Un 2020 da (non) dimenticare
Una delle regole fondamentali della vita è quella di non fidarsi, per nessun motivo, degli anni bisestili. Perché durante questi anni tutto quello che potrebbe andare storto, andrà nel peggiore dei modi. Il 2020 è stato solo l’ennesima conferma di quello che è, ormai, un dato di fatto.
L’inconveniente
Con il mondo devastato da una pandemia, paesi in crisi, la FIA è stata costretta a rimandare la stagione di Formula 1 di qualche mese. Ad intrattenere i tifosi durante il lockdown c’era un campionato virtuale, che ci ha fatto scoprire le meravigliose doti culinarie di Lando Norris e l’animo da gattaro di Alex Albon.
La pace apparente
A quarantena finita, il calendario si è ritrovato completamente trasformato, con circuiti nuovi e ritorni storici, ma con la cancellazione dei week-end di gara extraeuropei. Chissà come avrà reagito Daniel Ricciardo alla notizia dell’annullamento del suo gran premio di casa… Probabilmente ascoltando la musica, come sempre.
Nuova sofferenza
Non per tutti l’anno passato è stata una disgrazia, ma se chiedeste a Sebastian Vettel o a Charles Leclerc come hanno vissuto il 2020, vi ritrovereste un occhio nero. E George Russell, pilota più conosciuto per la sua sfortuna che per il suo talento, ancora piange pensando al GP di Imola o a quello del Sakhir.
Grandi gioie
Il 2020 però, ci ha regalato anche grandi emozioni: la combattuta lotta per il titolo, ad esempio… Oh no, scusate, anno sbagliato. Il ritorno alle storiche battaglie tra la Ferrari e la Williams. Abbiamo potuto assistere all’efficienza del motore della Red Bull ed a gare entusiasmanti, come quella di Sochi o di Abu Dhabi.
Tra mille difficoltà e sorprese, la settantasettesima stagione di Formula 1 ha insegnato molte cose a noi tifosi. Prima tra tutte, di non scegliere meccanici daltonici per fare i pit stop (parola di Toto Wolff). Abbiamo imparato a non fidarci di chi afferma di aver capito le difficoltà della propria scuderia e ad evitare i problemi della vita. Un po’ come il team principal della Renault che ha preferito lasciare il posto che tatuarsi insieme a Ricciardo.
Non ci si può lamentare delle sorprese: la vittoria di Pierre Gasly a Monza, dopo la quale Helmut Marko deve essersi sentito male, è una di queste. La pole di Stroll con la Mercedes rosa…Volevo dire con la Racing Point, e il podio di Vettel in Turchia (per me, avevano montato il motore illegale).
Dilaga il chaos
C’è chi, poi, si è dato al canto, forse nella speranza di entrare a Sanremo. O chi invece ha imparato a dover spegnere la radio prima di imprecare. Poi ancora chi ha preferito fare la sauna piuttosto che uscire dalla monoposto durante la bandiera rossa (tanto è finlandese, loro sono abituati, o sbaglio?).
Ci sono anche stati addii struggenti, come quello di Vettel alla Ferrari, tanto sofferto da alcuni e tanto aspettato altri, o l’ultimo saluto di Sainz alla McLaren e al suo socio Lando Norris. Bisogna ammettere che l’intrattenimento non è mancato.
Ultima, ma non per importanza, caratteristica del mondiale 2020 è stato il rivoluzionario mercato piloti: il debutto in pista del giovanissimo Fernando Alonso durante i test, il contratto stipulato tra Russell e la Mercedes… Cosa dite? Non ancora? Ah ok, scusate per lo spoiler, credo manchi ancora qualche anno. Scelta impavida e azzardata poi quella della Haas, la quale ha deciso di prendere come piloti due rookie, Mick Schumacher e Callum Ilott… Era così, no?
L’importante è che ognuno sia stato accontentato ed abbia trovato la propria strada, ma nel caso qualcuno avesse un attimo di tempo, per piacere vada ad avvertire Bottas: si è dimenticato di impostare la sveglia per attuare il suo piano da super cattivo!
La vera domanda è una: riuscirà questa stagione a regalarci momenti più iconici di quelli che abbiamo vissuto nel 2020? Suppongo che si scoprirà solo col passare dei gran premi.
Che vinca la Mercedes… Volevo dire, che vinca il migliore!