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Foyt e la lunga strada verso un difficile rinnovamento nel 2023

Foyt

Per avere successo, un team nel motorsport deve avere la capacità di sapersi rinnovare, non basta soltanto avere gente eccezionale, grandi vetture, budget cospicuo e piloti eccellenti. Guardando al panorama NTT Indycar Series, i vari team non fanno eccezione a questa regole, nemmeno i più longevi. In mezzo al mercato generale, anche A.J. Foyt Enterprises non sta a guardare, lavorando dall’interno.

Foyt e le difficoltà di un team che si rifà ad un passato glorioso

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A.J. Fotr celebra con Kenny Bräck il successo alla 500 miglia di Indianapolis del 1999. Per Foyt è la quinta vittoria ad Indy, in questo caso non da pilota ma solo da team owner (Photo source: Indystar.com/Photographer unknown)

La squadra, fondata nel 1965 dapprima come Gilmore Racing, conobbe enorme successo con il suo fondatore A.J. Foyt, capace di vincere due volte la Indy 500 nel 1967 e 1977, oltre a tre campionati USAC nel 1967, 1975 e 1979. Dalla nascita della CART Series, Foyt perse rapidamente la sua supremazia, diventando un team di centro gruppo, capace di qualche eccellente exploit, in particolar modo a Indianapolis. Con la nascita della IRL, Foyt si unì alla compagine di Tony George, dove ritrovò i fasti di un tempo tra il 1996 e 2002. Scott Sharp vinse il titolo inaugurale nel 1996 con Buzz Calkins. Davey Hamilton fu vicecampione nel 1997, mentre Kenny Bräck regalò a Super Tex l’ultimo titolo nel 1998. Nel 1999, lo svedese portò la mitica numero 14 in victory lane per l’ultima volta a Indianapolis fino ad oggi, una vittoria in extremis su Robby Gordon.

Tuttavia, a partire dal 2003, Foyt ha visto di rado il podio e la victory lane, che manca da Long Beach 2013 con Takuma Sato. La stagione 2022 è stata certamente la più difficile nella storia recente del team. Kyle Kirkwood, da esordiente è stato tanto veloce quanto incostante e incline all’errore. Dalton Kellett, ha lasciato il team senza aver mai raccolto prestazioni di rilievo. Infine, Tatiana Calderón e JR Hildebrand sono rimasti senza sedile a seguito dei mancati pagamenti da parte dello sponsor ROKIT. Cosa spinge un uomo come Foyt a continuare vista una situazione così difficile?

Mai dare per finito Super Tex

Chi conosce A.J. Foyt sa che è come avere a che fare con un “American Superhero” uscito direttamente da un fumetto degli anni ’50, e il suo nome sarebbe “Super Tex”, degno da far invidia a Superman. L’uomo e pilota è sopravvissuto ad incidenti potenzialmente mortali nel 1966 a Riverside, nel 1982 in Michigan e nel 1990 ad Elkhart Lake. Si è fratturato la schiena, ha quasi perso un braccio, si è completamente sbriciolato le gambe. In tutti e tre i casi, è tornato in macchina più forte di prima, portando a casa prestazioni strabilianti e stabilendo record di velocità che ancora oggi resistono. Foyt nella vita di tutti i giorni è stato aggredito da leoni, mocassini acquatici, formiche rosse e api africane assassine. Si è vendicato con queste ultime dando loro fuoco.

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A.J. Foyt in posa per i fotografi prima della Indy 500 del 1989 nell’iconico paintscheme Copenhagen, marca di tabacco da masticare. Oltre ad essere proprietario del team, Foyt partecipò per 35 edizioni consecutive della 500 miglia di Indianapolis, dal 1958 al 1992 (photo source: indycar.com/Photographer unknown)

Come se non bastasse, è sopravvissuto ad un annegamento mentre lavorava nel suo ranch col bulldozer e ad un infarto con triplo by-pass coronarico dopo aver guidato per 30 chilometri verso l’ospedale. In pista ha gareggiato con un’auto a motore anteriore contro una griglia di vetture a motore posteriore arrivando secondo. A Indy è sceso due volte dalla vettura in gara per ripararla da solo e cercare di ripartire. Foyt, fresco uomo di 88 anni, oggi appare più in salute e tosto che mai. Dopo tutto questo, per l’indistruttibile Super Tex, l’ultimo eroe d’America che correva con i guanti da golf rossi, ritornare competitivi è una difficoltà relativa.

Le novità in arrivo per il 2023 per Foyt

Lo schieramento di piloti per la stagione si è già delineato. Santino Ferrucci avrà un sedile da titolare sulla n.14, affiancato da Benjamin Pedersen, già in Indy NXT.

Cannon
Michael Cannon, al centro dell’immagine, a colloquio e già operativo per conto di A.J. Foyt Enterprises come capo-ingegnere del team a partire dalla stagione 2023. (Photo source: Indycar.com/Photographer unknown)

Ma i cambiamenti nel team di Foyt avvengono anche dietro le quinte. Recentemente, è stata annunciata l’assunzione di Michael Cannon come capo-ingegnere. Cannon, nativo di Montréal è uno degli ingegneri più stimati nel panorama NTT Indycar Series. Attivo nell’ambiente dagli anni ’80, ha lavorato per anni con Forsythe Racing, Dale Coyne Racing, Andretti Autosport, Ed Carpenter Racing e Chip Ganassi Racing. I nomi con cui ha lavorato sono numerosissimi, da Patrick Carpentier, Paul Tracy, Alex Palou a Scott Dixon. Proprio con quest’ultimo ha conquistato il titolo NTT Indycar Series nel 2020 da suo ingegnere di pista. Cannon ha dichiarato quanto segue:

"È un'opportunità per fare qualcosa che mi interessa. So che Larry Foyt sta lavorando sodo per far progredire il team. Ho visto questa opportunità sia per aiutare lui che Santino e Benjamin, che esordirà. Voglio vedere se posso fare la differenza qui."
Michael Cannon

Dal punto di vista della gestione del team, è stato assunto Craig Brooks, direttore tecnico con esperienze nelle categorie propedeutiche Indy Pro 2000 e Indy NXT. Chris “Beaker” Sheffer è stato assunto per gestire lo shop di Indianapolis dove preparare le vetture. Come ingegnere di macchina per Benjamin Pedersen, il compito è assegnato a Daniele Cucchiaroni. Già attivo nella struttura di Foyt da diverse stagioni, lo scorso anno era ingegnere di Tatiana Calderón e JR Hildebrand. In aggiunta, Roberto Garcìa affiancherà Santino Ferrucci con Cannon e si è deciso inoltre di assumere sei nuovi meccanici per la squadra.

Foyt e Pedersen, un richiamo ai giorni del Coyote

Pedersen
La livrea che l’esordiente Benjamin Pedersen userò nel 2023 (Photo source: Indycar.com/Photographer unknown)

Tra le novità di questa stagione, possiamo annoverare anche alcuni concetti di estetica. Benjamin Pedersen ha svelato ieri la livrea principale per il 2023 e il numero di gara. Pedersen ha deciso di utilizzare il numero 88 per quest’anno, in omaggio agli anni di A.J. Foyt. L’ulteriore tributo riguarda la livrea, completamente rossa. Per la squadra è un ritorno al passato a livello di livree, dato che il rosso fu il colore del team dal 1967 fino al 1985.

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A.J. Foyt alla Indy 500 del 1984, nell’iconico paintscheme rosso Gilmore/Foyt usato dal 1967 al 1985, prima del passaggio al nero e rosso del tabacco Copenhagen (Photo source: russthompsonracing.com/Russ Thompson)

Il team si tinse di nero e rosso con Copenhagen dal 1986 al 1996, produttrice di tabacco da masticare. Dal 1997 al 2004, si passò al bianco e verde scuro (a volte blu) con la Conseco, una compagnia assicurativa. Dal 2002, Larry Foyt portò la catena di hotel e casinò di Las Vegas Harrah’s sulle sue vetture, tingendole di viola e giallo. Vi fu un lungo sodalizio in bianco, rosso e blu grazie allo sponsor ABC Supply dal 2005 al 2019. Tra i piloti più importanti di questo periodo possiamo ricordare Vitor Meira, Tony Kanaan e Takuma Sato. Sato fu l’ultimo pilota, fino ad oggi, a regalare una vittoria a Foyt, a Long Beach nel 2013.

Dal 2020 al 2021, la n.14 di Bourdais tornò in nero e rosso, ma senza sponsor, a differenza di Dalton Kellett che corse con una vettura bianca e turchese sponsorizzata da K-Line Insulators. Nel 2022, vi è stata l’esperienza sventurata con ROKIT Phones che lasciò a metà stagione in favore di Sexton Properties.

Rinnovamenti con benefici a lungo termine?

Tutti questi cambiamenti interni alla squadra sono importanti per ridare linfa ad un team in difficoltà tecnica da troppo tempo. Oltre a ciò, l’assunzione di due giovani leve dello sport è un valore aggiunto, augurandosi che vi sia anche un apporto economico importante in termini di sponsor.

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A.J. Foyt nel 2015 all’Indianapolis Motor Speedway (Photo Source: Autoweek.com/Photographer unknown)

La domanda che gli appassionati si fanno su questo argomento è questa. Riuscirà ancora una volta A.J. Foyt e la sua struttura ad uscire dalle difficoltà sportive, economiche e di organizzazione del team? Forse è più probabile dare una risposta concreta sul lungo termine per capire i benefici di queste scelte. Mancano sei settimane per scoprire la verità sulla stagione 2023. Si vedrà se il futuro regalerà grandi cose ad un uomo e una squadra che, nonostante le intemperie, mantengono la medesima determinazione e sono ancora lì a dare battaglia, alla stagione numero 59 della storia di A.J. Foyt Enterprises.

Simone Ghilardini

Milanese classe 1998, studente, musicista, pilota virtuale e articolista per Mult1Formula.

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