Soltanto l’ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità.
Martha Medeiros
La Marussia F1 Team, durante tutta la sua breve esistenza, non ha mai prodotto macchine estremamente competitive, in grado di combattere per il titolo o per qualche vittoria. Il team russo, dopo svariati cambi sponsor e nome, si ritirerà a fine 2016. La scuderia, nella sua esperienza in Formula Uno, ha ottenuto soli due arrivi nella zona punti. Due punti dei tre totali vennero conquistati da Jules Bianchi, nel Gran Premio di Monaco di 8 anni fa.
Nasce da qui la felicità di Jules: era la sua terza stagione in Formula Uno, la seconda da pilota titolare proprio nella Marussia. E fino quel momento, Bianchi non era mai riuscito ad arrivare oltre la tredicesima posizione.
Soffre anche lui il peso delle aspettative: qualche box più in là, infatti, c’è tutta la squadra Ferrari a strizzargli l’occhio ed incoraggiarlo. Bianchi fa parte della famiglia di Maranello dal 2009, quando, per primo, entrò a far parte della neonata Academy del Cavallino. Jules è un talento, sembra promettente, ma prima di fare il grande salto verso un top team (e, perché no, proprio la Ferrari) deve fare esperienza.
Quindi, seppur la scarsa competitività della monoposto, il giovane francese non demorde: sa che ce la può fare e che un giorno vedrà il suo numero, il 17, appiccicato sulla Macchina Rossa per eccellenza, sogno di ogni bambino che si affaccia al mondo dei motori. E, dimenticandosi di essere umano, come fanno tutti i piloti fanno prima della partenza, si cala di nuovo nell’abitacolo.
Dicono che la fortuna aiuti gli audaci: in questi pochi, primi, punti c’è certo tutto il talento di Jules, ma anche la fortuna di qualche ritiro che ha facilitato la vita al giovane pilota francese.
“Wow! A good race! Finally we have a point. Oh, I’m so happy!“, esclama Bianchi, cercando di nascondere i sospiri dati dalla stanchezza.
Alla fine la felicità sta tutta qui: nella voce di Jules che trasuda soddisfazione, tra i sospiri per riprendere fiato dopo due ore passate con il cuore a 180 battiti al minuto. In questa piccola parentesi gloriosa della sua breve carriera da pilota. In questi pochi secondi durante il quale Jules Bianchi si è sentito più vicino al sogno di una vita. L’immaginarsi campioni, anche con solo due punti in mano, almeno per poco, almeno per gioco.
L’essere innamorati di questo sport e di questo mestiere, lo stesso che 5 mesi più tardi si prenderà tutto di lui. Jules, che era sempre un giovane di 25 anni che per qualche ora si dimenticava, come tutti i piloti, di essere umano.