Se c’è un particolare che accomuna tutte le stagioni di Victor Martins, questo è certamente l’andirivieni di prestazioni nella prima metà di campionato. Un prospetto, quello del francese, dalle altisonanti aspettative e consacrato lo scorso anno dalla conquista del titolo di Formula 3.
Primato che il pilota della ART ha dovuto difendere con tenacia in una bolgia di talenti cristallini, molti dei quali come lui promossi nella categoria cadetta. Un trofeo che ha però dovuto difendere anche da sé stesso e da un’alternanza di prestazioni spesso difficile da motivare.
Gli anni della Formula 3
Sono da sempre una questione di alti e bassi, gli inizi di stagione di Victor Martins.
Ci scherza sopra la Federazione, ironizzando sui social il suo essere mediamente più basso degli avversari, ma gli alti e bassi di Martins non hanno nulla a che vedere con la statura.
La sua incostanza prestazionale è più una sorta di rollercoaster, tanto rapido nel raggiungere l’apice quanto veloce nel cambiare traiettoria e scendere in picchiata – giù, fino in fondo.
Fino alle barriere.
Una montagna russa (o francese) di cui Martins si è reso protagonista già nelle due stagioni di Formula 3. Inclusa quella che poi lo ha visto laurearsi campione.
Cinque podi, di cui due vittorie, intervallati da tante prestazioni incolore e la conquista rocambolesca del titolo col quarto posto di Monza. Una storia a lieto fine che non nasconde però i tanti demeriti del campione uscente, ora ad un passo dal sogno di una vita: la Formula 1.
Il debutto in Formula 2
I primi weekend della stagione d’esordio in Formula 2 sembrano ricalcare gli alti e bassi di un capitolo già scritto.
Promosso dal team francese al fianco del vicecampione Théo Pourchaire, Martins non subisce la maggior esperienza del compagno di squadra. Il connazionale è un avversario scomodo e reso ancor più ingombrante dalla condivisione del medesimo box. Archiviati i test prestagionali, alla vigilia del primo appuntamento in Bahrain, è chiaro a tutti che sia proprio Pourchaire l’uomo da battere per la conquista del titolo.
E Martins, fresco laureatosi campione di Formula 3, non ha alcuna scusante – eccetto il curriculum da rookie – per non tentare di mettere le ruote davanti alla ART numero cinque. Il francese della Alpine ha dalla sua la velocità, impreziosita da un talento tanto genuino da ammaliare persino i grandi della Formula 1.
Un derby tutto francese
Dall’ombra del compagno di squadra, Martins esce con tutto il furore del campione qual è già nel primo appuntamento stagionale. Secondo in qualifica al debutto, staccato di sette decimi dalla pole mostruosa di Pourchaire, il francese arriva terzo al traguardo della Sprint Race. È podio all’esordio, davanti al connazionale solo quinto. Un weekend in discesa, considerando la prima fila nella gara della domenica, che tradisce però le aspettative di un rookie in apparenza straripante. Il ritiro nella Feature Race con annesso trionfo del compagno di squadra delinea il primo andirivieni della stagione.
Dalle stelle alle stalle, un mantra che trova conferma nell’epilogo del weekend di Jeddah.
Tanta velocità che gli vale la prima pole stagionale e il secondo posto nella Sprint, poi miseramente sprecata contro le stesse barriere che lo avevano rilanciato nel confronto col compagno di squadra.
In Australia, il rollercoaster targato Victor Martins raggiunge il minimo storico. Un doppio errore in entrambe le gare lo rispedisce a casa con zero punti e tante posizioni perse nella classifica mondiale.
Il tamponamento di Hauger sul finire della Feature Race è forse l’esemplificazione perfetta del momento di Martins: tanto potenziale sprecato nella foga dell’inesperienza.
Un pilota che ha già dimostrato di saper stupire ma che troppo spesso manca del freddo cinismo del campione. Un ragazzo da tutto o niente, che negli errori di Melbourne ha dato sfoggio delle proprie capacità senza però riuscire a convertirle in punti.
Fra due settimane, in Azerbaijan, Martins avrà l’occasione di restituire agli avversari ciò che la foga gli ha tolto a Melbourne. Chi vincerà la sfida all’ombra del castello di Baku?