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Amare oltre misura: le donne dei piloti tra gioia e terrore

Il ruolo delle mogli dei piloti varia nel tempo: da persone attive nei team a supporto

di Anna Botton


Amare non è vivere felici e contenti, ma affrontare le sfide insieme.
(Anonimo)

Fonte: style.corriere.it



Lo sappiamo tutti: il motorsport è pericoloso. Come disse Jody Scheckter (ex pilota di F1 vincitore del mondiale ’79 in Ferrari),

“Ogni tanto, la domenica, mi chiedo chi me lo faccia fare a recarmi su un circuito, a correre come un imbecille senza poi sapere se alla sera tornerò a casa”.

Negli anni sono aumentate le misure di sicurezza, sia per quanto riguarda i circuiti che la vettura in sè (basti pensare al tanto criticato halo che però ha salvato diverse vite ed evitato gravi incidenti). L’andare a 300 km/h non fa comunque dormire sonni tranquilli, il rischio è sempre dietro l’angolo.

Per noi appassionati, il gran premio è incertezza. Certo, tranne in circuiti in cui è difficile sorpassare, i duelli alzano il livello di adrenalina; ciò non toglie che si resti comunque con l’ansia, seppur al minimo, e la speranza che vada tutto bene.

Ci sono delle persone molto vicine ai piloti che ad ogni gara sono sempre con le dita incrociate, persone a cui il cuore batte più che a chiunque altro in quei frangenti: le loro compagne di vita.

Mogli, fidanzate, ragazze… L’amore per chi si cela sotto il casco è maggiore della paura, del timore nel vederlo in pista a quelle velocità?
Occorre un tipo speciale di donna per essere compagna di un pilota. Deve capire, deve essere forte. E le donne ne hanno di forza, da vendere!


Al giorno d’oggi le vediamo girare per il paddock a sostenere il loro uomo, grazie ai social ci aiutano a conoscere meglio i piloti… Li rendono più umani.
Qual è il loro ruolo nella Formula 1? Solo supporto, o molto di più?


ANNI ’60 E ’70: LE REGINE DEL CRONOMETRO

Negli anni ’60 e ’70 le mogli e fidanzate dei piloti non erano semplici spettatrici, ma avevano un compito importante che spesso ha contribuito al successo di un gran premio: il cronometraggio. Dai box o dal muretto, misurano il tempo dei loro uomini e lo scarto sui principali avversari: a loro disposizione carta, penna e un cronometro meccanico. Un compito non facile che scatenava spesso reclami per discordie tra il tempo ufficiale e quello registrato da loro.

Negli anni ’60 le donne dei piloti sono piuttosto al margine della scena: la prima moglie di John Surtees, Pat, è considerata una dotata cronometrista, come Bette, la moglie di Graham HillDonne semplici per una Formula 1 ancora in bianco e nero.


Nina Rendt (Fonte: rocksoffmag.com)

Alla fine del decennio la Formula 1 cambia diventando un business alla moda, girano più soldi e i suoi protagonisti diventano molto più mediatici rispetto ad un tempo. Il 1968 e la rivoluzione dei costumi cambia anche l’immagine delle donne che vivono nel mondo delle corse. Nina Rindt, modella e moglie del pilota Lotus Jochen, è l’emblema del cambiamento delle donne nel paddock: bella ed eccentrica, con i suoi curiosi cappelli e i vestititi di taglio moderno, segna indelebilmente il suo tempo. Anche lei trova il suo ruolo di cronometrista: la sua figura va oltre l’essere la moglie di un pilota. Donna che non vuole che la Formula 1 sia solo un affare di motori e piloti.

Le corse restano comunque uno sport estremamente pericoloso e stringere in mano un cronometro può essere un modo per esorcizzare la paura. Come ha ricordato qualche anno fa Maria Helena Fittipaldi, moglie di Emerson:

«Non c’è routine quando ti prendi cura di un uomo costantemente in azione, perché ad ogni corsa non sai mai se tornerai a casa con lui o da sola».

A volte esorcizzare non basta e le paure possono diventare realtà. Per chi è abituato a misurare la vita in secondi, l’eternità può rivelarsi un pesante fardello.

Con l’avvento del cronometro digitale, negli anni ’80 il ruolo del cronometrista è inutile. Alle mogli e fidanzate dei piloti non resta che supportare i loro compagni nei box, quando possono.



NON CHIAMATELE WAGS!

Single incalliti e mariti modello, incorreggibili playboy e bravi ragazzi. La sfera privata dei piloti del circus presenta un universo di situazioni differenti dove – al contrario di molte gare – non ci annoia maiVarie storie d’amore da anni animano i paddock, soprattutto quelle dei piloti con un forte impatto mediatico.

Le mogli e fidanzate sono invidiate dalle donne e ragazze di tutto il mondo perché possiedono gli idoli e spesso con la loro fama e le loro ricchezze trasformano la propria vita. Ma come già detto sono anche quelle che tremano di più.
Potranno essere modelle, cantanti, imprenditrici, mamme a tempo pieno, semplici ragazze con i loro sogni nel cassetto. Tutte vivono tra gioia e terrore.

Fonte: NYTimes


Le vediamo come donne impossibili, tanto da definirle WAGS.

Alcune donne ritenute WAGS dalla stampa hanno preso le distanze da questa caratterizzazione stereotipata di ragazze intente solo allo shopping e alla vita vacua. Proprio per questo nel 2010 la Commissione per le pari opportunità e i diritti umani (EHRC) ha criticato il termine come sessista e ha dichiarato che è offensivo, poiché veniva spesso usato per sminuire le donne.

WAGS: il più odioso acronimo in sport.

Perchè prima di essere le mogli e fidanzate dei piloti, sono donne. Donne che vivono, donne che amano uomini che rischiano la vita ogni volta che salgono in vettura.

Non possiamo che ammirarle per il tanto coraggio, la tanta forza, il grande amore.

L’amore sopporterà tutto; l’amore non teme niente.

(Maria Faustina Kowalska)



Anna Botton

Appassionata di comunicazione e di ogni forma d'arte (sport incluso). Le emozioni sono il mio pane quotidiano. Autodromo, stadi e palazzetti sono la mia seconda casa. Il sogno? Entrarvi con un pass al collo.

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