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Ci sono primi e secondi

L’insuccesso Ferrari a Monaco e le recenti ambiguità negli ordini Red Bull hanno fatto parlare di un tema spesso scottante, tipico delle competizioni del mondo dei motori: ci sono primi e secondi.

Nonostante, a seconda delle interpretazioni, quando si accenna alla Formula Uno si parla di uno sport individuale, o al massimo, di sport di squadra, c’è una verità quasi agghiacciante che sbiadisce ogni sogno: ci sono delle rigide gerarchie. E non sempre, partendo da queste, si prendono delle giuste decisioni.

È la pillola più amara da ingoiare per noi super amanti del motorsport.

Carlos Sainz (motorisuimotori.it)

Tutti i piloti sono diversi, ma si distinguono, generalmente, in due tipi.

Esistono i piloti di puro talento; riescono ad avere un guizzo particolare, che si dimostra decisivo e distintivo al volante. Quando sono nell’abitacolo entrano in un mondo tutto loro, fatto di istinto ma anche di calcoli: e, spesso, non ce n’è per nessuno. È una guida fatta di emozione, magia, quelle sensazioni che arrivano ai tifosi e scaldano il cuore.

La Formula Uno è piena di piloti di questo tipo e ne ha visti passare molti nel corso della sua storia: oggi abbiamo Charles Leclerc, Max Verstappen, George Russell, Lewis Hamilton, Sebastian Vettel. In passato abbiamo avuto Michael Schumacher, Ayrton Senna, Gilles Villeneuve e altri ancora.

Charles Leclerc (fanpage.it)

Ma esistono anche altri piloti: i cosiddetti bravi piloti. Quelli del duro, durissimo lavoro, mai completamente ripagato, gli eterni secondi. Quelli che non hanno, per natura, quel qualcosa in più che permette loro di splendere in maniera incontrastata. E in una storia dove c’è l’eroico protagonista, spesso fanno la parte dell’aiutante.

Non prendiamoci in giro: per ogni pilota di puro talento, che emerge, stupisce e vince, c’è un’eterna seconda guida. Proprio perché questo è una sport in cui, se queste rigide gerarchie non ci sono, la coppa non si porta a casa.

Di secondi piloti Formula Uno ne ha avuti parecchi, quanti i campioni. E altrettanti hanno rifiutato questo ruolo, a cui nessuno realmente aspira. Sono d’esempio le lotte interne come quella di Nico Rosberg e Lewis Hamilton, Daniel Ricciardo e Max Verstappen, Charles Leclerc e Sebastian Vettel.

Michael Schumacher e il suo compagno di box Rubens Barrichello (Eurosport) sul podio del Gran Premio d’Austria, 2002

Forse c’è un pilota che più rappresenta cosa vuol dire fare da seconda guida per favorire un campione, al servizio di un team storico: Rubens Barrichello. Lo si intende e si ha conferma di ciò da una frase pronunciata dall’odierno pilota della Ferrari, Carlos Sainz, l’anno scorso durante una conferenza stampa: “Io non sono qui per fare il secondo Barrichello“.

Una dichiarazione che associa direttamente al pilota brasiliano la figura dell’eterno secondo, sconfitto in partenza, costretto a contribuire ad un piano di vittoria non destinato a lui. Emblematico fu l’episodio del Gran Premio d’Austria del 2002, quando, sul rettilineo d’arrivo, all’ultimo giro, a pochi metri dal traguardo, Barrichello rallentò, cedendo la prima posizione a Michael Schumacher. Era già successo, un anno prima, sempre in Austria: Rubens si fece sorpassare da Schumi all’ultima curva

Non volevo farlo, però ricordo che mentre correvo mi era arrivata una comunicazione radio dalla scuderia che mi aveva fatto pensare alla mia famiglia. Allora ho deciso di alzare il pedale del gas. Sono convinto che il 99% dei brasiliani avrebbe fatto lo stesso se fosse stato nei miei panni. Se avessi rifiutato la mia carriera in Formula 1 probabilmente sarebbe finita quel giorno.” Racconterà Barrichello, qualche anno dopo.

Quel pomeriggio ci furono molte critiche contro la Ferrari, ma Jean Todt rispose: “In passato abbiamo perso molti campionati all’ultima gara… non possiamo permettercelo“. E nonostante Michael Schumacher condivise il gradino più alto del podio e la coppa con il suo compagno di box, venne suonato l’inno tedesco.

Monaco GP Sergio Perez podio
Photo by Mark Thompson

Ah, che dura vestire i panni della comparsa per lasciar posto al protagonista! Eppure, è il ruolo a cui puntualmente viene richiamato Perez (come il team radio di domenica, “No fighting!“) e a cui, se Ferrari vorrà, un giorno dovrà rispondere anche Sainz.

Giulia De Ieso

Studentessa al quinto anno di liceo classico, scrivo e parlo di motori che siano a due o a quattro ruote.

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