In quest’ultimo periodo si è intensificata l’idea che Mohammed Ben Sulayem non sia un buon presidente della FIA. L’ultima vicenda relativa a Toto e Susie Wolff è solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso, tanto da chiedere le sue dimissioni.
Come ha sempre dichiarato da quando è stato eletto nel dicembre 2021, il suo obiettivo è sempre stato quello di assumere un ruolo strategico lontano dalla gestione quotidiana, di essere appunto un presidente non esecutivo. Negli anni però la sua sete di potere l’ha portato ad allungare il braccio nel piatto di altri, con un comportamento che ha inficiato anche sulla governance della F1 e sulla credibilità della federazione, ma anche sua personale.
Battaglia F1/FIA
La presa di posizione delle squadre a sostegno di Toto e Susie Wolff mette in luce uno scenario che vede sempre di più aprirsi la forbice tra F1 e FIA. Si è accentuata infatti la lotta al potere, obiettivo molto ambito dal presidente Ben Sulayem. I suoi atteggiamenti tendono ad ostacolare la crescita della F1, oltre che mettere indiscussione la credibilità di entrambi gli enti, come spiegato da Stefano Domenicali ad Autosprint:
“Bisogna parlare di una piattaforma sportiva che necessita di competenze ben differenziate, e queste devono essere chiare. Tutti devono farsi un enorme esame di coscienza per lavorare al meglio“.
in due frasi viene sintetizzata la guerra fredda in atto tra il presidente FIA Ben Sulayem e Liberty Media. Il nuovo corso della Federazione Internazionale punta ad avere un ruolo primario nella gestione della Formula 1, andando oltre le responsabilità regolamentari dello sport. Il presidente non vuole sottostare ai ruoli delle gestioni precedenti, rivendicando una carica centrale anche nel contesto della Formula 1. Tutto questo mentre Liberty Media è riuscita ad incrementare notevolmente i ricavi del campionato, rilanciandone il valore commerciale.
Forse è bene che Ben Sulayem ricordi l’accordo stipulato nel 2001 tra la FIA (guidata ai tempi dal presidente Max Mosley) e la SLEC Holdings Limited di Bernie Ecclestone. La Federazione internazionale più di vent’anni fa ha ceduto i diritti commerciali del campionato mondiale di F1 per 100 anni (dal 2011 e il 2110) con una contropartita di 313 milioni di dollari. La palla è passata a Liberty Media nel 2016 con l’acquisto dei diritti commerciali per 4,6 miliardi di dollari.
Quella tra FIA e Liberty Media però è sempre più una convivenza difficile. Sono due entità che viaggiano a velocità assai diverse. Da una parte un fondo che trasforma corse in eventi, dall’altra un ente troppo spesso in affanno sul fronte della gestione sportiva. La FIA si dedica a sviluppo di una serie di regolamenti volti ad aumentare la competitività, mentre la Formula ONE Management (FOM) e Liberty Media si sforzano di rendere lo sport un successo commerciale.
Ecco perciò che il rapporto non è mai decollato, principalmente per quattro motivi: querelle Andretti, limitazione libertà espressione piloti, Sprint race, presunta vendita pacchetto azionario di Liberty Media.
Una lotta che nuoce al Circus che ha bisogno di entrambe le parti per funzionare al meglio. Se i due fronti si irrigidiranno ulteriormente, il rischio è che la F1 possa diventare il paradiso degli uffici legali e l’inferno di chi a questo sport è appassionato. Servirà una politica di compromesso, una mediazione in grado di accontentare i due fronti limitandone i motivi di attrito. Ma anche questo scenario oggi appare tutt’altro che probabile.
Critiche
“Non si tratta di cosa voglio io personalmente. È un bene per lo sport? È un bene per itifosi? Questo è il mio punto di vista. Sono il presidente, dovrei essere neutrale.“
Queste parole di Mohammed Ben Sulayem indicano ciò che dovrebbe fare la figura del presidente della Federazione internazionale. II condizionale usato, però, stride e fa rimando alla sua costante voglia di andare oltre ciò che gli compete.
Tra le ultime critiche ricevute spicca quella di Lewis Hamilton in occasione del Gala FIA a Baku. Parlando del caso Wolff, ha ampliato il discorso sull’inclusione dicendo: “C’è una lotta costante per migliorare la diversità e l’inclusione nel settore, ma sembra che ci siano alcuni individui nella leadership della FIA che, ogni volta che cerchiamo di fare un passo avanti, cercano di farci tornare indietro. È questo deve cambiare“.
Altre critiche sono arrivate dall’ex presidente Jean Todt, il quale si toglie sassolini dalla scarpa evidenziando come gli attacchi arrivati dall’emiratino non sono giustificati. Ben Sulayem ha più volte sottolineato che uno dei grattacapi che ha dovuto gestire al suo arrivo in FIA era il deficit a bilancio. È piuttosto evidente però come fosse conseguenza della crisi durante la pandemia. Inoltre, il budget FIA è triplicato grazie anche a nuovi campionati e fonti di reddito.
Ha fatto qualcosa di buono?
Tra tutte le cose sbagliate fatte, ci sono state iniziative e decisioni della federazione volte a salvaguardare gli sport che governa?
Misure di sicurezza
Nel corso degli ultimi anni sono state prese alcune decisioni volte a garantire maggior sicurezza.
Ripensando anche alle sanzioni, quello che manca è solo coerenza e fermezza, oltre che omogeneità. La Federazione non esita, come visto in America con Hamilton e Leclerc squalificati per la tavola fondo troppo sottile. Altro caso è quello relativo al caldo. Dopo il gp del Qatar, la Federazione ha deciso di analizzare la situazione per portare migliorie su questo fronte.
Forse era il caso di farlo prima…
Svolta etica
Forse può essere considerata una decisione presa da una persona permalosa, o forse per garantire maggior rispetto dell’autorità, ma dal 2024 a tutti i campionati governati dalla federazione viene imposta una svolta etica. L’obiettivo è quello di provare a limitare alcune uscite dei protagonisti grazie all’introduzione di nuove restrizioni.
Gli effetti si percepiranno nelle comunicazioni radio, ma anche nelle interviste sia dei piloti che dei funzionari delle squadre. Le lingue molto spesso biforcute dovranno essere incatenate.
Working group dedicato al WRC
Ideato e creato dopo una serie di stagioni in cui era evidente come il WRC avesse perso appeal, il working group istituito è volto a cercare la strada più idonea per riportare la categoria ai vertici del panorama internazionale. Verranno analizzati aspetti sportivi, ma anche tecnici e promozionali.
Il WRC infatti è in piena crisi. Oltre ad aver perso una casa, due dei migliori piloti – tra cui il detentore del titolo Kalle Rovanpera – nel 2024 gareggeranno part time.
Sguardo al futuro
F1 e FIA, impegnate sul fronte sostenibilità, nonostante il periodo di conflitti hanno annunciato un gruppo di lavoro congiunto con la serie Extreme H sull’utilizzo dell’idrogeno. Valuteranno come la suddetta tecnologia possa essere utilizzata negli sport motoristici per portare insegnamenti a beneficio dello sport e della mobilità.
Cosa accadrà?
Una cosa che i più spesso dimenticano è che la Federazione non regolamenta solo la F1, ma molte categorie del motorsport a quattro ruote il cui voto può incidere sul rinnovo o meno del presidente. Certo, non è un caso se la F1 è definita la classe “regina”, ma è davvero così determinante sulle sorti del presidente della FIA?
Ci deve essere un nuovo equilibrio. Ben Sulayem ormai è un re che ha ricevuto almeno due scacchi in un anno. Però attenzione: una federazione ferita potrebbe mettersi di traverso per riaffermare la propria centralità.