Buongiorno! Il sole sorge, gli uccellini cantano e i motori rombano in vista della partenza del Gran Premio d’Australia. Complimenti a tutti gli spettatori che dall’Europa hanno avuto il coraggio di puntare la sveglia alle 06.50 di domenica per assistere a questo fantastico GP.
A essere onesti, la felicità del pre gara per molti è stata breve quanto il tratto che separa il rettilineo di partenza dalla pozzanghera di ghiaia in cui è rimasta ferma la macchina numero 16. Oggi non era la giornata di Charles Leclerc (non chiedetemi quando è effettivamente la sua giornata. Non lo so).
In realtà, non era giornata per molti piloti. George Russell ha visto la sua gara sfumare dopo il pit stop effettuato mezzo giro prima della bandiera rossa, e poi il sogno australiano del 63 è andato distrutto insieme al suo motore. Devastato emotivamente da questa gara, ha passato i giri rimanenti ad aggirarsi come un fantasma per il paddock.
Non devo raccontare cosa è successo durante la gara, lo avete visto (a meno che non siate rimasti a dormire, cosa che forse avrei dovuto fare anche io). Non ho quindi bisogno di scrivere di Alex Albon e della prima bandiera rossa, né della seconda causata da Kevin Magnussen. Devo però parlare della ripartenza finale, perché mi è apparsa più complessa di un episodio di Dark.
Il giro fantasma
A tre giri dalla fine la FIA annuncia che la ripartenza avverrà dalla griglia e tutto va per il meglio, fino allo spegnimento dei semafori. Carlos Sainz colpisce Fernando Alonso, che finisce in testacoda mentre già urla in radio; Sergio Perez si dà alla corsa campestre, Lance Stroll pure, Pierre Gasly e Esteban Ocon non riescono a identificare gli amici e i nemici e si rovinano la gara a vicenda, Logan Sargeant sparisce dai radar e… Nico Hulkenberg è quarto?
Va bene, bandiera rossa. La mia mente torna al Gran Premio del Mugello del 2020 e il ricordo non è dei più piacevoli. Manca un giro alla bandiera a scacchi, giro che verrà percorso, in qualche modo, in parata, prima di terminare la corsa. Arriva l’ufficialità della FIA secondo la quale il giro appena compiuto (o non compiuto, insomma) è annullato, si riparte quindi seguendo l’ordine del giro precedente. Il mio cervello comincia a far fatica, è troppo presto per questi tecnicismi. Carlos Sainz prende una penalità di cinque secondi per il contatto con Alonso, avvenuto nel giro precedente, quello che dovrebbe essere stato annullato. Tutti si chiedono la stessa cosa: il giro quindi è annullato o no? La risposta non la conosce né Sainz né, forse, la direzione gara, che sembra un po’ confusa sul da farsi.
Alla fine, il giro finale si percorre, Alonso conquista il podio dietro a Lewis Hamilton, mentre Max Verstappen, come è ormai tradizione, prende posto sul gradino più alto. Sainz finisce dodicesimo, lasciando la Ferrari senza nemmeno un punto da portare a casa, mentre Oscar Piastri e Lando Norris festeggiano con i loro primi punti stagionali, proprio come Yuki Tsunoda.
Insomma, questo Gran Premio è stato caotico, ma dobbiamo capirli, alla fine sono in Australia e stare a testa in giù per tre giorni avrà dato alla testa.
Oh, mi stavo per dimenticare, bisogna fare il funerale al povero uccellino investito da Verstappen.