È la bandiera a scacchi del Gran Premio di Abu Dhabi a scandire, in Formula 1, l’inesorabile scorrere del tempo. Alla vigilia dell’ultima gara della stagione è già tempo di bilanci e se il Circus si crogiola negli addii dolceamari di alcuni dei suoi volti più iconici, il weekend promette spettacolo e tante emozioni anche nella massima categoria cadetta.
Per ogni carriera che finisce, un’altra ne inizia e, tra le curve esotiche di Yas Marina, Juan Manuel Correa ritrova la F2 dopo l’ultima apparizione nel 2019 in quell’orribile incidente costato la vita ad Anthoine Hubert. Lo statunitense è stato infatti ufficializzato nuovo pilota del team Van Amersfoort Racing per l’ultimo round del campionato, poi confermato a tempo pieno per la stagione successiva.
Il rientro in F2
“Il ritorno a tempo pieno in F2, per me, significa molto più di quanto si possa immaginare.
Non è solo un traguardo di per sé, essere tornato sulla griglia di partenza, ma è la realizzazione di un obiettivo che è stato l’epicentro di ogni mio sforzo negli ultimi tre anni. È un momento davvero emozionante. Mi sento affamato e motivato e so che anche il team lo è“, sono le sue prime parole all’ufficializzazione della line-up per il 2023.
La storia di Correa trova dunque il suo lieto fine dopo un calvario lungo sedici mesi, tanti interventi chirurgici e la quasi totale ricostruzione della gamba destra. Venti sono le operazioni agli arti fratturati che il pilota ha dovuto affrontare, di cui una della durata record di diciassette ore.
Nella porzione inferiore della tibia, infatti, lo statunitense ha perduto quasi sei centimetri di osso che è lentamente ricresciuto grazie ad un dispositivo speciale e ad un lungo percorso riabilitativo.
In aggiunta ad un quadro già di per sé molto critico, una lieve lesione spinale, conseguenza dell’impatto frontale a quasi 270 km/h contro la monoposto di Hubert.
Nonostante le opinioni contrastanti dei medici circa il pieno recupero, Correa non si è mai arreso.
Ad incoraggiarlo, tante persone care, i continui messaggi dei fan sui canali social, il desiderio di ritornare in pista e la consapevolezza di dover ora inseguire i propri sogni anche per l’amico Anthoine.
La corsa per la vita
“Volevo uscire da solo dalla monoposto; quando ho detto ai dottori che ero sveglio non mi volevano credere. Ricordo ogni istante dell’incidente, prima dell’impatto ho contratto i muscoli e mi sono rannicchiato.”
Due settimane di coma indotto, questa la durata della gara più difficile per il pilota statunitense.
Le sue condizioni fisiche dopo l’incidente sono subito apparse molto serie, tanto da richiedere la ventilazione artificiale e l’assistenza della circolazione extra-corporea per compensare una grave insufficienza polmonare. Al risveglio, ancora ricoverato nel reparto di terapia intensiva di Londra, Correa ha subito dimostrato di potercela fare. A fronte di una fragilità fisica ancora piuttosto allarmante, i lenti progressi del pilota hanno convinto i medici a programmare nuovi interventi alle gambe previo recupero di un’accettabile funzionalità respiratoria.
Né il timore di non poter più camminare, né la compromessa mobilità delle caviglie e annesse difficoltà nella gestione dei pedali hanno rallentato la straordinaria corsa di Correa verso il suo rientro in pista. Numeri da record, frutto di uno spirito indomito che lo statunitense racconta così a Mundo Deportivo:
“Il mio è un incidente che ti cambia la vita, non solo fisicamente, ma anche mentalmente. Quando ti trovi così vicino alla morte e sopravvivi, guardi oltre le corse. In ospedale c’erano momenti dove non ero sicuro di voler tornare a gareggiare, poi ho capito che questa è la mia passione. Seppur abbia ben chiaro che ci siano altre priorità, come la salute e la famiglia, io voglio correre.
Un amico mi ha chiesto se questo ha spento i miei sogni di F1. Gli ho risposto che un incidente del genere non li spegne: ti costringe a scegliere se voler affrontare dei rischi per realizzarlo, oppure no.
Ho deciso di continuare perché è il mio sogno.”
Dopo due anni in F3 e la gioia del podio ritrovato a Zandvoort, Correa è finalmente pronto a riprendersi la F2 da dove l’aveva lasciata.
Perché, sì, Juan ce l’ha fatta. Ha mantenuto la promessa, ha combattuto per salvarsi e per ritornare, per ricordare al mondo che di velocità si muore ma anche che, per inseguire un sogno dalle ceneri di una carriera compromessa, si può davvero risorgere.
Punto a capo da qui.
Buona fortuna, COR.