Chiunque abbia un grande seguito è consapevole di avere un grande potere: quello di poter essere la voce di chi non ha voce. Ha il potere di essere in grado di portare avanti delle lotte, di portare all’attenzione di un enorme numero di persone certi temi che spesso e volentieri vengono ignorati o ritenuti di poco conto.
Siamo nel 2022. Il mondo si è evoluto, la società si è evoluta. Esistono nuovi valori, nuove credenze ed esistono i problemi. Quelli che, in realtà, sono sempre esistiti. Solo che fino a qualche anno fa certi problemi non venivano presi sul serio. La salute mentale, ad esempio, era – e in parte ancora oggi è – un gran tabù. Si tendeva a parlarne poco, ad informare poco. Chi soffriva di qualche disturbo veniva etichettato come malato e veniva quasi ignorato. Tanto quello è malato, è pazzo, e dai pazzi bisogna stare alla larga. Ma la salute mentale conta, ed è giusto farlo presente.
Viviamo in un epoca in cui la libertà dell’individuo conta e sempre più persone hanno una mentalità aperta, accettando che l’amore è uguale per tutti. Gli omosessuali non devono più nascondersi e chi non si riconosce nel suo genere di nascita è libero di esprimersi come meglio crede. Purtroppo, però, la cattiveria non è stata sconfitta del tutto e ci sono ancora persone che non aspettano altro che insultare chi non ha lo stesso orientamento, che sia sessuale o religioso, o lo stesso colore della pelle. Ma c’è chi lotta per difendere queste persone, per difendere i loro diritti.
Nonostante tutto ciò, alcune parole del presidente della FIA – Mohammed Ben Sulayem – hanno fatto discutere in questi giorni.
L’impegno sociale di chi ha la voce per farlo
Sono tante le tematiche sociali che ci accompagnano ogni giorno e che caratterizzano lo sviluppo della nostra società. Sono anche tante le persone che si attivano quotidianamente per portare all’attenzione dei vertici alti ciò che sta loro a cuore. Così facendo, sperano di poter impattare sulla società e di conseguenza dare modo a chi ha bisogno di essere capito e sostenuto, così come di trovare persone con cui condividere i propri sentimenti più profondi.
Il problema è che spesso, nonostante ci si attivi in molti, non si riesce a raggiungere un seguito tale da poter sensibilizzare un grande numero di persone sulle varie tematiche trattate. Ed è proprio per questo che le persone famose – sportivi, attori, cantanti – si fanno oggi carico anche di questo compito. Loro che hanno la voce, hanno il seguito e hanno quindi il potere di raggiungere il maggior numero di persone possibili sensibilizzano sui temi cardine che caratterizzano la nostra società.
Ed è cosa giusta: chi ha voce è opportuno parli. Chi può raggiungere tante persone è giusto lo faccia.
Non la pensa così, però, il nuovo presidente della FIA – Ben Sulayem.
Le parole di Mohammed Ben Sulayem
Di recente Mohammed Ben Sulayem, nuovo presidente FIA, ha rilasciato un intervista a GrandPrix247. Ciò che ha fatto parlare di questa intervista è che, quando gli è stato chiesto se il motorsport fosse troppo politico e cosa NON dovrebbe diventare lo sport ha risposto con queste parole: “Purtroppo, il motorsport tende a essere troppo politico. Lo statuto FIA prevede la neutralità su certi temi, ma credo che alcuni la vedano solo quando fa comodo. Io sono più drastico, siamo qui per una sola ragione: lo sport.
A Niki Lauda e Alain Prost interessava solo guidare. Ora Sebastian Vettel guida una bicicletta arcobaleno, Lewis Hamilton è appassionato di diritti umani e Lando Norris si occupa di salute mentale. Tutti hanno il diritto di avere le loro opinioni, certo. Ma dobbiamo decidere se sia corretto imporre in ogni momento i nostri pensieri in qualcosa legato allo sport.”
Non è d’accordo, dunque, sul fatto che i piloti si occupino di tematiche che vanno al di fuori dello sport. Nella Formula 1 si deve parlare di auto e basta. Si deve guidare e nient’altro. Usare la propria voce per sensibilizzare su argomenti che vanno al di fuori delle gare dovrebbe essere fuori discussione.
Così riduce a zero gli sforzi e le battaglie di piloti che fanno tutto ciò che è in loro potere per poter far sentire meno sole le persone che in questo momento sentono i loro diritti violati o che si sentono non capite. Attacca i piloti perché hanno un cuore e decidono di mettersi a fianco di chi ha bisogno di sentire le parole giuste al momento giusto.
Da grandi poteri derivano grandi responsabilità
Le parole del presidente non devono fermare i piloti dal fare ciò che fanno. Hanno la possibilità di raggiungere milioni di persone con un solo post su instagram e quindi di portare all’attenzione di tutto il mondo problemi che spesso e volentieri vengono ignorati.
Un esempio è Lando Norris, che sfatando il tabù della salute mentale, ha raccontato di come – all’esordio in Formula 1 – abbia iniziato a soffrire di depressione a causa dell’ansia e della forte pressione che si sentiva addosso. Un argomento delicato, che fino ad ora veniva menzionato raramente ma che pare accomunare tantissime persone che hanno una certa importanza. Sportivi, cantanti, attori: hanno gli occhi puntati addosso costantemente e la paura di perdere il loro lavoro, di non poter più fare ciò che fanno nella vita e trovarsi quindi senza niente, li tormenta.
Ricordiamo poi tutti l’episodio emblematico che ha coinvolto Sebastian Vettel lo scorso agosto. Il pilota tedesco, infatti, si era presentato al GP di Ungheria con una maglietta a favore della comunità Lgbt – abbinata alla mascherina arcobaleno – e durante l’inno nazionale si era in ginocchiato a sostegno del movimento Black Lives Matter.
“La maglia Lgbt che ho indossato prima del GP d’Ungheria? Sono fiero di averlo fatto, non si può tacere sui diritti umani” disse ai microfoni di Sky Sport. “Stiamo parlando di politica quando parliamo di diritti umani? Non credo. Io penso che ci siano alcuni argomenti su cui non puoi abbassare la testa o dire: ‘Non mi riguarda, non parliamo di questo’. Alcuni argomenti sono così grandi che appartengono a tutto il mondo e tutti devono esserne consapevoli” aggiunge anche, dicendo poi che non gli interessa se la Federazione lo sanzionerà. Lui voleva difendere chi ne ha bisogno.
Si tratta di sostegno dei diritti umani, quindi. Non è politica, come dice Ben Sulayem.
A proposito di diritti umani..
Per quanto riguarda i diritti umani è ormai risaputo anche quanto Hamilton sia attivo nel campo. Ricordiamo come, l’anno scorso, abbia fatto valere il suo peso sui social per informare e far aprire gli occhi alle persone sulla mancanza di diritto di opinione in Bahrain, dando una speranza a chi è in carcere per motivi ideologici di poter portare all’attenzione internazionale la loro condizione.
È inoltre grande sostenitore del movimento Black Lives Matter, a cui tiene particolarmente. Essendo l’unico pilota di colore in Formula 1 è stato spesso soggetto di insulti razzisti dovuti al colore della sua pelle, al suo essere diverso dagli altri piloti.
Nel 2020, ad esempio, al Mugello indossava una maglietta di denuncia riguardante l’uccisione di Breonna Taylor. Già al tempo la FIA aveva storto il naso a questo suo gesto, aprendo un investigazione. Alla fine, nessuna sanzione per il pilota, che poi sui suoi social ha dichiarato che non smetterà mai di utilizzare le sue piattaforme social per dire ciò che ritiene giusto.
È importante questa sua lotta, questo suo sostegno alla comunità, perché là fuori chissà quanti ragazzi di colore stanno soffrendo perché non possono inseguire i loro sogni solo a causa del colore della loro pelle. Perché finché non si vive una condizione di disagio non si può capire: se un problema non ci affligge in maniera diretta non significa non esista.
Ben Sulayem ha attaccato, i piloti non hanno risposto
Le parole del Presidente, comunque, non hanno avuto alcun segno di risposta da parte dei piloti. Non si sa cosa ne pensino a riguardo e probabilmente lo faranno capire con i loro gesti.
La speranza è quella che non si facciano fermare da ciò che è stato detto. La fama può dare alla testa, ma può anche essere sfruttata per fare del bene. E i piloti qui citati – come tanti altri personaggi – hanno dimostrato di essere in grado di utilizzare il loro peso per sensibilizzare su tematiche che ad oggi tendono ancora a dividere.
Non è una questione di politica, ma di essere umani. Lo spettacolo è bello, ma la vita non è solo spettacolo. Spesso, anche in Paesi dove si corre, le persone non hanno alcun diritto e devono vivere nella paura di fare un passo falso, di dire una parola fuori posto. Ci sono ancora persone che nascondono il loro orientamento sessuale per timore di essere giudicati, di non essere accettati così come ci sono persone che quotidianamente devono lottare per preservare la loro salute mentale. O persone che hanno paura di chiedere aiuto a chi di dovere per timore di essere considerati pazzi o malati.
Le parole di Ben Sulayem hanno scatenato polemiche perché lo sport è bello, lo spettacolo è bello, ma non si possono e non si devono ignorare le vicende che ci circondano. Chi segue questo sport può far parte di categorie di persone che non vedono i loro diritti preservati. Lo sport è principalmente dei tifosi e spesso, i loro beniamini, li hanno fatti sentire meno soli perché vicini a vicende che li toccano da vicino.
Non è una questione di politica, è saper sfruttare in maniera intelligente la propria rilevanza. È essere vicini a chi ti permette di essere chi sei, essere umani ed empatici.
E la speranza è che chi ha il potere di aiutare a migliorare determinate situazione non smetta mai di farlo.
Nell’articolo, ottima!