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Dall’Indy 500 alla F1: L’era dell’incrocio tra due mondi delle corse automobilistiche

Non molti sanno che la 500 miglia di Indianapolis, la prestigiosa manifestazione automobilistica americana, ha avuto un passato interessante come parte del mondo della Formula 1. Negli anni compresi tra il 1950 e il 1960, l’Indy 500 ha assegnato punti per il Campionato di F1, un periodo che ha visto l’incrocio di due delle discipline motoristiche più importanti al mondo.

La decisione di includere l’Indy 500 nel calendario di Formula 1 è stata presa nella stagione del 1950, che segnava il quarto anno del controllo della Federazione Internazionale dell’Automobile (FIA) sul campionato. L’idea alla base era semplice: l’Indy 500 era considerato un evento di grande rilevanza, degno di essere un Gran Premio. La FIA ha quindi deciso di rendere la gara parte integrante della stagione di Formula 1 fino al 1960, cercando così di unire i fan prevalentemente europei con quelli americani.

Cosa è andato storto

Tuttavia, l’esperienza dell’Indy 500 come parte del Campionato del Mondo di F1 non è stata un successo travolgente. L’Indianapolis Motor Speedway si trovava a distanza considerevole dall’Europa continentale, rendendo difficile per i team e i piloti europei partecipare regolarmente all’evento. Inoltre, le vetture utilizzate nell’Indy 500 erano molto diverse da quelle impiegate nella Formula 1.

Jack Brabham nel 1962 al GP di Nürburgring (Photo by Heinz-Juergen Goettert/picture alliance via Getty Images)

Le regole e i regolamenti delle due serie erano completamente diversi così come i formati di punteggio adottati. Provare a far competere una vettura di Formula 1 in un circuito popolato da 32 Dallara, le vetture dell’Indy, oggi sarebbe altrettanto problematico di quanto lo fosse negli anni ’50. Le differenze tra le due serie erano notevoli.

Durante gli 11 anni in cui l’Indy 500 faceva parte del calendario di Formula 1, pochi piloti e team si sono impegnati attivamente a partecipare all’evento. Nel 1952, ad esempio, Alberto Ascari si unì agli sforzi della squadra Ferrari per l’Indy 500. Ma la sua partecipazione non ebbe molto successo. Solo una delle quattro vetture inviate dalla scuderia di Maranello riuscì a qualificarsi per la gara. Ascari stesso fu costretto al ritiro a causa di un problema tecnico. Similmente, nel 1958, il leggendario Juan Manuel Fangio non riuscì a qualificarsi per l’Indy 500.

Ma l’interesse dei piloti F1 crebbe col tempo

Curiosamente molti piloti di F1 svilupparono un improvviso interesse per la gara americana dopo la dipartita della competizione dal calendario di Formula 1. Nel 1963, Colin Chapman e il suo Team Lotus decisero di partecipare all’Indy 500, attirati principalmente dai premi finanziari significativi in palio. L’arrivo di Chapman e del suo team con una vettura a motore centrale leggera segnò una svolta nella storia dell’Indy 500.

Nel primo anno di partecipazione di Chapman, con il celebre pilota Jim Clark al volante, il Team Lotus si classificò secondo, dimostrando il potenziale delle vetture di F1 in una competizione tradizionalmente dominata da vetture con motore anteriore. L’anno successivo, Clark si qualificò in pole position e nel 1965 dominò l’Indy 500 con una vittoria schiacciante. Nel 1966, fu il pilota di Formula 1 Graham Hill a conquistare la vittoria a Indianapolis al volante di una Lotus-Ford a motore centrale.

Il Team Lotus, con le sue innovative vetture a motore centrale, cambiò radicalmente il panorama dell’Indy 500. Entro la fine degli anni ’60, le pesanti vetture tradizionali con motore anteriore scomparvero completamente dalla gara, sostituite da vetture più sofisticate e simili alle F1 per rimanere competitive.

Un po’ di numeri

La partecipazione della Formula 1 all’Indy 500 ci ha lasciato un’eredità di statistiche curiose. Durante gli anni di partecipazione, gli Stati Uniti hanno schierato 158 piloti di Formula 1, secondi solo al Regno Unito con 164.

Inoltre, la vittoria di Johnnie Parsons del 1950 gli ha permesso di ottenere il sesto posto in campionato, nonostante non avesse mai gareggiato in Europa. Al contrario, molti campioni di Formula 1 sono riusciti a conquistare il titolo nonostante non abbiano mai partecipato all’Indy 500, che era solo uno degli eventi presenti nel calendario di gara di quegli anni.

Purtroppo, molti statistici di Formula 1 tendono a sottovalutare l’era dell’incrocio tra F1 e Indy 500, ma è un peccato. Quel periodo rappresentò un momento in cui la Formula 1 cercava di definire se stessa come un campionato automobilistico di rilievo mondiale.


Alla fine, la Formula 1 sviluppò un’identità unica, in netto contrasto con le corse di vetture scoperte americane, e influenzò anche l’evoluzione delle corse a ruote scoperte negli Stati Uniti. È improbabile che si ripeta un evento simile nel motorsport moderno, rendendo quegli anni un capitolo affascinante nella storia delle corse automobilistiche.

Imma Aurino

Classe '97, la passione per i motori mi accompagna fin da bambina grazie a mio padre. Studio comunicazione a Torino dopo tante scelte sbagliate, ma almeno questa sembra essere quella giusta.

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