St.Petersburg a regalare al team la vittoria inaugurale in campionato, con un team che però a inizio stagione non ha proprio riconfermato questa prestazione iniziale. Tuttavia, la consistenza ha ampiamente premiato la squadra che ha quasi sempre concluso in top 10. Ericsson ha chiuso poi 3° a Long Beach e si è visto bruciare all’ultimo giro le possibilità di vincere per la seconda volta la 500 miglia di Indianapolis, non rivedendo più la top 3 fino a fine stagione. Di fatto Ericsson lascia la Huski Chocolate Honda numero 8 per Andretti Global con un 6° posto finale.

Palou
Alex Palou celebra la vittoria a Portland e il secondo titolo NTT Indycar Series così (Photo source: indycar.com/James Black)

Al contrario, Alex Palou nella fase centrale del campionato ha costruito un ampio margine sugli avversari con 4 vittorie in 5 gare da Indianapolis Road Course a Mid-Ohio. Altre quattro top 3 e un’ulteriore vittoria gli sono state ampiamente sufficienti per conquistare il suo secondo titolo in NTT Indycar Series. Un titolo conquistato senza mai fare peggio di due ottavi posti a St. Petersburg e ad Iowa in gara 1. Alla Indy 500 era tra i favoriti alla vittoria, ma ha dovuto chiudere solo 4° dopo un contatto a metà gara con Rinus VeeKay nei box.

I “kiwi” di Ganassi in netto contrasto

Nel finale di stagione, invece, è stato Scott Dixon il pilota da battere. Dopo una stagione a rilento con appena un 3° posto a St.Petersburg e un 2° posto a Mid-Ohio, il 2023 di “Dixie” ha cambiato faccia. Tre vittorie conquistate con una strategia magistrale in condizioni avverse a Indianapolis Road Course, Gateway e Laguna Seca nelle ultime quattro gare (più un 3° posto a Portland), lo hanno portato in seconda posizione nella classifica generale. Questo finale di campionato dimostra che il neozelandese della PNC Bank Honda numero 9, con 43 anni alle spalle, è ancora un serio contendente per il titolo. L’età non conta quando sei uno dei migliori piloti mai visti nella storia della serie.

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Scott Dixon a Portland (Photo source: indycar.com/Karl Zemlin)

Chi invece è tutto ancora da verificare è l’altro neozelandese del team, ovvero Marcus Armstrong. Classe 2000 vincitore della F4 italiana nel 2017 4 vittorie all’attivo in Formula 2, Armstrong ha seguito l’esempio di Lundgaard e Ilott scommettendo sull’NTT Indycar Series per il 2023 al posto della F1. Chiamato a sostituire Jimmie Johnson, il team di Armstrong ha vissuto un anno di transizione. Armstrong è esordiente nella serie e ha gareggiato solo sui road courses a bordo della rimarchiata Ridgeline Honda numero 11. Il titolo di “Rookie of the year” è stato conseguito agevolmente con un 20° posto finale in classifica, condito da 5 top 10 nelle 12 gare disputate, con un 7° posto a Toronto come miglior piazzamento. Per lui un anno di aggiustamento in vista di un 2024 a tempo pieno.

Takuma Sato, pilota part time di lusso

Non proprio positivi i risultati del suo sostituto per gli ovali, il veterano e due volte vincitore della Indy 500 Takuma Sato. Tornato part time dopo un anno da titolare con Dale Coyne Racing w. Rick Ware Racing, il buon Takuma ha ottenuto due top 10 chiudendo 7° alla Indy 500 e 9° in gara 1 ad Iowa. Per il resto, nonostante la sua guida spettacolare, tre incidenti e un contatto controverso con Callum Ilott a Gateway hanno segnato in negativo la stagione part time del giapponese. A Indy, Sato ha chiuso 7° prendendosi grossi rischi all’ultimo giro, superando quattro vetture all’esterno con l’ala anteriore danneggiata da un urto contro il muro di curva 4 a cinque giri dal termine, mentre cercava di superare VeeKay ed Herta dall’esterno.

Sato
Takuma Sato alla Indy 500 (Photo source: indycar.com/Joe Skibinski)

A questo punto, sorge spontanea la domanda. Visto l’impegno a tempo pieno per il 2024 da parte di Armstrong, rivedremo ancora in pista Sato o deciderà di smettere con l’NTT Indycar Series a 46 anni? Certamente mancherà vedere in pista un pilota come lui, anche se alcuni colleghi ne saranno sollevati per la sua condotta in pista irruente e molto aggressiva. Una condotta per la quale è stato coniato il termine “Getting Sato’d” quando un pilota viene messo fuori corsa dal giapponese. Ilott, Andretti e tanti altri colleghi, dall’Indycar alla F1, ne sanno qualcosa.

Team Penske, un 2023 da regina degli ovali

Se il team più forte sui road courses è stato Chip Ganassi Racing, il Team Penske invece non ha avuto rivali per quanto concerne gli ovali. In particolar modo, è Josef Newgarden che ha annichilito la concorrenza. Dopo aver conquistato due vittorie mozzafiato al Texas Motor Speedway e alla 500 miglia di Indianapolis, Newgarden ha fatto doppietta nel cosiddetto “double-header” all’Iowa Speedway. Suo malgrado, nonostante apparisse come l’unico serio contendente al titolo contro Palou, Newgarden ha vissuto un finale di stagione sfortunatissimo. Dopo tre incidenti nelle ultime quattro gare a Indianapolis road course, Gateway e Laguna Seca, Newgarden è rapidamente precipitato da 2° a 4° in classifica. Nonostante questa delusione, può comunque dire che è riuscito a conquistare la tanto agognata Indy 500.

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Josef Newgarden posa con il Borg-Warner Trophy (Photo source: indycar.com/Joe Skibinski)

Scott McLaughlin può dire di aver vissuto un’ottima stagione con tre secondi posti ad Iowa, Nashville e Laguna Seca, coronati da una vittoria a inizio stagione al Barber Motorsports Park. Il punto più deludente di una stagione chiusa al 3° posto, tuttavia, è senz’altro St.Petersburg. In posizione per vincere dopo l’ultima sosta, un contatto con Romain Grosjean gli ha negato la possibilità di aprire la stagione da vincitore.

Il campione in carica Will Power ha vissuto una stagione opaca. Nonostante le 9 gare dove ha condotto almeno un giro in testa e quattro arrivi in top 3, il 7° posto in classifica generale è certamente negativo se comparato al 2022 dove ha conquistato il suo secondo titolo in carriera. Il momento più basso per lui è stato certamente Elkhart Lake, dove un incidente e alcuni litigi con Grosjean e Dixon hanno contribuito a rendere il fine settimana da dimenticare.

Arrow McLaren, l’occasione mancata

Chi non può ritenersi soddisfatto del 2023 è certamente Arrow McLaren. Il team, in piena espansione con l’arrivo di una terza vettura per Alexander Rossi, ha dimostrato grande competitività ma ha mancato la vittoria finale in più di un’occasione. Pato O’ Ward è certamente il più deluso del team con ben 7 top 3 ma nessuna vittoria. Il ninja messicano, soprannominato “Fast hands” per i suoi riflessi fulminei, ha sfiorato la vittoria per due volta di fila a St.Petersburg e a Fort Worth, ma un cambio marcia errato e una caution al penultimo giro gli hanno negato la vittoria. Era il favorito anche per la Indy 500, ma una manovra dettata dall’inesperienza e dalla fretta di dover prendere Josef Newgarden su Marcus Ericsson lo hanno spedito nel muro di curva 3. Un 4° posto in classifica generale sarebbe ottimo, ma non per Pato che vuole vincere gare e campionati.

McLaren
Alexander Rossi e Felix Rosenqvist a Laguna Seca (photo source: indycar.com/Chris Jones)

Felix Rosenqvist, 12° in classifica generale con due top 3 e due pole position a Fort Worth e Laguna Seca, lascia il team a fine stagione anche lui con un’incompiuta per quanto concerne la vittoria finale. Anche Rosenqvist aveva una vettura per vincere ad Indy, ma il muro di curva 2 gli ha negato ogni possibilità. Tra i tre, Alexander Rossi è stato il più quieto e meno evidente. Nono in classifica finale, Rossi ha ottenuto solo un 3° posto a Indianapolis Road Course, condito da altre cinque top 5 e dieci top 10 totali, senza però mai regalare un acuto vero e proprio. Riuscirà Rossi a vincere con McLaren nel 2024?

Indy la passerella d’addio per “TK” Tony Kanaan

Kanaan
Tony Kanaan alla Indy 500 (Photo source: indycar.com/Matt Fraver)

Arrow McLaren è anche il team che ha visto il ritiro del grande Tony Kanaan a 49 anni. Dopo un viaggio lungo 25 anni, incominciato in FedEx CART Series nel 1998, La Indy 500 è stata la gara d’addio per “TK”. Nonostante una certa competitività e un doppio sorpasso folle sull’erba del backstretch nei confronti di Scott McLaughlin e Takuma Sato, il brasiliano ha visto la bandiera scacchi soltanto al 16° posto. Per il popolarissimo Kanaan non era certamente il modo in cui voleva terminare la sua carriera, ma ora è pronto e già attivo per aiutare le giovani leve in forze ad Arrow McLaren.

Andretti Autosport (ora Global), la grande delusione del 2023

Chi non può essere assolutamente soddisfatto del 2023 appena trascorso tra i team di punta è Andretti Autosport. Nonostante le due vittorie conquistate con Kyle Kirkwood a Long Beach e Nashville, la sensazione è che la squadra abbia sprecato numerosissime occasioni. Romain Grosjean, a fine stagione in rotta di collisione con la squadra, ha chiuso 2° a Long Beach e Barber Motorsports Park. A St.Petersburg e Fort Worth si è trovato a muro quando era anche lì in posizione per ottenere una vittoria che lo elude da troppo tempo. Il 13° posto finale in classifica è ben al di sotto delle aspettative e per lui non si sa se ci sono ancora delle prospettive nel campionato. Quello che è certo è che il posto sulla DHL Honda numero 28 lo prenderà Marcus Ericsson, con l’addio anche dello sponsor DHL.

Grosjean
Romain Grosjean a Portland (Photo source: indycar.com/Karl Zemlin)

Sulla AutoNation Honda numero 27, Kyle Kirkwood ha vissuto una stagione interlocutoria chiusa all’undicesimo posto finale, con un campionato che, escluse le vittorie di Long Beach e Nashville, per il resto non è stato particolarmente brillante con altri cinque arrivi in top 10, ma nessuna top 5 o podio. Per Kirkwood, dopo questa stagione di assestamento, servirà un 2024 più concreto nei risultati finali.

Un 2023 di tempi duri per i team di Andretti co-gestiti

Se le due vetture ufficiali di Andretti Autosport hanno faticato, il disappunto è ancora maggiore nelle vetture co-gestite. Per quanto riguarda Colton Herta, attivo sulla Gainbridge Honda numero 26 co-gestita con Mike Curb e Cary Agajanian, il 2023 è stato decisamente sottotono. Nonostante la notevole velocità mostrata su alcune piste come Elkhart Lake e Mid-Ohio, la strategia è stato il tallone d’Achille del team. Di fatto, un solo 3° posto a Toronto è stato il massimo che Herta ha potuto ottenere in una stagione chiusa al 10° posto finale. Un risultato decisamente al di sotto delle aspettative per un pilota e una squadra sovente indicati tra i contendenti al titolo.

DeFrancesco
Devlin DeFrancesco a Nashville (Photo source: indycar.com/Travis Hinkle)

Se Andretti Autosport w. Curb-Agajanian delude, ancor più deludenti sono i risultati di Andretti-Steinbrenner Autosport. La squadra, co-gestita con George Michael Steibrenner IV, proprietario dei New York Yankees, è stata la squadra peggiore dei team a tempo pieno sotto l’ala di Andretti Autosport. La EvTec Honda numero 29, guidata da Devlin DeFrancesco, non è mai stata competitiva quando le vetture gemelle numero 26, 27 e 28. I momenti degni di nota sono pochi. St.Petersburg è stato certamente il peggiore con l’incolpevole DeFrancesco spedito a mezz’aria da Pedersen nella carambola del primo giro.

Il più positivo è stato il 5° posto in qualifica nella seconda gara ad Indianapolis road course. Qualifica impreziosita da un quadruplo sorpasso dall’esterno della prima curva da cineteca, cosa che ha portato DeFrancesco in testa alla corsa per i primi 8 giri. A questo punto vi sono dei dubbi sulla sua permanenza in Indycar, così come sulla possibilità che Michael Andretti e George Michael Steinbrenner IV schierino una quarta vettura per il 2024.

La “Andretti Curse” continua ad Indianapolis

Anche quest’anno, la Indy 500 si è rivelata spietata per la famiglia Andretti. Grosjean e Kirkwood sono finiti fuori gara per incidenti, mentre Herta e DeFrancesco hanno chiuso solo al 9° e 12° posto. Oltre a ciò, la maledizione elude ancora una volta dalla vittoria finale Marco Andretti, attivo soltanto ad Indy sulla KULR Honda numero 98 co-gestita con suo padre, Bryan Herta, Mike Curb e Cary Agajanian. Andretti, mai veramente competitivo nelle prove, subisce una foratura nelle prime fasi. In difficoltà nella rimonta dal fondo, si vede anche coinvolto in un incidente nelle fasi finali, concludendo così soltanto al 17° posto. Questa è l’edizione numero 54 consecutiva che non vede un pilota di nome Andretti in victory lane alla Indy 500, una corsa maledetta per Mario, vincitore solo nel 1969, e gli eredi Michael, Marco, John e Jeff.

Andretti
Marco Andretti alla Indy 500 2023 (Photo source: indycar.com/Karl Zemlin)

Escludendo l’Indycar, tuttavia, Andretti nel 2023 è stato protagonista di varie esperienze fuori dal panorama Indycar. Campione in carica della Superstar Racing Experience o SRX, Andretti ha gareggiato a tempo pieno nella serie anche nel 2023. Solo un 3° posto per lui a Stafford Motor Speedway, ma la consistenza gli ha permesso di chiudere 2° in classifica generale dietro “Rocket man” Ryan Newman. Oltre a questo, Andretti ha compiuto il suo esordio in NASCAR Craftsman Truck Series per conto di Spire Motorsports su una Chevrolet Silverado a Mid-Ohio. Il 19° posto finale in gara, condizionata da numerosi contati, non rispecchiano la prestazione generale, con un ottimo 7° posto in qualifica all’esordio.

Rahal-Letterman Lanigan Racing. Un 2023 di alti e bassi

Tra le squadre di centro gruppo che cercano di guadagnarsi un posto al sole, Rahal-Letterman Lanigan Racing è quella che ha fatto più rumore di tutti. Il team, in crisi ad inizio stagione, ha faticato a trovare ritmo in particolare sugli ovali. L’apice delle difficoltà è arrivato tra la Indy 500 e Detroit. In particolare ad Indy, 3 delle 4 vetture schierate dal team sono finite nel Bump Day, con la sola Katherine Legge già qualificata al 29° posto. Christian Lundgaard e Jack Harvey si sono qualificati al 31° e 33° posto in extremis, con Graham Rahal non qualificato per la corsa sulla United Rentals Honda numero 15.

Rahal
Graham Rahal celebra la seconda pole position di stagione con il team a Portland (Photo source: indycar.com/Joe Skibinski)

Dopo le tappe di Indy e Detroit, il team ha investito massicciamente per riportare la squadra nelle posizioni di vertice, con i risultati che ne hanno ampiamente beneficiato. Il giovane danese Christian Lundgaard, sulla HyVee Honda numero 45, nelle ultime 10 gare della stagione ha visto sei volte la top 10, conquistando anche la sua prima vittoria in NTT Indycar Series a Toronto, partendo dalla pole. Sulla United Rentals Honda numero 15, Graham Rahal ha ritrovato competitività. Nonostante tre soli arrivi in top 10, il 2° posto nella seconda gara all’Indianapolis Road Courses, due pole position (a Indy e Portland) e una prima fila a Mid-Ohio hanno rilanciato decisamente le quotazioni di Rahal.

Tempo di ulteriori cambiamenti in vista del 2024

Ma se da una parte i risultati di Lundgaard e Rahal sono migliorati, lo stesso non si puà dire della Kustom Entertainment Honda numero 30. Nonostante qualche prestazione discreta in qualifica, i risultati in gara non sono stati sufficienti per il britannico Jack Harvey a mantenere il posto, venendo sostituito nelle tappe finali da Conor Daly e dall’esordiente estone Jüri Vips. Il 24° posto in classifica finale di Harvey, unito all’ottavo di Lundgaard e al 15° di Rahal, non soddisfano di certo le ambizioni di successo del team.

Harvey
Jack Harvey a Nashville (Photo source: indycar.com/Chris Owens)

La seconda parte di stagione ha portato prospettive positive nel team con Rahal e Lundgaard. Tuttavia, la squadra dovrà lavorare per trovare un pilota a pari livello prestazionale con i compagni di squadra e maggiore velocità sugli ovali. Di fatto, gli ovali sono stati il vero tallone d’Achille del team nel 2023, mai oltre un 13° posto con Lundgaard in gara 2 ad Iowa.

Il curioso caso di Dale Coyne Racing (co-starring HMD Motorsports e Rick Ware Racing)

Tra i team del cosiddetto “midfield” spicca certamente quello di Dale Coyne Racing. La squadra schiera due vetture con la numero 18 co-gestita da HMD Motorsports, il cui proprietario è Henry Malukas, padre di David che ha gareggiato con loro da inizio 2022. Sulla BioHaven Honda numero 51, invece, ha fatto il suo esordio Sting Ray Robb, sostituendo Takuma Sato. Il team è co-gestito con Rick Ware Racing, squadra di proprietà di Rick Ware, che possiede una squadra impegnata in NASCAR Cup Series.

David Malukas, da tenere d’occhio sugli ovali. HMD Motorsports ci sarà nel 2024?

Dal lato del team di David Malukas, la stagione non è stata certamente facile, ma i momenti positivi non sono mancati. Sei ritiri di cui quattro consecutivi lo hanno portato a chiudere soltanto 17° in classifica assieme a 6 arrivi in top 10. Tuttavia, Malukas ha mostrato una notevole competitività, in particolare sugli ovali. Ottimo 4° a Fort Worth, ha chiuso anche al 3° posto a Gateway, chiudendo anche 8° in gara 2 ad Iowa. Oltre a questo, alla Indy 500 ha segnato il giro più veloce in gara prima di ritirarsi.

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David Malukas a Long Beach (Photo source: indycar.com/Joe Skibinski)

Per Malukas comunque si prospetta un 2024 di alto livello, essendo stato assunto da Arrow McLaren al posto di Felix Rosenqvist. Un ottimo 6° posto a Mid-Ohio e un 8° a Portland lasciano presagire grande competitività anche sui road courses, tutta da verificare. Così come bisognerà verificare a questo punto chi correrà sulla numero 18 e se HMD Motorsports proseguirà nella co-gestione del team.

Sting Ray Robb, simbolo di un annnus horribilis per Rick Ware Racing

Tra i piloti che hanno performato decisamente al di sotto delle aspettative vi è certamente l’esordiente Sting Ray Robb. Campione della Indy Pro 2000 nel 2020 e vicecampione Indy Lights 2022, Robb ha patito una stagione decisamente negativa. Coinvolto in incidenti o inconvenienti tecnici in 7 delle prime 8 gare della stagione, la fortuna non è certamente stata dalla sua parte. Tuttavia, le sue prestazioni sono risultate decisamente meno appariscenti rispetto a David Malukas. Nella seconda parte del campionato ha avuto il merito di riuscire ad essere molto più costante, ma escluso il 12° posto nel caotico round finale di Laguna Seca, le prestazioni sulla BioHaven Honda di Rick Ware Racing sono state decisamente negative.

Sting Ray Robb
Sting Ray Robb a Laguna Seca (Photo source: indycar.com/Joe Skibinski)

23° in classifica generale, Robb potrebbe non gareggiare con il team nel 2024. Sostituirebbe Devlin DeFrancesco ad Andretti-Steinbrenner Global. Per il team della 51 serve voltare pagina in un 2023 estremamente negativo, anche per le vicende giudiziare che hanno visto coinvolto il figlio di Rick Ware, Cody. Pilota NASCAR Cup Series sulla BioHaven Ford Mustang numero 51, nelle vacanze pasquali è stato arrestato con l’accusa di violenza domestica verso una donna e sospeso a tempo indeterminato.

Ed Carpenter Racing, un 2023 in cerca della strada giusta

Tra le squadre di centro gruppo, Ed Carpenter Racing è un altro dei team che sta cercando la sua identità, subendo un cambio di piloti a stagione in corso. Rinus VeeKay, giovane olandese di belle speranze, nel 2023 ha ottenuto solo due top 10 con un 10° posto alla Indy 500 e un 6° posto a Portland. Nonostante ciò, la sua costanza gli ha permesso di chiudere 14° in campionato. Sempre ai margini della top 10, è risultato sempre più efficace dei compagni di squadra sulla BitNile.com Chevrolet numero 20.

Hunter-Reay
Ryan Hunter-Reay ad Elkhart Lake (Photo source: indycar.com/Karl Zemlin)

Conor Daly, inizialmente titolare della vettura, ha conquistato un 8° posto alla Indy 500 come miglior piazzamento. I suoi risultati, tuttavia, non sono stati sufficienti per mantenere il posto in squadra, venendo sostituito dal veterano Ryan Hunter-Reay. Il vincitore della Indy 500 nel 2014 e campione Indycar Series nel 2012, aveva già chiuso 11° a Indy con Dreyer & Reinbold Racing. In questo rientro da sostituto, ha lavorato per dare una direzione precisa al team, contribuendo alla crescita di VeeKay. Con una stagione a mezzo servizio, Hunter-Reay ha chiuso 26° in classifica, conquistando un 10° posto a Laguna Seca come miglior piazzamento. Da rivedere le prestazioni del team owner Ed Carpenter, attivo come pilota part time sugli ovali ma mai oltre un 13° posto a Fort Worth.

Meyer-Shank Racing, una squadra che deve ricostruirsi

Tra i grandi delusi della stagione c’è senz’altro Meyer-Shank Racing. Il team, che gode di un’alleanza con Andretti Autosport, godeva anche di due piloti blasonatissimi ex Penske. Tuttavia, la stagione è stata un vero e proprio calvario. Per quanto riguarda la SiriusXM Honda numero 60, il francese Simon Pagenaud è sembrato in grande difficoltà. Il vincitore della Indy 500 nel 2019 e campione NTT Indycar Series 2016, ha visto anche la stagione concludersi anzitempo. Proprio quando sembrava sul punto di trovare una certa velocità per stare nel midfield, un terrificante capottamento a Mid-Ohio lo ha messo fuori dai giochi. Un guasto ai freni ha messo la parola fine alla sua stagione e ha dovuto lasciare il team. In aggiunta, visto che ha riportato una concussion, si teme che questo incidente abbia messo fine alla sua carriera.

Castroneves
Hélio Castroneves a Long Beach (Photo source: indycar.com/Joe Skibinski)

Per quanto riguarda la SiriusXM Honda numero 06, anche per Hélio Castroneves è stata una stagione deludente. Nonostante qualche lieve miglioramento a metà stagione, il 10° posto a Fort Worth è stato il miglior risultato stagionale per il brasiliano. Classe 1975, a fine stagione Hélio ha deciso di interrompere per la seconda volta la sua carriera a tempo pieno in Indycar. Per questo, Castroneves preferisce concentrarsi sul vincere la quinta Indy 500 della sua carriera, un traguardo che ancora oggi nessuno ha raggiunto. Infine, Castroneves ha acquistato anche una quota minoritaria del team.

Un vivaio di crescita per nuovi volti

Questa situazione ha portato ad un progressivo cambio della guardia. In sostituzione di Pagenaud, si sono avvicendati Conor Daly, Tom Blomqvist e Linus Lundqvist. Questi ultimi due, in particolare, hanno convinto gli addetti ai lavori a fornirgli un posto nel 2024. Blomqvist di fatto è stato confermato al posto di Castroneves sulla numero 06, con Felix Rosenqvist sulla numero 60. Lundqvist, campione Indy Lights 2022, ha invece preso il posto di Marcus Ericsson da Chip Ganassi Racing per l’anno venturo.

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Linus Lundqvist all’esordio in NTT Indycar Series a Nashville (photo source: indycar.com/Travis Hinkle)

Tuttavia, se Meyer Shank Racing vuole guadagnarsi un posto al sole in NTT Indycar Series, deve fare molto di più. L’alleanza tecnica con Andretti Global è anche un’arma a loro vantaggio che devono essere in grado di sfruttare per risalire la china di questo campionato. Il 2024 è per loro l’anno della verità.

A.J. Foyt Enterprises, il 2023 è l’anno della svolta

Tra i team delle retrovie, molti cambiamenti li ha apportati A.J. Foyt Enterprises. L’assunzione di Larry Cannon a capo degli ingegneri ha certamente portato una ventata di aria fresca nel team. Oltre a questo, Santino Ferrucci e Benjamin Pedersen sono stati assunti col compito di portare avanti il team. Tra i due, tuttavia, Pedersen è apparso come il più in difficoltà nell’ambientarsi in NTT Indycar Series. Il danese, protagonista di alcuni incidenti, su tutti quello del primo giro a St.Petersburg, non ha mai brillato veramente. Di fatto è risultato come il pilota titolare peggio piazzato in classifica chiudendo solo 27°. La miglior prestazione è stata a Fort Worth, dove ha chiuso al 15° posto finale.

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Santino Ferrucci ad Elkhart Lake (Photo source: indycar.com/Chris Jones

Le note positive per il team le ha portate soltanto Ferrucci con la Sexton Properties Chevrolet numero 14. Discreto 11° a Long Beach e in lotta per la top 10 a Gateway e Laguna Seca, il vero apice della stagione è stato alla Indy 500. In presenza del fondatore A.J. Foyt, Ferrucci ha conteso la vittoria a Newgarden ed Ericsson, giungendo 3° al traguardo. Una top 3 che Foyt non vedeva da Gateway 2019 con Tony Kanaan, una top 5 che non otteneva da Gateway 2021 con Sébastien Bourdais. Oltre a questo, il team di Super Tex non vedeva la top 10 a Indy dal 2019 con Tony Kanaan. Allo stesso tempo, l’ultima top 5 e top 3 alla Indy 500 è stata ottenuta nel 2000 con Eliseo Salazar 3° e Jeff Ward 4°.

Segni di ripresa? Vecchie rivalità diventano nuove alleanze

Per Foyt, 88 anni di età e nessuna intenzione di smettere, il 2023 ha visto questo ritorno ai gloriosi splendori di un tempo nella sola Indy. Oltre a questo, la scomparsa della amatissima moglie Lucy dopo ben 68 anni di matrimonio ha rappresentato l’ennesimo momento difficile da affrontare per A.J., l’ultimo eroe d’America. Ma, come al solito, Foyt non molla mai. In questo caso, per ritornare alla competitività generale, il team ha stretto a sorpresa un’alleanza tecnica con l’antica rivale di un tempo, il Team Penske.

Foyt
IA.J. Foyt alla Indy 500 del 2023 col vincitore dell’edizione 1999 e campione della Pep’ Boys Indy Racing League 1998 Kenny Bräck (photo source: indycar.com/Dana Garrett)

Bassterà questa alleanza tecnica per rivedere l’iconico Coyote di A.J. Foyt di nuovo in victory lane nella prossima stagione, o comunque direttamente nella mischia? Servirà certamente un grande sforzo da parte del team che, a detta di Ferrucci, ha una tecnologia inerente i “dampers” arretrata di 10 anni. Si tratta di un distacco tecnologico notevole che si traduce in 2 secondi al giro, non semplici da colmare.

Juncos-Hollinger Racing. Un 2023 in crescita

Tra le squadre che più hanno fatto rumore in questo 2023 dentro e fuori dalla pista, impossibile non menzionare Juncos-Hollinger Racing. La squadra ha ampliato l’operazione in NTT Indycar Series a due vetture, affiancando al britannico Callum Ilott l’esordiente Agustín Canapino. Proveniente dall’Argentina e digiuno di esperienza in qualsiasi categoria inerente le monoposto o campionato al di fuori dai confini del proprio paese, Canapino ha notevolmente sorpreso gli addetti ai lavori. Nonostante l’inesperienza, tre dodicesimi posti e una generale costanza di rendimento che lo hanno condotto al 21° posto in campionato hanno ben impressionato in questa stagione.

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Callum Ilott a St.Petersburg 2023 (photo source: indycar.com/Joe Skibinski)

Dall’altro lato del box, Callum Ilott ha condotto una stagione notevole considerando il mezzo a disposizione e concludendo 16° in classifica generale. Nonostante la sfortuna e determinate circostanze assolutamente sfavorevoli nei suoi confronti, Ilott è riuscito a concludere per due volte al 5° posto a St.Petersburg a Laguna Seca. Oltre a ciò, ha concluso ottimo 9° a Fort Worth e 12° alla Indy 500 dopo aver condotto qualche giro in testa. Nonostante numerosi problemi tecnici lo abbiano condizionato nelle prove, Ilott ha gettato il cuore oltre l’ostacolo in qualifica e, grazie ad una gara regolare e consistente come nel suo stile, ha visto il traguardo.

Gli screzi che non fanno bene

Ma se queste prestazioni sono risultate convincenti per avere i due bonus da 910’000 Dollari con due vetture nel cosiddetto “Leader’s circle”, Juncos-Hollinger Racing e Canapino devono lavorare su molti altri fronti. In primis, la solidità del team è stata messa in dubbio in certi frangenti. Questo si è potuto notare soprattutto in Indy NXT con l’improvvisa separazione di Matteo Nannini che voleva cercare migliori opportunità. Tuttavia, sembra che l’approdo del nuovo sponsor Pay.com come sponsor sia in grado di aiutare le non proprio sconfinate casse del team co-gestito da Ricardo Juncos e Brad Hollinger.

Juncos-Hollinger
Agustín Canapino (n.78) e Callum Ilott (n.77) a Laguna Seca 2023 (Photo source: indycar.com/Chris Jones)

In secundis, Ricardo Juncos e Canapino devono cercare di educare maggiormente la tifoseria argentina che li sostiene. A causa di alcuni contatti ravvicinati e sfortunati col compagno di squadra Callum Ilott a Long Beach e Laguna Seca, si è purtroppo visto come i sostenitori più fanatici di Canapino non abbiano esitato ad insultare e a minacciare di morte Ilott e i suoi affetti più cari. Questi episodi non vanno bene. Episodi di gara del genere capitano. Ma hanno contribuito inutilmente a rendere il clima interno più teso del dovuto. Se riuscissero a sistemare queste cose, il team è comunque nella direzione giusta. Di fatto la vettura di Ilott è al centro di un possibile accordo di alleanza tecnica con Arrow McLaren. Se così dovesse essere, le prospettive di carriera per Ilott si fanno interessanti.

Simone Ghilardini

Milanese classe 1998, studente, musicista, pilota virtuale e articolista per Mult1Formula.

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