Tutti temono il fallimento, gli atleti forse più di chiunque altro. Anche un ragazzo francese, pilota di Formula 2, ne ha paura. E’ normale. Pourchaire Zandvoort
Theo Pourchaire si chiama, classe 2003, membro dell’Academy Sauber. Guida per l’ART Gp nel campionato di F2 e da anni circolano voci per il paddock sulla sua bravura. Dopo una prima stagione buona, il 2022 si presentava come l’anno dalle grandi possibilità, la rampa di lancio perfetta.
Ma non basta il talento, non basta la dedizione. Ci vuole anche un po’ di fortuna e, purtroppo, questa ha voltato le spalle a Theo proprio nel momento del bisogno. Problemi alla vettura, strategie sbagliate, incidenti, penalità… Una serie di fattori che sono costati a Pourchaire non solo punti, ma anche voglia di crederci.
Come si può biasimare un ragazzo di diciannove anni che vede il proprio sogno diventare solo un miraggio? “Sono piloti, ci sono abituati“. Quante volte l’ho sentito dire. E’ vero, sono piloti, ma tolto il casco e la tuta, tornano persone normali e come tutti gli uomini, non sono fatti di ferro.
Nessuno può incassare colpi all’infinito, nessuno può restare in piedi da solo quando le cose diventano troppo difficili. Si può cadere, a volte si deve cadere, per ricordarsi di essere umani. Theo lo sa. Un weekend da incubo a Spa, seguito da una sessione di qualifiche a Zandvoort che lo ha visto incastrato tra le barriere dopo appena cinque minuti.
Un altro colpo, un’altra delusione da mandare giù. Non si può pensare alla vittoria per rialzarsi, guardare in avanti spesso non ti dà abbastanza forza. Bisogna guardare sotto di te, a quel baratro che porta il nome di “fallimento“, sempre così maledettamente vicino. Perché se i piloti sono uomini, hanno paura e la paura è la più grande carica che possa risvegliare la fiamma dell’anima.
Che dalla paura di fallire nasca il sogno di riemergere e di lottare ancora, che arda fino alla vera fine la voglia di non mollare mai. Pourchaire Zandvoort