Il tempo. Come sa essere malvagio il tempo. Il tempo ti dà, il tempo ti toglie e tu non puoi far altro se non accettarlo. Il tempo è quello che ti ha portato in Formula 1 il 4 marzo 2001, è quello che ti ha privato del mondiale 2003, quello che i tifosi della Ferrari speravano fosse clemente il 21 ottobre 2007 e quello che ti porta via da noi, il 12 dicembre 2021. Perché il tempo ha ormai bussato anche alla tua porta, ha deciso che è giunto il momento di fare i conti, di prendere il casco e la tuta e di riporli lì, dove nessuno potrà più toccarli. E forse ti verrà voglia di osservarli un’ultima volta, sai, per sbaglio, anche se a te non interessa più correre.
O forse sarà Robin, o ancora Rianna, a venire da te e a chiederti “papà, papà, mi fai vedere il tuo casco?”, e tu, con la tua solita calma, acconsentirai e probabilmente ti scapperà un sorriso alla vista dei tuoi figli mentre cercano di indossarlo. Allora ricorderai quei bei momenti trascorsi, le vittorie, i podi, ma anche le sconfitte, perché, alla fine, sono quelle che rimangono più impresse. Ricorderai l’affetto dei tifosi che ti hanno sempre supportato e che il 12 dicembre hanno pianto per te, perché, dopo diciassette anni di passione, devono lasciarti andare. E lasciar andare qualcuno non è mai facile, affatto.
È come privarsi di una parte di sé, del motivo della propria gioia o della propria tristezza, è come avere un vuoto dentro che si sa che non si riuscirà a colmare. Perché non basteranno quei pochi ricordi, che con il tempo diventeranno vaghi, non basterà il tuo nome impresso nel loro cuore, non basteranno tutti gli anni vissuti vedendoti gareggiare, perché un solo minuto distanti equivale a dieci anni insieme. Doverti dire addio è impossibile, perché non si riescono a formulare parole, il cuore batte a mille e si forma un nodo in gola.
È difficile lasciarti andare quando preferiremmo continuare a sentire la tua voce nelle interviste, continuare a vederti nel paddock e a tifare per te. Perché hai saputo insegnarci cosa significhi essere campioni, non solo in pista, ma anche fuori. Ci hai insegnato che non bisogna cercare di fingersi diversi per essere accettati; tu non lo hai mai fatto, ma sei riuscito a entrare nel cuore di tutti. Ci mancheranno le tue risposte pacate, icastiche, talvolta anche ironiche, che non dovevano far ridere, ma che puntualmente ci scaldavano il cuore di una sincera risata.
Ci mancheranno i tuoi “bwoah” e persino le premiazioni in cui ti presentavi brillo, perché, Kimi, tu sei sempre stato diverso dagli altri. Non ti è mai interessato il giudizio delle persone, odiavi i buonisti e non hai mai corso per il successo, ma solo perché senza correre non potevi vivere. Ora, dopo quasi vent’anni, hai trovato un altro motivo che ti spinge a vivere e ad essere felice e, rimanendo sempre coerente con te stesso, hai deciso di mettere un punto al capitolo più lungo e più importante della tua vita.
E anche se noi dobbiamo dirti addio, verrà un giorno in cui, girando per i canali, ci ritroveremo su una tua vecchia gara o qualche vecchia intervista e ci fermeremo a guardarla, chi con le lacrime, chi con il sorriso, raccontando ai nostri figli chi eri e cos’eri per noi. Il tempo porta con sé molte cose, ma non può portare via i ricordi, non quelli che sono saldi nel nostro cuore come un tatuaggio indelebile, come un marchio impresso con il fuoco. Il nostro addio, però, sarà solo un “arrivederci” più marcato, più forte, più efficace.
Sarà la fine di un’epoca, di un capitolo della nostra vita, ma non sarà la fine della nostra vita insieme. Perché fin quando il tuo ricordo perdurerà in noi, fin quando ci consentirà di rivivere quelle emozioni come fossero la prima volta, ecco, Kimi, noi non potremmo mai dirci realmente separati da te. Saremo sempre come due parti dello stesso corpo che riescono a vivere distanti, ma che sono tenute in vita dallo stesso cuore e dalla stessa anima.
E come parte di uno stesso corpo noi eravamo con te ieri mentre correvi la tua ultima gara, mentre ti prendevi i tuoi ultimi applausi e mentre sentivi per l’ultima volta urlare il tuo nome. Eravamo con te mentre scendevi dalla monoposto, prendevi le tue cose e ti voltavi a guardare gli spalti, per poi prendere tra le tue mani le mani dei tuoi figli e allontanarti per sempre dal mondo che ti ha cresciuto e ti ha visto diventare un uomo. Non ti sei voltato una seconda volta, ma noi abbiamo continuato a guardarti camminare tra le acclamazioni e le lacrime con l’espressione di chi sa di aver sancito un’era e di essere entrato nel cuore dei tifosi.
E, a quel punto, i riflettori si spegneranno e il sipario si chiuderà, mentre il pubblico, battendo le mani, sussurrerà un ultimo: “We will leave you alone now, Kimi”.
Commovente…