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Cara FIA, quanto ti vuoi spingere oltre?

Tra i tanti “penso che sia giusto correre qua”, accompagnati da paragoni con la vecchia F1 che si prendeva più rischi (ma che sì, faceva anche più morti), il sabato delle qualifiche nel circuito di Jeddah ci ha sbattuto davanti ad un’immagine raccapricciante: quella di un pilota incastrato tra le macerie della sua auto.

La figura di Mick Schumacher fermo, come un piccolo manichino colorato in mezzo a quello che rimaneva della sua monoposto, fa gelare il sangue nelle vene. E tutto il paddock, in quel momento, ha avuto il fiato sospeso.

Nessun team radio, nessun cenno. Parte la Medical Car e solo qualche minuto dopo arrivano le prime informazioni: sta bene, è cosciente, parla. C’è chi tira un sospiro di sollievo e torna a lavorare, chi informa mamma Corinna e le stampe, chi analizza l’incidente in dettaglio: anche l’halo ha salvato la vita di Mick, proteggendolo da un pneumatico della sua macchina.

Qualcuno, più devoto, continua a parlare di preghiere, gli atei mormorano la fortuna. Alzano lo sguardo al cielo, sconvolti, con gli occhi pieni di paura davanti all’impotenza umana. Si dimenticano così facilmente che l’asfalto, di solito, non fa sconti a nessuno. Perché ciò che oggi ha risparmiato Schumacher è stato pagato negli anni prima da piloti (sì, quanto quelli di una volta), ragazzi (sì, come tutti).

Ma cara FIA: quanto ancora di vuoi spingere oltre?

Lascio che siano gli altri ad elogiare il progresso, fare paragoni, stilare gli ultimi dati per definire questo orribile quadro, un’oscena fotografia che ci si poteva evitare. Il rischio coesiste con il motorsport; altrimenti non ci sarebbe bravura, non ci sarebbe alcun brivido. Ma quante volte le curve hanno inghiottito vite? E quante volte era davvero necessario?

Di fronte a certe tragedie avevamo detto “mai più“, ma, davanti ai soldi, le vite di questi piloti vengono ancora messe in secondo piano. E così la F1 ha scelto di (continuare a) correre a Jeddah, nonostante il rischio di un attentato terroristico e l’incerta sicurezza del circuito, veloce come Monza, ma stretto come Monaco.

Giulia De Ieso

Studentessa al quinto anno di liceo classico, scrivo e parlo di motori che siano a due o a quattro ruote.

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