Ancora una volta, Track Limits. Dopo aver infiammato la scena dello scorso gran premio d’Austria, le violazioni dei limiti di pista tornano a far parlare di sé nel fine settimana di Losail, al termine di una gara che ha dato adito a non poche discussioni.
Un gran premio ai limiti dell’inverosimile
Diciamocelo, l’organizzazione del Gp del Qatar ha fatto acqua da tutte le parti. Tante, troppe, le cose che non hanno funzionato, a partire dalla scelta scellerata di portare il formato Sprint su un tracciato di fatto dichiarato nuovo. La prima volta delle vetture a effetto suolo su questo circuito è stata complicata da una riasfaltatura che ha invalidato qualsivoglia dato utile consegnato dall’edizione 2021. All’asfalto estremamente scivoloso, si è andata a sommare la spinosa questione dei cordoli piramidali, problematici al tal punto da compromettere la sicurezza stessa del gran premio. Ciò ha portato a misure in extremis, come la modifica dei limiti di pista alle curve 13 e 14 e gli stint di 18 giri massimi per ciascun set di gomme a disposizione dei piloti. A completare il quadro, l’annosa questione dei track limits, che sin dal venerdì ha alterato i risultati ottenuti in pista.
Losail teatro dei track limits
Le qualifiche del venerdì si sono svolte all’insegna degli infrangimenti dei limiti segnalati dalla linea bianca. Giri veloci si alternavano a quelli cancellati, in una danza incessante sul monitor dei tempi che vedeva i nomi balzare su per poi ripiombare al fondo classifica, quasi fossimo in un loop infinito. Ciliegina sulla torta, lo spiacevole siparietto sul finale, con Lando Norris e Oscar Piastri avvisati nel corso delle interviste delle penalità inflittegli, così riscrivendo la parte alta della classifica a sessione ormai terminata.
La questione non si è chiaramente esaurita qui, protraendosi nell’arco di tutto il weekend fino alla gara ufficiale di domenica sera. 51 i giri cancellati, 10 le penalità comminate, 17 i piloti (al netto di Sainz ed Hamilton, che di fatto non hanno corso) ad aver commesso infrazione. L’unico a salvarsi, Max Verstappen. E no, non perché migliore degli altri. O meglio, non necessariamente in questo contesto. Il tre volte campione del mondo ha esibito sin dal venerdì una sintonia sconcertante con la sua RB19 che, nelle sue mani, si mostra docile, bilanciata al tal punto da non necessitare la minima correzione. Ciò, unito al vantaggio in termini di performance, permette a Max di amministrare la gara al meglio, consentendogli di spingere entro i suoi di limiti e quelli stessi del tracciato.
Nel corso del fine settimana, invece, il resto della griglia ha dovuto visibilmente lottare molto di più per tenere le monoposto in pista. Su un asfalto scivoloso, con la sabbia ad inficiare ulteriormente l’aderenza e i colpi di vento a destabilizzare le auto, i piloti sono stati spesso protagonisti incolpevoli di numerosi escursioni. E’ vero, Norris ha commesso un errore al suo ultimo tentativo in Q3. Ma, come ha lui stesso ammesso, l’infrazione è frutto di una correzione indotta dal sovrasterzo. Spesso dunque si punisce un errore, già di per sé penalizzante, piuttosto che un ipotetico guadagno ottenuto dal pilota.
Track limits recidivi
Nel complesso, quello a cui abbiamo assistito in questo fine settimana è quasi nulla in confronto al disastro avvenuto a Spielberg: oltre 1200 i giri esaminati, 87 quelli annullati e una classifica completamente riscritta a distanza di ore dalla fine del gran premio. Il ripetersi della questione a Losail, seppur in misura minore, dimostra però che il problema sussiste anche su piste differenti. Problematica questa, che offusca e rende poco leggibili le dinamiche di uno sport che vorrebbe crescere e coinvolgere una fetta di pubblico sempre più ampia, e che rischia invece di stufare anche coloro che lo seguono da sempre. Lo stesso Max, del resto, nel weekend austriaco aveva espresso tutto il suo disappunto, affermando che i piloti apparivano come “[…] dei dilettanti, per quanti giri sono stati cancellati. Alcune di queste infrazioni erano talmente piccole da rendere impossibile giudicare se fossero davvero stati superati i limiti […]”.
Facile a dirsi, difficile a farsi
La regola a cui si fa riferimento è chiaramente molto semplice: non bisogna oltrepassare con le quattro ruote la linea bianca che delimita il perimetro del tracciato. Caso contrario, i sensori rilevano il movimento e scatta l’infrazione. Sembrerebbe facile, eppure non lo è. Quando nell’arco del weekend a sbagliare sono in tanti o addirittura tutti, la riflessione da fare è scontata: il problema non sono né i piloti né la pista. Il problema è a monte di un sistema che necessita di essere revisionato.
La validità delle regole deve essere infatti valutata anche in base alla loro efficacia nell’essere applicate. Se, nonostante un regolamento chiaro, l’implementazione risulta confusionaria, un cambiamento diventa necessario.
Non si può ridurre il tutto alla bravata del furbetto di turno che sfrutta la pista oltre il consentito per avere un vantaggio cronometrico. Si tratta più spesso di movimenti dettati dall’azione in pista o da una vettura che “sfugge di mano”. A volte poi, banalmente, è una mera questione di visibilità. I piloti, quei limiti, che appaiono a noi così evidenti, non li vedono. La visuale estremamente limitata che hanno dall’abitacolo non consente loro di rendersi conto dell’esatto posizionamento della vettura rispetto alla linea bianca. Al che tutto si traduce in una sorta di terno al lotto.
Cosa fare?
Semplificare la questione però non è possibile. Si tratta di una faccenda complicata e le polemiche sterili sono fini a se stesse. Lo ribadisce Andrea Stella, TP McLaren, che al termine delle deludenti qualifiche chiarisce come “L’aspetto dei track limits [sia]complesso e […] non si possa esaurire con considerazioni semplificative. Richiede un approccio molto attento.”
Ciò su cui si vuol far riflettere è la totale incongruenza del regolamento attuale che dovrebbe punire un comportamento volto a ottenere un illecito guadagno, e finisce invece col penalizzare situazioni che non hanno nulla a che vedere con supposti vantaggi cronometrici.
I gran premi disputati all’ombra dei track limits lasciano così l’amaro in bocca, restituendo la sensazione di un’azione in pista viziata e artificiosa. Ghiaia, erba, dissuasori hanno la virtù di essere limiti tangibili, ben visibili, che non perdonano il pilota che si spinge oltre il consentito. Certo ci sono anche questioni di sicurezza da tenere ben in conto e quello che funziona su una pista, non necessariamente si adatta ad un’altra. È però impensabile che nella massima categoria a quattro ruote si passi più tempo a parlare di una linea bianca che dei risultati sportivi. Soluzione, dunque, urge.
Un pensiero su “Track Limits: urge soluzione”