All’ombra di un fratello perfetto, acclamato come il “Predestinato”. Un vero e proprio idolo delle folle con il cavallino sul musetto della propria monoposto dall’inconfondibile rosso Ferrari incaricato di riportare la gioia ai Tifosi della Rossa. Quegli stessi appassionati che rivedono in lui la vera essenza dell’uomo e del pilota adatti per la scuderia di Maranello. E’ tra l’entusiasmo per un ragazzo dal talento innato che fa rimanere tutti a bocca aperta che cresce il più piccolo della famiglia monegasca più famosa nel mondo del motorsport: Arthur Leclerc.
Abbagliati dalle magie di Charles, il mondo ci mette anni a scoprire che, al suo fianco, c’è Arthur.
Anche se la Formula 1 è sempre stata una questione familiare, tutto ha sempre ruotato intorno al mezzano che, sulle orme di una passione sfrenata trasmessagli dal padre, incantava già a Brignoles dove, per divertimento, i Leclerc gareggiavano tra loro. Arthur, qui, non sfigurava mai. Anzi. Anche lui dispensava consigli preziosi a Charles, perché, nonostante tutto, il piccolo ci sapeva fare eccome.
I problemi finanziari, però, non lasciarono scelta alla famiglia: Charles avrebbe avuto la precedenza. E’ da questo momento che per Arthur inizia un pit-stop eterno, rinchiuso in un’attesa infinita nella quale la speranza, un giorno, di tornare a correre e poter seguire le orme di Charles che piano piano stava sbancando nel panorama del motorsport internazionale non venne mai abbandonata.
I sogni di un Arthur bambino, a soli 8 anni, furono così messi in pausa. Prima fino ai 14 anni, quando riesce a tornare a respirare benzina e gomma bruciata sul suo kart, poi ancora fino al 2018. Nell’anno in cui Charles debutta in Formula 1, Arthur riprende in mano una carriera che, finalmente, avrebbe potuto iniziare e portare avanti come si deve.
2022: destini intrecciati
6 punti separano ad oggi Arthur dalla vetta della classifica. Ci aveva provato lo scorso anno per vincere come aveva fatto Charles nel 2016. Non ci riuscì e la pioggia di paragoni e confronti con il fratello maggiore lo investì come un fiume in piena.
Lui non era Charles, lui era semplicemente Arthur.
Solo più tardi capì che il modo corretto di guardare a questa frase, sentita e risentita, era un altro. Arthur non doveva essere Charles, ma se stesso perché solamente in questo modo avrebbe potuto liberarsi delle catene che lo tenevano ancorato alla paura di sbagliare, di fallire, di deludere per poi essere brutalmente etichettato come “il fratello che non ce l’aveva fatta“.
Ci riprova quest’anno, in una Formula 3 che vede poche certezze, ma una grande conferma: un duello Martins-Leclerc che tanto somiglia a quello accesosi tra Verstappen e il Leclerc maggiore nella categoria regina.
A Silverstone Arthur vive la domenica da sogno, abbracciato all’anima di un fratello che oggi vive il suo stesso destino. C’è da recuperare il posto più ambito, con tanta fatica, con ogni goccia di sudore in corpo. Tutto viene racchiuso negli attimi in cui l’inno monegasco risuona tra le curve del circuito inglese, terra nemica per il cavallino che campeggia sul cuore di entrambi i fratelli.
Sulla tuta, sulla divisa, rosse passione.
L’animo combattivo dei Leclerc è un marchio di fabbrica. Arthur non avrà mai nulla da invidiare a Charles perchè tutto si riduce allo sguardo che i due fratelli si regalano ogni volta che il più piccolo sale sul podio e viceversa. Nessuna invidia, l’emozione di chi sa che ce la sta facendo.
Non grazie a Charles, ma grazie a se stesso.
Vietato mollare Arthur.