Dalla PayTv ai social
L’espansione dello sport in generale, ed in particolar modo della F1, ha avuto un grande sviluppo attraverso i nascenti canali di comunicazione. È passato dalla radio, alle dirette televisive, fino a giungere alle Pay TV e, in futuro, raggiungerà le piattaforme social e gli abbonamenti.
È innegabile che, dietro alla nobiltà dell’esaltazione delle capacità umane che lo sport impone, ci sia da sempre un interesse organizzativo ed un fine lucroso. Basti pensare che la Ferrari non corse il primo Gp della storia della F1 (all’epoca conosciuto come campionato conduttori) per una mancanza di accordo tra Enzo Ferrari e gli organizzatori dell’evento.
Non bisogna dunque stupirsi se determinate scelte vengono prese dal circus per aumentare gli introiti economici, che garantiscono longevità alla F1. L’ultima, in termini temporali, è l’introduzione del Gp in Arabia Saudita. Il pubblico non ha accolto con calore la scelta, essendo quello un paese che non abbraccia tematiche culturali occidentali.
Per ogni gara organizzata, Liberty Media (che assieme alla FIA organizza il campionato di Formula 1) guadagna molto denaro. La media degli introiti è di $ 48.1 milioni, comprendenti $ 28.7 milioni in tasse di promozione, $ 14.3 milioni in sponsorizzazioni e $ 5.1 milioni di vendita di biglietti. Questo contribuisce a garantire un guadagno di circa 602.1 milioni di dollari, ricevuti dai promotori della gara. A questi soldi si uniscono circa 762.8 milioni di dollari pagati da emittenti televisive mondiali.
In questa analisi valuteremo i dati relativi alla stagione 2019, dato che la stagione 2020 è stata condizionata dalla pandemia del Covid-19, che ha fatto scendere il numero di avvenimenti da ventidue a diciassette, di cui sei svolti nello stesso luogo, suddivisi in tre paesi ospitanti (Gran Bretagna, Austria e Bahrain).
L’economia della Formula 1 è in salute?
La prima domanda che sorge spontanea, leggendo i dati di ascolto televisivo e prendendo atto dei nuovi regolamenti, riguarda lo stato di salute delle economie della F1, gestite da Liberty Media.
Nel 2017, anno di vendita dei diritti della F1 a Liberty Media, furono dichiarati 700 milioni di dollari di utili e 4.1 miliardi di dollari di prestiti. Sottraendo l’utile dai prestiti, è facile comprendere come la F1 avesse un debito di 3.4 miliardi di dollari netto. La combinazione di questo dato con i suoi $ 4.6 miliardi di capitale ha portato la F1 ad un valore aziendale di $8 miliardi. Tale cifra corrisponde all’importo pagato da Liberty Media per l’acquisto dei diritti.
All’inizio del 2020, in seguito all’ avvio posticipato del campionato di F1 causato dalla pandemia, Liberty Media ha modificato i termini dei prestiti di $ 3.4 miliardi. Per rispettare i termini di risanamento, il debito totale della F1 deve rimanere entro un certo livello. Tuttavia, questo limite è stato posticipato al 1 Gennaio 2022, per dare a Liberty Media il tempo di riprendersi dalla crisi.
Pagamento verso i team di Formula 1
Il premio in denaro rappresenta la principale fonte di entrate delle squadre di Formula 1: nel 2019, i team hanno guadagnato circa $ 1 miliardo. Sebbene questo rappresenti circa il 68% dei profitti del prodotto Formula 1, viene poi suddiviso in due importi uguali. La prima metà va alle prime dieci squadre in base alle loro posizioni in classifica. L’altra, invece, è divisa in parti uguali e va alle squadre che sono arrivate nelle prime dieci posizioni in due degli ultimi tre anni. A questi si aggiungono poi i bonus anzianità, il Constructors’ Championship Bonus, eccetera.
Ne si deduce, dunque, che Liberty Media ha il compito di garantire liquidità ai dieci team partecipanti, e che deve trovare le migliori soluzioni. Uno dei passaggi completati nel 2020, con lo scopo di garantire la sostenibilità della F1, nonostante il Covid, è stato il risanamento pari a $ 1.4 miliardi. Ciò è accaduto dopo che il proprietario di Liberty Media ha trasferito una quota del 33% nel promotore di eventi Live Nation dall’emittente radiofonica satellitare SiriusXM.
Pubblico televisivo e Pay TV
Chiaramente, questo spostamento di denaro ha garantito la sostenibilità del prodotto Formula 1, su cui Liberty Media sta investendo. L’investimento si suddivide in categorie corrispondenti alle fasce d’età del pubblico, che a sua volta si divide in fans e nuovi fans.
Stando a quanto si evince dai dati televisivi, si potrebbe presumere che il numero di fans stia diminuendo, dato che il pubblico televisivo è passato da 600 milioni di spettatori nel 2008 a 471 milioni nel 2019. Questo perché la Pay TV tende ad avere un pubblico più ristretto rispetto alle loro controparti in chiaro, poiché fanno pagare mensilmente un abbonamento.
Tuttavia, le Pay TV presentano ricavi economici maggiori, pari al 69.5% rispetto al 2008 (762.8 milioni di dollari nel 2019). Questa percentuale è ancora più interessante, considerando che nel 2019 il numero di spettatori unici che hanno guardato la Formula 1 è diminuito. Calcolare questo dato, tuttavia, implica il dover includere nel conteggio anche gli spettatori che hanno guardato solo un certo numero di minuti, e non contarlo nuovamente se guarda in tv più Gran Premi.
Il metodo alternativo è contare ogni spettatore di ogni sessione di F1 separatamente, che significa che qualcuno che guarda più gare sarà conteggiato più volte. L’utilizzo di questa metodologia cumulativa mostra che il pubblico è aumentato del 9%, giungendo a 1.9 miliardi nel 2019.
“Il numero è aumentato nonostante abbiamo perso la RAI in Italia, TF1 in Francia e la BBC nel Regno Unito. Voglio dire che è un miracolo per me”, dice Wolff.
“Il pubblico è cresciuto nonostante il fatto che alcuni paesi si siano adeguati alle Pay TV. Credo che andrà così comunque a medio termine. Non credo che la trasmissione televisiva gratuita stia guadagnando molte quote di mercato. Per me è una specie in via di estinzione e il futuro è a pagamento o in streaming. In questo senso è un miracolo essere stati in grado di far crescere il pubblico in mezzo a quei cambiamenti nel comportamento dei clienti. Mi chiedo in realtà chi è il cliente che sta guardando la televisione gratuita in questi giorni? Non i giovani di certo. I giovani sono pronti a trasmettere in streaming, o pagare un abbonamento. Questo sarà il futuro“.
Giovani e Pay TV
Bisogna poi aggiungere che Matt Roberts, Research and Analytics Director della Formula 1, rivela che, sebbene solo il 14% degli spettatori televisivi di F1 abbia meno di venticinque anni, questo è “in linea con la popolazione globale”. In effetti, la Formula 1 ha la percentuale maggiore di under venticinque rispetto a tutti i campionati sportivi mondiali (ad eccezione dell’NBA). Inoltre, abbiamo lavorato molto per capire chi stia diventando un nuovo fan. Il 62% dei nuovi fan ha meno di trentacinque anni. Cose come Netflix, esports, F1 TV pro, eccetera, sono state estremamente utili per far crescere quel pubblico”.
Matt Roberts sembra avere ragione. Secondo i dati dell’agenzia Digital-i, nel 2019 Drive to Survive è stato visto da 1 milione di famiglie durante i suoi primi 28 giorni in Inghilterra. Seppur questo dato rappresenta solo il 9,1% del numero di famiglie britanniche con un account Netflix, in realtà questa serie ha ampliato il pubblico britannico verso la F1.
Sponsor e Formula 1
Quindi la scelta di abbandonare la strada della televisione libera, in favore della Pay TV, non sembra impattare realmente sull’espansione del prodotto F1. Questa è interessata a catturare nuove generazioni di fans attraverso canali di comunicazione alternativi, in linea con la richiesta mondiale. E non impatta nemmeno sui guadagni, dato che questi sono maggiori, nonostante il numero minore di spettatori. Ma la maggiore esposizione televisiva impatta nel ritorno di immagine per gli sponsor presenti nelle livree delle auto e nelle tute dei piloti?
Il rapporto “Driving Addiction: F1 and Tobacco Advertising” mostra che Philip Morris International (PMI) e British American Tobacco (BAT) hanno speso quasi $ 100 milioni nel 2019 per raggiungere i 500 milioni di fan globali.
PMI e BAT traggono grande vantaggio dallo sport, compresi i marchi che caratterizzano in modo le auto da corsa e le tute dei piloti. Secondo la ricerca, la copertura mediatica delle gare del 2019 ha generato un’esposizione del valore di $ 150.3 milioni per il marchio “Mission Winnow” di PMI attraverso la sua sponsorizzazione del team Ferrari. $ 27.6 milioni, invece, per i marchi che BAT sta promuovendo attraverso la sponsorizzazione della McLaren.
Seppur non subito riconducibili all’industria del tabacco, i simboli presenti nelle auto di F1 sono di fatto un palliativo di ciò che rappresenta il ritorno di immagine di queste aziende. Non è raro vedere impresse fuori dai circuiti pubblicità ritraenti i piloti della F1 e le vetture dei team partecipanti al campionato. Esse sponsorizzano, dunque, il proprio prodotto, senza che le telecamere delle televisioni possano catturare l’immagine, ma garantendo un ritorno non indifferente. Non a caso, nel 2019, la spesa delle aziende produttrici di tabacco è aumentata al 9.4%, registrando la quota più alta dal 2011.
Covid-19
Abbiamo detto all’inizio di questo articolo che avremmo analizzato i dati relativi alla stagione 2019, poiché maggiormente rappresentativi rispetto ai dati del 2020, condizionati dal Covid-19.
Nonostante possa sembrare assurdo, la pandemia ha portato ad un cambiamento di attitudine della fascia d’età giovanile, che coinvolge anche il mondo della Formula 1, essendo rappresentato da Case automobilistiche, quali la Mercedes, la Ferrari, la Renault, la Honda, l’Alfa Romeo e l’Aston Martin. Secondo il parere del Team Principal di Mercedes, Toto Wolff, proprio lo scoppio della pandemia potrebbe portare ad un’accelerazione delle vendite di auto:
“Quello che stiamo vedendo nel settore automobilistico con Covid-19 è che i giovani, che normalmente dicono di non aver bisogno della mia macchina, potendo noleggiarne una o prendere i mezzi pubblici, ora stanno dicendo di non voler utilizzare un qualsiasi mezzo pubblico e non volere prendere un aereo per volare da qualche parte. All’improvviso c’è un grande slancio nella mobilità personale indipendente. È quasi come essere tornati indietro, negli anni ’70, dove possedere un’auto significava libertà. E c’è una possibilità piuttosto grande che questi potenziali clienti stiano cercando una Mercedes perché sta vincendo in Formula 1.
Ciò dimostra che “la visibilità della Formula 1 è ancora enorme“.
Prospettiva Social Network
Come si è potuto notare negli ultimi anni, l’interesse di Liberty Media, in prospettiva, si sta spostando dai tradizionali mezzi di comunicazione, verso i Social Network. Nel 2020, sono stati registrati 1.5 miliardi di ascolti televisivi, contro gli 1.9 miliardi registrati nel 2019. Nonostante ciò, il brand Formula 1 ha raggiunto 35 milioni di follower attraverso i Social Network (tra cui Facebook, Twitter, YouTube e Instagram).
Ciò si somma ad un incremento del 36% e un tasso delle interazioni totali di 810 milioni, registrando una crescita del 99% rispetto al 2019. Questi dati hanno reso la Formula 1 l’evento sportivo in maggior crescita sui Social Network.
Obbiettivo Generazione Z
Liberty Media si sta concentrando sulla fascia d’età più giovane, tentando di espandere la propria audience in questa direzione. Questo perché, come detto, il pubblico internazionale è molto giovane, tanto che il 16% degli spettatori ha meno di venticinque anni. Non è la stessa cosa per il Regno Unito e l’Italia, che continuano ad avere un pubblico più anziano rispetto a paesi quali Stati Uniti e Cina. Per avvicinarsi quindi ai più giovani, chiamati anche “Generazione Z”, Liberty Media si sta muovendo su più campi.
È stata creata una App apposita per streaming e risultati, da utilizzare attraverso smartphone e tablet, in modo da fornire risposte immediate alle esigenti domande dei fans, ma anche per agevolare la visione dello sport ai giovani. È poi celeberrimo l’accordo tra Netflix e Liberty Media, che grazie alla serie “Drive To Survive” garantisce nuove entrate e ascolti alla Formula 1.
Persino con il Social Network YouTube si son viste grandi novità, come la nascita dei video in realtà virtuale a 360 gradi e un uso più attento del canale ufficiale del brand Formula 1, che ogni giorno pubblica highlights o ricordi delle gare passate, raccogliendo numerose interazioni.
Infine, non bisogna sottovalutare la creazione degli Esports, all’indomani dell’acquisto dei diritti commerciali da parte di Liberty Media, nel 2017, che rappresenta un’importante settore dello sviluppo del brand Formula 1, e che ha fatto nascere una community parallela a quella tradizionale.
In aggiunta a queste innovazioni, c’è poi l’introduzione delle Sprint Race nel corso del weekend di Formula 1, un format proposto col fine di attrarre l’attenzione della la fascia di pubblico under venticinque, e che potrebbe portare ad un totale rinnovamento dell’evento di Formula 1.
Da Ecclestone a Liberty Media
Fino al 2016 i Social Network erano in realtà sottovalutati da CVC, che sotto la gestione di Bernie Ecclestone non erano stati presi in considerazione quale canale comunicativo rivolto verso la fascia d’età più giovane. Questo perché, stando alle ricerche di mercato, il brand Formula 1 aveva un pubblico con una percentuale di età molto alta (35-45 anni). Da qui nasce la scelta di stipulare contratti con sponsor per intercettare la fascia d’età over 40, tra cui Pirelli, Rolex, Fly Emirates.
Basando il proprio sviluppo e mantenimento economico su queste direttive, è facile capire il motivo per cui Bernie Ecclestone non investì per una ricerca e una successiva costruzione del programma Social Network, aprendo di fatto un nuovo ramo di comunicazione.
Liberty Media ha, invece, un’altra strategia di marketing, al punto che i Social sono diventati il centro dell’attenzione del brand Formula 1. Liberty Media, già a partire dal 2017, si era posta l’obiettivo di creare un nuovo pubblico tra i Millenials e la Generazione Z, discostandosi dalla strategia di Ecclestone, il quale concentrava la propria attenzione sugli over 40 e sulle fasce adulte.
La strategia comunicativa dei team attraverso i Social Network
Anche le dieci squadre che partecipano al campionato di F1 hanno dovuto adeguarsi all’uso di nuovi mezzi di comunicazione, mediante i Social. Chi ha appreso più velocemente la giusta tattica per raccogliere buoni risultati sui Social Network è la McLaren. Un team prevalentemente giovane, con line-up sempre amate e molto carismatiche. Ha guadagnato così 7.3 milioni di follower su Instagram, seguita dalla Mercedes a 7 milioni e dalla Ferrari a 6.3 milioni.
La McLaren sfrutta tutte le piattaforme disponibili, compreso TikTok, dove mostrano video inediti delle operazioni di lavoro nel box o delle giornate in fabbrica. Anche i suoi dipendenti sono molto attivi sui Social Network e facilmente rintracciabili su Twitter o Instagram, dove parlano volentieri delle loro esperienze in pista.
Chi ha ancora da imparare è, senza dubbio, l’ufficio stampa della Ferrari, che ha fatto fatica a recepire l’importanza dei Social. Inoltre, stenta nello stare al passo con questi cambiamenti, non riuscendo a sfruttare i trend al momento giusto.
Piloti e Social Network: amore e odio
I nuovi mezzi di comunicazione obbligano i piloti a mantenere i rapporti con i fan in maniera costante. C’è chi usa volentieri i Social Network, ma anche chi cerca di evitarli. Lewis Hamilton, protagonista anche fuori dalla pista, è il pilota più seguito sui Social Network. Il sette volte campione del mondo sfrutta queste piattaforme per lanciare messaggi di amore e rispetto ai suoi fan.
Non tutti, però, utilizzano i Social con la stessa gioia con cui lo fa Hamilton. Russell e Norris, ad esempio, hanno ammesso di avere un rapporto controverso con questi strumenti di comunicazione.
Russell ha parlato più volte di come non legge volentieri i commenti che i fan possono scrivere sui Social Network, preferendo utilizzarli il meno possibile. Norris ha rilasciato recentemente un’intervista, in cui ammette di non gestire i suoi Social Network personalmente (come Mick Schumacher). Dice che preferisce concentrarsi sul suo lavoro in pista e allontanarsi da un mondo che lui stesso definisce nocivo per la salute delle persone. I Social Network, infatti, sono uno straordinario strumento di comunicazione ma spesso creano l’immagine di personaggi molto distanti dalla vera natura dei soggetti in questione.
Vi sono state, tuttavia, circostanze in cui i piloti si sono lamentati delle scelte di comunicazione adottate da Liberty Media. Daniel Ricciardo, dopo l’incidente di Grosjean, in Bahrain, si era espresso con termini duri verso la gestione dei Social, poiché erano state pubblicate dettagliate immagini del terribile incidente.
Infine, c’è chi ricorre alla soluzione più drastica per non aver a che fare con i feedback e le problematiche legate all’utilizzo dei Social Network: non essere presente in nessuna piattaforma. È questo il caso di Sebastian Vettel, che rappresenta l’unico pilota di Formula 1 senza una pagina social registrata a suo nome. Il pilota tedesco si ritiene felice di non aver a che fare con i Social Network e ha dichiarato di non essere un grande fan dei nuovi mezzi di comunicazione.
I pareri legati ai Social Network sono tanti e dei più vari, ma anche chi non ha un buon rapporto con questo nuovo mezzo di comunicazione deve accettare l’inevitabile: la Formula 1 si sta orientando sempre più verso i Social Network. Questi probabilmente in futuro rappresenteranno la maggior fonte di guadagno del brand Formula 1.
In relazione all’evoluzione della comunicazione cambiano i mezzi, ma una cosa non cambierà mai: l’emozione che la Formula 1, le macchine, il rischio, la velocità, trasmettono al suo pubblico. Indipendentemente dal mezzo di comunicazione.