Il Gran Premio del Brasile ha chiuso un intenso triple-header nel continente americano e ha portato via con sé anche la sesta e ultima Sprint Race della campagna agonistica 2023. L’archiviazione dei weekend con questo format conduce a una naturale riflessione sugli stessi, cercando di tracciare un bilancio su quanto la riformulazione del formato introdotta quest’anno abbia effettivamente funzionato.
La Sprint Race nel 2023
Nel 2023 il numero di weekend che ha abbracciato il format della gara da 100km è duplicato. Sei sono stati infatti gli appuntamenti rispetto ai tre canonici delle passate edizioni (2021-2022): Azerbaijan, Austria, Belgio, Qatar, USA e Brasile sono state le tappe ad aver ospitato le mini-gare. La revisione del formato ha portato, come sappiamo, a una divisione più netta del weekend. Con il venerdì designato per le FP1 e le qualifiche per la gara di domenica, il sabato è stato interamente dedicato alle sessioni di Sprint Shootout e Sprint Race, disputate in sequenza.
Indubbiamente, ciò ha portato a un miglioramento. Le qualifiche tradizionali, infatti, non vengono più vanificate in nome della Sprint, il cui esito è diventato ininfluente sullo schieramento di partenza del Gran Premio. Ciononostante, i dubbi sulla validità del format rimangono, portando spesso fan e addetti ai lavori a interrogarsi sull’effettivo valore aggiunto che questa formulazione attribuisce ai weekend.
Migliorano i numeri, ma non gli umori
Sale l’audience nelle giornate di venerdì e sabato
L’obiettivo di Liberty Media nell’introdurre tale programmazione era quello di aumentare l’audience. E, numeri alla mano, una crescita c’è stata: sia le qualifiche Shootout che la mini gara hanno portato a un incremento percentuale di pubblico significativo rispetto alle tradizionali sessioni di prove libere. Un esempio? In Austria, le qualifiche del venerdì e le Shootout del sabato hanno fatto registrare un aumento dell’audience rispettivamente del 69% e del 40% rispetto ai tradizionali turni di libere.
Per l’azienda che ha “a cuore” la popolarità e soprattutto gli incassi del brand è chiaro che il formato Sprint rappresenta un successo, escludendo a priori la possibilità di una sua eliminazione.
Un feedback che necessita di essere ascoltato
I numeri però non dicono tutto. Va da sé, infatti, che all’aumentare delle azioni in pista, gli spettatori si ritrovino ad accendere il televisore per guadare la sessione: che il formato piaccia o no, nessun appassionato salterebbe una parte integrante del weekend per mere questioni di principio. Si può quasi dire che l’incremento di ascolti sia inflazionato, in un certo senso.
A storcere il naso però sono ancora in parecchi, a cominciare da colui che, di questa F1 attuale, incarna il volto. Max Verstappen non ha mai fatto mistero di non apprezzare particolarmente le Sprint, lamentandosene con nonchalance di fronte alle telecamere: “Perché dobbiamo provare a inventare qualcosa? Penso che il nostro prodotto funzioni al meglio se ci assicuriamo che le monoposto siano competitive e che rimangano tali per molto tempo.[…] L’obiettivo deve essere quello di avvicinare la performance delle squadre, è questo l’aspetto principale. […] E aggiungo che a me vincere una gara sprint non dà soddisfazione.”
La lettura offerta dal talento di Hasselt, per quanto brutale, non è però totalmente erronea. Oltre a farsi portavoce di una sostanziosa fetta di pubblico che condivide con il #1 il medesimo giudizio, l’osservazione fatta dal campione in carica porta con sé una serie di considerazioni che non possono essere ignorate.
Il cortocircuito della spettacolarizzazione
Più azione aumenta lo spettacolo: ma è davvero così?
L’aumento di pubblico vuole passare attraverso un incremento dello spettacolo: è questo in teoria il motivo per cui la F1 si è impegnata a portare avanti tali cambiamenti negli ultimi anni. Il problema però è che molto spesso le gare Sprint diventano tutto fuorché uno spettacolo entusiasmante.
Proprio l‘ultima mini-gara disputata a Interlagos ha fatto emergere le storture di un weekend così formulato. La gara del sabato, piuttosto che presentarsi come una lotta serrata a chi va più veloce, si è trasformata in simulazione per la gara di domenica, in cui i piloti si sono ritrovati a far gestione gomme sin dal giro 1, come ammesso candidamente da loro stessi.
Inoltre, i 100km sono spesso funzionali a raccogliere informazioni utili ai fini del GP, in termini di passo e degrado, dal momento che l’assenza di sessioni preparatorie costringe team e piloti a correre alla cieca. Per cui quello che si perde nelle prove libere viene in realtà traslato nella Sprint Race, al punto che in molti scelgono con criterio di sacrificare completamente il sabato per preparare al meglio la domenica. Vedasi il caso di Leclerc, che ha preferito salvaguardare un set di gomme rosse e partire dietro per avere una domenica più solida. Che valore può avere una gara che si sceglie volontariamente di sabotare?
I problemi intrinsechi del format
L’impressione generale che ne deriva è quella di una gara che si corra “tanto per”. Anche perché una gara effettiva non é: la vittoria ottenuta non va agli atti e, più in generale, il bottino di punti in palio è troppo esiguo, risultando in un incentivo insufficiente a spingere di più.
In un calendario così saturo poi, e nel contesto di un campionato dall’esito scontato, la gara Sprint entusiasma ancora meno dal momento che trasforma la domenica in una replica di quello che si è visto il sabato, come Verstappen non ha mancato di sottolineare. “Le Sprint portano via la magia della domenica mattina” afferma Max, e in una certa misura è vero. Chiaro, nell’ottica di una lotta mondiale serrata, probabilmente nessuno avrebbe tanto da ridire sulle gare Sprint. Anche perché l’attenzione verrebbe catalizzata da altro. Ma in F1 i domini non sono cosa nuova, né tantomeno sporadica. A lungo andare ciò potrebbe innescare un vero e proprio cortocircuito, rischiando di stufare sia gli appassionati nuovi che quelli di vecchia data. Qualche segnale di flessione, del resto, è già stato riscontrato.
Per non parlare poi delle magagne tecniche riscontrate nel preparare le monoposto in solo 60 minuti. Austin ne è stato un chiaro esempio: Haas e Aston Martin scelsero di infrangere il parco chiuso, e quindi partire dalla pit lane, per modificare gli assetti scelti male al venerdì. La squalifica ai danni di Hamilton e Leclerc causa usura del fondo per via di altezze da terra troppo aggressive è figlia del medesimo meccanismo.
Migliorie da apportare
Per questi e altri motivi, FIA e F1 sono a lavoro su diverse proposte che possano migliorare la qualità del format, rendendolo più convincente. Tra queste, la possibilità di disputare le Shootout al venerdì, seguite poi dalla Sprint Race il sabato mattina. Le qualifiche tradizionali tornerebbero al sabato pomeriggio dando la possibilità di riaprire il parco chiuso.
A tal proposito, un cambiamento relativo alle regole del Parc Fermé appare come un requisito minimo. Questo darebbe ai team la possibilità di intervenire sulle monoposto, rendendo più imprevedibili le gare della domenica rispetto a quanto si è visto il sabato. Inoltre, sarebbe fondamentale aumentare i punti in palio, e perché no, trasformare in vittorie effettive anche quelle delle gare veloci. Ciò conferirebbe loro maggior valore, con un peso effettivo all’interno del campionato. Qualcosa che vale la pena disputare, insomma. Qualche accorgimento inoltre, potrebbe essere fatto anche in merito ai set di gomme a disposizione, per dare ai team dei margini di manovra più ampi.
Nel frattempo, non ci resta che dare appuntamento alla Sprint per il prossimo anno quando, salvo stravolgimenti, avremmo nuovamente sei weekend dedicati, ma con modifiche che al momento sono ancora da ufficializzare.