In terra olandese è Max Verstappen, davanti al suo popolo arancione, a conquistare la trentesima vittoria in carriera in un Gran Premio imprevedibile. Tracciato storico caratteristico con i suoi saliscendi e le curve cieche, Zandvoort non si era mai distinto sul piano dell’intrattenimento. Nonostante le due zone DRS, infatti, soprattutto la prima curva, successiva al rettilineo, si è resa protagonista di sorpassi di fronte alla marea arancione.
La sorpresa della domenica, però, è sicuramente stata Mercedes, in netto miglioramento in seguito alla nuova direttiva contro il porpoising a discapito di una Ferrari che brancola nel buio. Le due Frecce Argento, infatti, hanno tentato un approccio che poteva rivelarsi insidioso a una probabile vittoria in casa Red Bull. Puntando su una strategia a una sola sosta, Lewis Hamilton sembrava avere il passo per impensierire il padrone di casa, Max Verstappen. Durante il quarantacinquesimo giro, però, una bandiera gialla nel primo settore è destinata a suscitare una generale risonanza.
Tra gomme e cinture
Dopo aver effettuato il secondo pit-stop, Yuki Tsunoda lamenta sin da subito problemi legati alle gomme. Nel team-radio, infatti, dichiara:”Tyres not fitted“, ovvero “le gomme non sono fissate“. Alla conferma da parte di Alpha Tauri di fermare la monoposto in una posizione di sicurezza, il giapponese, ormai cosciente che la sua gara è terminata, slaccia le cinture pronto per abbandonare l’abitacolo. Imprevedibilmente, l’ingegnere di pista di Tsunoda si apre in un team-radio sostenendo che le gomme sono ben fissate e che il pilota può riprendere la gara. Quella che sembrerebbe una storia a lieto fine, in realtà, si trasforma in un calvario per il pilota numero 22. Costretto a un terzo pit-stop durato trentadue secondi nel tentativo di riallacciare le cinture di sicurezza, all’uscita dei box Tsunoda manifesta ancora problemi sino ad accostare definitivamente il veicolo alla pista, scatenando l’entrata di una VSC.
L’uscita di scena di Tsunoda, però, sembra favorire la Red Bull di Max Verstappen che riesce ad effettuare il suo pit-stop in un tempo dimezzato. L’insidia della Mercedes, sempre più vicina agli specchietti retrovisori dell’olandese, sembra scongiurata − per il momento.
Tra complotti e cospirazioni
Alla luce del fatto, in molti appassionati è sorto il dubbio che si sia trattato di una trama per permettere a Verstappen di cambiare gomme senza perdere la posizione su Hamilton. L’inglese, infatti, sino a quel momento aveva dimostrato di avere un buon passo, favorito anche da una strategia a una sola sosta. Con tutte le carte in regola per poter impensierire il team di Milton Keynes, Alpha Tauri, scuderia satellite di Red Bull, avrebbe approfittato delle problematiche alla monoposto di Tsunoda, costringendolo a non ritirare il veicolo ai box e provocando l’entrata della VSC.
La logica del ragionamento, però, pecca su un fronte: cosa ne avrebbe guadagnato Red Bull e Max Verstappen? In un clima di sospetto invidiabile al crashgate del 2008, l’olandese guarda il suo diretto inseguitore, Charles Leclerc, dall’alto dei suoi 310 punti contro i 201 del monegasco. L’ipotetica vittoria di Hamilton, dunque, si sarebbe rivelata ininfluente sulla classifica piloti che, ormai, designa Max Verstappen come due volte campione del mondo. Una faccenda alquanto curiosa che persino il giapponese non è stato in grado di spiegare, addirittura prima sostenendo che le cinture fossero slacciate per poi cambiare versione e dichiarare che “erano solo lente“.