di Martina Spinello, Sara del Mistero ed Eleonora Galli
La via più facile sarebbe stata quella di mollare ma arrendersi non è nel vocabolario di Luca Ghiotto. Abbiamo avuto il piacere di chiacchierare con lui qualche giorno fa: dal rammarico per la stagione 2019, ai piani saltati per colpa del Covid, Luca si racconta a Multiformula.
Formula 2: tra il dispiacere per le occasioni sprecate alle novità del 2022
Il 2019 è stata la stagione della consacrazione di Luca, chiude al terzo posto ma il rammarico è comunque tanto per l’occasione sprecata. Non tutto però è da buttare: “Ricordo con piacere la Sprint race in Bahrain dove ho vinto grazie all’ottima strategia del team. L’altra gara, che reputo una delle migliori di quella stagione, è la Feature race di Silverstone dove ho puntato tutto sui sorpassi in pista”.
Il mondo degli appassionati ha sempre mosso delle critiche verso i motori monomarca presenti in questa categoria, sottolineando il fatto che molte volte fossero questi a decidere le sorti di un campionato. Con l’occasione abbiamo chiesto cosa ne pensa lui a riguardo: “Il pilota è sempre artefice di ogni suo risultato, positivo e negativo che sia. Se in Formula 1 le differenze sono più nette perché ogni team si costruisce la sua vettura, nelle categorie monomarca si notano di meno ma sono comunque presenti. Principalmente nella preparazione della gara, delle piccole finezze che magari poi ti danno quei decimi tra un’auto e l’altra. Quindi la vettura influisce in minima parte su quello che poi è il risultato finale”.
2020-2022: cosa è cambiato?
Luca è mancato dal paddock per ben due anni, cosa è cambiato al suo ritorno?: “A livello di auto non molto perché modifiche importanti non ne sono state fatte, è stato un po’ come tornare a casa”. Le grosse differenze le ha notate a livello di squadre: “Quest’anno Drugovich e MP Motorsport si sono laureati campioni, mentre ero full time in Formula 2 il team ha sempre faticato a trovare il giusto bilanciamento per puntare in alto, sono stati bravissimi a comprendere il funzionamento delle gomme da 18 pollici e farle rendere al top. Al contrario, alcuni top team si trovano a viaggiare a metà classifica e cercano ancora di comprendere le potenzialità di queste nuove coperture”.
In una chiacchierata con un pilota che si rispetti, anche a lui abbiamo posto la domanda sui campioni di F2 senza sedile, argomento riaperto recentemente da Drugovich.
“Non è sbagliato ciò che dice ma se prendiamo lui come esempio, un miglioramento c’è stato. Non poteva puntare ad un sedile ufficiale ma essere reserve driver di una squadra di Formula 1 senza aver fatto un percorso nella loro Academy è il miglior risultato a cui poteva aspirare. Capisco anche i team che magari preferiscono puntare su uno d’esperienza e mettere il giovane nel settore dello sviluppo per poi farlo salire a tempo debito come Piastri. Era ingiusto prima, quando dopo aver vinto il campionato doveva fare tutt’altro e finiva fuori dai radar dei team. Il cambiamento è arrivato e migliorerà ancora col tempo”.
Occhi su Andrea Kimi Antonelli
Abbiamo chiesto al diretto interessato se c’era qualche nome delle nuove leve che potrebbe essere un Formula 1 in futuro: “Tra gli italiani sicuramente Kimi Antonelli, direi che alla lunga è uno dei talenti italiani più forti degli ultimi anni, basti guardare il dominio di quest’anno al debutto ufficiale in F4. È supportato anche dall’academy Mercedes quindi avrà l’appoggio necessario per tentare la scalata. Tra talento e posizione a livello di young program è sicuramente avvantaggiato. Di stranieri ce ne sono talmente tanti ma a livello di Antonelli forse un paio”.
Ruote coperte: cosa cambia dalle Formule?
Nel secondo step della sua carriera, Luca è approdato nel mondo delle ruote coperte. La domanda che ha più destato la nostra curiosità è sulla preparazione fisica. Cambia qualcosa nell’approccio alle gare?: “Dopo il cambio di categoria non ho apportato grandi modifiche al mio allenamento quotidiano. Se si dovesse presentare un’altra occasione in Formula, come è successo a Monza quest’anno con la F2, voglio farmi trovare pronto. Non essendo macchine con il servosterzo, sono molto più ‘fisiche’ rispetto al GT. Nella preparazione endurance, però, ho sviluppato la parte aerobica. L’abitacolo chiuso sottopone il pilota a temperature estreme. Non cambia molto la durata della gara dal lato fisico, ma è importante saper sfruttare i periodi di riposo fra uno stint e l’altro. Riuscire a reidratarsi e dormire è fondamentale”.
Questo apre ad una considerazione importante al giorno d’oggi e con i dati alla mano. L’agevolazione data dal servosterzo nella macchina permette alle donne di lottare ad armi pari con la loro controparte maschile (vedi Iron Dames)?
Luca ha aperto una prospettiva differente su questo argomento.
“Sicuramente è uno dei fattori, ma si tratta più di questioni statistiche secondo me. Il numero di donne che decidono di fare il pilota è in quantità minore rispetto a quelli degli uomini. Su 1000 ragazzi che provano a fare il pilota trovi quei 5/6 fuori classe. Se su 1000, trenta sono ragazze fatichi a trovare la perla rara. Purtroppo il motorsport, in particolare il ruolo del pilota, è ancora vecchio stampo e magari la professionista che potrebbe dominare resta nascosta per volere di fattori esterni. Nel caso delle Iron Dames sono stati bravi a unire il top del top per creare un connubio in grado di portare risultati eccezionali”.
In un mondo “F1 dipendente” che ruolo hanno le altre categorie?
La Ferrari ha vinto il secondo campionato WEC di fila, categoria in cui ha gareggiato. Nonostante i successi della squadra però, il focus sembra essere sempre e solo sulla Formula 1, nonostante le difficoltà della Scuderia. È limitante l’appeal di questa categoria rispetto a campionati magari anche più competitivi e avvincenti come il WEC?: “Questa purtroppo è la normalità, la Formula 1 si è guadagnata lo status di categoria intoccabile. La Formula 2, che corre negli stessi weekend di gara, riceve un briciolo di attenzione rispetto a quella che è la massima categoria. L’Endurance, come anche altri campionati, sa regalare molte soddisfazioni ed è molto più complicato guadagnarsi la gloria. Spero che l’approdo di Ferrari in Hypercar porti più seguito a queste categorie meno calcolate”.
Conosciamo meglio Luca
La pandemia
Ancora oggi lo stato di emergenza COVID-19 influenza le nostre giornate, per Luca è stato un fattore importante nel 2020.
“La pandemia ha influito in maniera importante sulla mia carriera, ho firmato con un team che gareggiava nel GT World Challenge ma ha dovuto poi ritirare la macchina per assenza di fondi. Per questo, nella stagione 2020, ho corso full time con Hitech GP in Formula 2 quando inizialmente dovevano essere solamente 6 round”.
Il ruolo della famiglia
Quando decidi di intraprendere questo lavoro, sei consapevole che la maggior parte del tempo sarai lontano dai tuoi cari. La distanza, però, non scalfisce i chilometri che li dividono. La famiglia è un punto cardine per ogni pilota, Luca non è da meno. Il padre, in particolare, è sempre stato al suo fianco sotto ogni aspetto e lo racconta anche nel documentario ‘Chasing The Dream’.
Abbiamo chiesto al pilota del rapporto con lui e con la famiglia in generale.
“Si, avere il loro sostegno fa sempre piacere, anche se non sono fisicamente al mio fianco. Ora ho 27 anni e nei weekend di gara mi capita spesso di andare da solo. Mio padre è una figura importante, ha creduto in me quando nemmeno io ero in grado di farlo. C’è stato un periodo in cui tutto andava male, in particolare nel 2014, che mi sono messo molto in discussione, arrivando a pensare se fossi in grado di fare questo lavoro o magari dovessi provare qualcos’altro. Mio padre mi ha sempre spronato a non mollare, che i problemi erano altri e non dipendevano totalmente da me. Con il suo supporto sia mentale che economico ho provato in altre categorie dove ho fatto dei buoni risultati e ho ripreso un po’ di fiducia. La famiglia è e sarà sempre il punto chiave”.
Spa, Le Castellet e Ayrton Senna
Come ogni pilota, anche Luca ha i suoi gusti in fatto di piste. Predilige quelle più veloci come Spa Francochamps e Mugello, e quale non gli va a genio?: “Uno che non sono mai riuscito a capire è il Paul Ricard, il primo settore con le due curve strette non sono mai riuscito ad interpretarlo al meglio”.
Se gli chiedi il suo pilota preferito ti dirà sicuramente Ayrton Senna ma non nasconde un debole per la completezza di Lewis Hamilton.
“Non solo per i risultati che sono indiscutibili ma per la fame e la voglia che mette ogni volta che scende in pista. Dopo più di 10 anni nella categoria, ogni domenica mette la stessa cattiveria del primo giorno, superando anche i limiti della macchina, è arrivato al top e mai ha lasciato la vetta. È completo sotto ogni aspetto, anche nelle lotte corpo a corpo, non riesci a trovare un solo difetto in ogni suo movimento. In altri piloti magari trovi sempre quella virgola: ‘è troppo aggressivo’, ‘non rischia mai’… con lui non puoi”.
Tanto da dire e da dimostrare, siamo sicuri che nel 2023 continueremo a sentir parlare di Luca Ghiotto!