Drive To Survive, la serie Netflix sulla Formula 1 tanto chiacchierata, spiegata dai tifosi.
È passato un mese dall’uscita della terza stagione di DRIVE TO SURVIVE, la serie Netflix dedicata alla Formula 1.
Qui vediamo il circus con occhi diversi, nei suoi successi e fallimenti. Una visione a 360 gradi ad alto coinvolgimento emotivo che riesce a fare pubblicità al circus portando la F1 nella cultura popolare e ad un nuovo pubblico.
Un recente studio pubblicato da Nielsen ha persino citato la serie come una delle ragioni principali della crescente popolarità di questo sport tra le persone di età compresa tra i 16 e i 35 anni, che rappresentavano il 77% della crescita del pubblico della Formula 1 nel 2020.
Come tutte le serie che si rispettino, fa molto discutere e soprattutto crea fazioni tra chi la trova un ottimo prodotto e chi, invece, ritiene sia controproducente per un mondo, quello del motorsport, fatto di tecnicismi.
QUALI SONO GLI INGREDIENTI DEL SUCCESSO DELLA SERIE?
È possibile individuarne 3: engagement, drama, promotion
- un punto di vista diverso del circus, raccontato dal suo interno (successi e fallimenti)
- la tensione è sempre al massimo, la Formula 1 è imprevedibile
- ottima pubblicità per il brand che raggiunge nuovo pubblico portando la Formula 1 nella cultura popolare. Haas ha visto una crescita di popolarità esponenziale negli ultimi due anni; Ferrari e Mercedes si sono aggregate dalla seconda stagione perchè hanno visto una grande opportunità di marketing.
In alcuni casi la drammatizzazione è esagerata, c’è sempre una tiratura della verità (come radio e video che non combaciano, contesti confusi). Al tempo stesso è interessante vedere molti contenuti dei dietro le quinte e diverte rivivere alcuni dei momenti della stagione in un contesto differente (anche se a volte lontano dalla realtà).
La cosa più importante da sapere come tifoso è che si trovano inaccuranze e questo potrebbe dar fastidio, ma è fatto tutto per intrattenere, non rappresentare. Questa è la distinzione fondamentale da tenere presente, ciò che purtroppo si tende a dimenticare quando si critica la serie: lo scopo è sì quello di rappresentare la Formula 1, ma intrattenendo, creando pathos, suscitando emozioni.
CURIOSITÀ:
- Si pensava inizialmente di basare un’intera stagione su un unico team anziché dedicare una puntata ad ogni team;
- Steiner, team principal della Haas, è considerato la “star” del programma data la sua personalità cruda, aperta e onesta;
- Drive To Survive ha fatto salire alle stelle Ricciardo da preferito dai fan a superstar a pieno titolo. Netflix divora la storia di Daniel Ricciardo perché condivide così tanto di se stesso con lo spettatore. Senza la personalità colorata del guidatore è difficile dire se lo spettacolo avrebbe avuto lo stesso successo.
“Penso che la prima stagione di Drive To Survive sia stata fantastica. Trascorro un po ‘di tempo negli Stati Uniti e l’ho notato letteralmente da un viaggio all’altro. Era la prima volta che iniziavo a essere riconosciuto e le persone facevano riferimento a quella serie TV. Quindi sicuramente ci ha fatto miracoli, anche per non parlare dei social media, ma i numeri sui social media sono impazziti. Ha fatto molto per noi e per lo sport “, dice Ricciardo nell’intervista rilasciata a Square Mile.
- Max Verstappen in una recente intervista ha criticato duramente la serie per la rappresentazione distorta di alcune dinamiche. Il pilota olandese ha accennato che alcuni discorsi vengono montati fuori contesto: “io mi ricordo quando dico le cose, perciò è fastidioso vedere che vengono associate ad altri contesti”.
Come detto in precedenza, è una serie che punta al pubblico popolare, portando nuove persone ad appassionarsi allla Formula 1, ma al tempo stesso intrattiene anche gli appassionati. Per questo ho svolto un’indagine su entrambe le fasce di pubblico, per scoprire appunto come cambia la prospettiva.
CHI HA INIZIATO A SEGUIRE LA FORMULA 1 GRAZIE ALLA SERIE
Partiamo subito col pubblico di riferimento della serie, chi ha abboccato all’amo.
- Ci sono vari motivi che hanno portato le persone che hanno visto la serie ad appassionarsi alla Formula 1: la curiosità, le monoposto, ma anche l’adrenalina e l’ansia. Dimostrazione di come la produzione Netflix abbia lavorato molto sul coinvolgimento dello spettatore.
- Appare evidente che Netflix monta tutto per rendere più cinematografica e suggestiva la realtà creando più drama.
- Della serie non hanno convinto in particolar modo il non parlare di Russell quando ha preso il posto di Lewis in Mercedes e la rappresentazione di Gunther Steiner (in opposizione invece col successo della sua figura).
- Non avendo seguito le stagioni di Formula 1, la serie ha portato ad avere dei rimpianti. Gli spettatori, infatti, avrebbero voluto seguire alcune gare in diretta… una su tutte Monaco 2018.
- I diversi approcci con il mondo della Formula 1 portano a visioni contrastanti sul perchè la serie è stata apprezzata. Si passa infatti da chi non essendo del tutto nuovo alla Formula 1 ha conosciuto meglio i piloti e ha visto come si è evoluto lo sport a chi ha apprezzato la serie proprio perché era tutto nuovo, arrivando a guardare a malapena le stagioni successive.
- Il problema del seguire la Formula 1 riguarda principalmente le modalità di fruizione: non avendo Sky, l’accesso alle gare non avveniva se non utilizzando link streaming.
- La fruizione della serie in lingua originale nasce dalla curiosità. Non conoscendo comunque i personaggi, la visione in italiano è stata apprezzata, anche perchè seguendo in diretta le vere voci sono state conosciute.
- Tutti hanno continuato a tifare il pilota che avevano apprezzato nella serie, indice di come in diversi casi non ci siano stati stravolgimenti nelle vicende umane, nelle personalità. Alcuni esempi sono Gasly e Ricciardo.
- Dopo aver visto la serie, iniziando a seguire la stagione di Formula 1, gli spettatori preferiscono di gran lunga guardare i weekend di gara in diretta. Questo è dato dal fatto che tutto è diverso, non c’è una singola cosa uguale tranne l’adrenalina.
APPASSIONATI DI FORMULA 1 CHE HANNO VISTO DRIVE TO SURVIVE
Questo è il pubblico più difficile da coinvolgere perchè le aspettative e pretese sono molto alte essendo appassionati. Infatti possiamo notare varie contraddizioni.
- Da appassionati di Formula 1, ciò che ha spinto a vedere la serie è innanzitutto il riempimento nell’off season, alle persone mancano i motori e la serie è un ottimo modo per sentire ancora l’adrenalina delle gare. Tant’è vero che c’è chi ha iniziato a vedere la serie proprio durante il lockdown. Il produrla su Netflix ha attirato chi ama le serie tv, perciò una buona fetta di spettatori. Un altro motivo è la curiosità circa il montaggio e come sono stati riportati gli eventi.
- Le differenze tra realtà e serie sono palpabili, anche perché si tratta di una docuserie e non di un documentario. Ciò che cambia è come vengono raccontati gli eventi per creare un effetto drammatico, focalizzandosi su aspetti che rispetto alle performance in pista sono secondari. Ogni vicenda diventa un dramma, una frecciatina, un litigio continuo. La drammaticità è prodotta anche attraverso l’aggiunta di effetti sonori, ad esempio il rombo delle monoposto. Non viene raccontata tutta la stagione, ma solo alcune parti. In sintesi, non è davvero così il mondo del motorsport.
- Spesso il vedere i dietro le quinte rende più ricchi di emozione alcuni momenti della stagione. Ciò che colpisce solitamente durante la stagione sportiva sono i gran premi in sè, e alcuni episodi avvenuti durante: due su tutti l’incidente di Romain Grosjean (a cui hanno dedicato un intero episodio) e quello di Anthoine Hubert. Vedere i piloti dover abbassare la visiera ed correre comunque lasciando fuori tutto, è davvero toccante. Altre vicende, visibili solo grazie alla serie, hanno colpito gli spettatori: la vita di Albon, con il racconto della vicenda della madre nella seconda stagione, ma anche la vita di Gasly, la sua redenzione e i sacrifici della famiglia di Ocon. È stata molto d’impatto anche la situazione in Ferrari, sarà per il tifo e per l’ultima stagione disastrosa, ma vedere come si muoveva la squadra dietro le quinte, ha fatto ancora più male dei Gran Premi stessi.
- Come si continua a ripetere, la serie non sempre è fedele alla realtà. Alla fine molte delle cose sono “romanzate” però se prese con le pinze nascondono delle verità che ti fanno capire un po’ di cose. Per esempio, ci sono scene che fanno capire quanto Cyril e Gunther fossero legati alle rispettive scuderie. Anche i rapporti tra i piloti che emergono nella serie in diversi casi rendono più chiaro il quadro generale. Dopo aver visto la serie c’è la tendenza a prendere più in considerazione le scuderie minori, rendendosi più conto di quanto lavoro ci sia dietro e di quanto sia frustrante non avere alcun riscontro in pista, con tutte le situazioni del caso.
- Drive To Survive distoglie totalmente lo sguardo della realtà. Come detto prima è una docuserie, di conseguenza gli autori decidono cosa mostrare e come raccontarlo. Non si può neanche considerare un riassunto esaustivo della stagione perché tagliano parecchio. Giustamente hanno solo 10 puntate è un po’ difficile raccontare 10 scuderie e 20 piloti. Per quanto possa portare più persone ad appassionarsi, distoglie quindi l’attenzione dal fulcro dello sport.
- Alcune vicende mostrate nella serie hanno sorpreso in maniera particolare. Innanzitutto Valtteri visto come la causa di un possibile crack di Mercedes e l’incidente di Romain che ancora non ci si spiega. Inoltre si rimane sorpresi della parte umana dei piloti e il rapporto quasi di amore che c’è all’interno di (alcuni) team. Spesso dai media questa cosa non trapela.
- Non solo sorprese, anche delusioni. D’altronde non si può accontentare tutti, però su alcuni particolari tutti segnalano note negative. Deludono alcuni tagli: eventi considerati importanti, degni di nota, ignorati per dare spazio ad altro solo per la spettacolarizzazione. Alcuni esempi sono la mancanza di Mugello, di Hulkenberg e Russell, oltre ad aver ignorato completamente la Williams in quest’ultima stagione che, viste le vicende societarie, meritava sicuramente un po’ di spazio. Inoltre la rappresentazione della Red Bull Racing non ottiene l’approvazione di tutti gli spettatori.
- DTS è vista prevalentemente in lingua originale semplicemente per abitudine legata al luogo di residenza e alla visione di altri contenuti in lingua. In ogni caso, seguendo la Formula 1, guardando le interviste e i vari video, conoscendo le voci dei protagonisti è d’obbligo guardare DTS in lingua originale. La tentazione di guardare qualche puntata doppiata in italiano per curiosità c’è stata… Mai più.
- La tendenza di fare rewatch colpisce anche questa serie? È una serie che può essere rivista tranquillamente. Ci sono alcuni episodi che meritano davvero, magari si notano delle sfumature che erano sfuggite alla prima occhiata. Ovviamente tutto varia da quanto ti prenda: si passa da chi la guarderebbe solo una volta a chi lo farebbe prima di ogni race week. C’è chi la guarda nelle pause invernali con le mie amiche, per passare il tempo prima della nuova stagione. Casi particolari sono la prima stagione, la quale dato l’hype iniziale è stata rivista tutta 2 volte, e l’episodio del GP di Monaco 2018 rivisto da qualcuno 7-8 volte.
- Alcune scene hanno avuto più importanza di quella che meritavano realmente a discapito di eventi tagliato o addirittura omessi. Non hanno parlato di Hamilton, per esempio, che infrange il record di vittorie di Schumacher o il settimo mondiale, ma hanno speso un episodio a montare una rivalità tra Sainz e Norris che non aveva nulla di speciale rispetto a quella degli altri piloti. Alcuni gran premi che hanno segnato le stagioni sono stati omessi.
- La serie è da consigliare a chi non segue la Formula 1? Gli appassionati rispondono di SI! È fatta specialmente per quelle persone. È importante comunque consigliare di prendere con le pinze quello che viene mostrato e di non credere proprio a tutto, perchè alcune cose sono le classiche “americanate”. C’è chi andando controcorrente la consiglierebbe solo a chi segue già la F1 per compensare i momenti “astinenza”.
Alcuni dettagli che hanno fatto storcere il naso
- La serie ha perso credibilità con l’episodio dedicato al rapporto tra i compagni di scuderia Carlos Sainz e Lando Norris, ad essere sinceri. Non solo perchè non c’era così tanta rivalità nella coppia (inclusa la narrazione per cui Zak Brown preferiva Lando a Carlos). Niente è più ordinario di una rivalità standard tra compagni di scuderia, anzi… più che rivalità è competitività. Come sarebbe stato DTS ai tempi di Rosberg in Mercedes?
- È stato inserito un team radio di Norris fatto dopo aver concluso un sorpasso su Perez per un sorpasso di Sainz
- È stato preso un team radio di Vettel del 2008 e inserito nella puntata dedicata alla Ferrari.
- Nell’episodio dedicato alla gara in Austria, mostrano immagini di Silverstone.
- Andando indietro, nella stagione 1 negli on board del rettilineo si sentivano le marce che scalavano troppo velocemente.
- Nella stagione 3 una delle omissioni tanto criticate è stata quella dell’esperienza di Russell in Mercedes. Come spiegato da Jennie Gow la causa è la non presenza attiva nel box della troupe di Netflix.
Dettagli che fanno la differenza, soprattutto per gli appassionati di Formula 1.
CONCLUSIONE
Come detto, Drive To Survive nasce con l’obiettivo di avvicinare il pubblico alla Formula 1 tramite spettacolarità e colpi di scena spesso anche poco realistici. Fatta questa premessa, Netflix ha confezionato un ottimo prodotto per raggiungere il proprio obiettivo. Non si può dire lo stesso sul fronte della realisticità.
L’autenticità è la parola chiave qui. Non appena il giorno della gara diventa secondario rispetto ai “drammi” nel paddock, lo spettacolo rischia di trasformarsi in un altro “reality” e perde il suo fascino.
L’importante è guardarla con occhio critico, tenendo a mente la parola chiave INTRATTENIMENTO.
Un pensiero su “Ecco alcune verità su Drive To Survive”