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Oggi Roland Ratzenberger, prima di Ayrton Senna

Prima di Ayrton c’è stato l’austriaco a smuovere le coscienze, nel primo pomeriggio di 30 anni fa. 

Roland Ratzenberger scese in pista un’ultima volta, per prendere parte alle qualifiche del Gran Premio di San Marino ‘94, passato alla storia come il “weekend nero della Formula 1”. I tre giorni in cui Dio distolse lo sguardo dal circuito di Imola e da quegli uomini che, con solo un casco addosso, sembrano invincibili. 

Mentre percorreva il rettilineo tra il Tamburello e la Gilles Villeneuve a piena velocità, la parte superiore sinistra dell’alettone anteriore della sua vettura si staccò. Perse il controllo della sua Simtek, che non riuscì più a curvare.

La vettura uscì quindi di pista e si schiantò violentemente a 314,9 km/h contro il muro esterno della Gilles Villeneuve. Per la velocità l’impatto fu violento e le immagini subito dopo strazianti. Tra le carcasse della monoposto, rimbalzata in mezzo alla curva Tosa, c’è la testa di Roland, roteante, appoggiata ai lati dell’abitacolo. Movimenti inequivocabili per chi lavora nel paddock e conosce la morte nel motorsport. Quelli di un’anima che lascia questa vita dopo pochi spasmi per la decelerazione. 

Roland Ratzenberger dopo schianto Imola '94

L’improvvisa scomparsa di Ratzenberger fu uno shock, arrivato il giorno dopo l’incidente di Rubens Barrichello. Il brasiliano ne uscì praticamente incolume, ma dimenticò molti particolari di quel giorno, tra cui la visita che Senna gli fece al centro medico, scosso.

“È stato un giorno abbastanza atipico con l’incidente di Rubens (…). È normale che mi sia preoccupato, è un amico”, commenta Ayrton in un’intervista “dimenticata”, pubblicata ieri da Autosprint sui suoi canali social . 

E la morte di Roland scosse ancora di più Senna, mentre si avvicinava ad un cupo destino – a lui sconosciuto – che, tre decenni dopo, lo ha reso protagonista del weekend nero di Imola ‘94. Il brasiliano non era tranquillo durante l’ultima notte della sua vita. Le cronache ci restituiscono un Senna che veglia, pensa alla gara che avrebbe corso l’indomani già con l’intenzione di vincerla, e di onorare il collega rookie austriaco, suo coetaneo, con una bandiera rossa e bianca nascosta nell’abitacolo. 

Qualcuno nell’incidente di Ratzenberger legge un oscuro presagio, qualcuno dice che fosse destino che il giorno successivo, domenica 1 maggio ‘94, la bandiera austriaca e quella brasiliana si unissero nel sangue. 

Il pilota di Salisburgo, vittima di una retorica che ancora lo vede come “l’altro da piangere” di quel terribile Gran Premio, verrà commemorato questo pomeriggio alla curva Tosa del circuito di Imola, con la deposizione di una targa in sua memoria alla presenza dei genitori. 

E soffia il vento, lontano, sul Tamburello: piange e sventola le bandiere e gli striscioni, oggi per Roland. 

Giulia De Ieso

Studentessa al quinto anno di liceo classico, scrivo e parlo di motori che siano a due o a quattro ruote.

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