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Discriminazione in F1: due pesi, due misure

Ci sono notizie che fanno parlare per ore, se non addirittura giorni, che fanno mobilitare tutti. Altre, invece, passano in secondo piano, sono considerate meno rilevanti. Forse dipende dal soggetto in questione, dalla notizia in sé. Forse devi chiamarti Lewis Hamilton o essere del calibro di Charles Leclerc, oppure devi chiamarti Marko Helmut (purtroppo certezza in dichiarazioni controverse). Le discriminazioni, però, dovrebbero essere denunciate in egual modo, indipendentemente da vittima, discriminatore e tema. Dovrebbero, perché ciò non avviene.

Lance Stroll definito autistico: e se fosse successo a qualcun altro?

Mentre tutti si sdegnavano per quanto successo in Austria da parte di alcuni tifosi, un altro episodio è passato in secondo piano: il commentatore del canale RTBF Sport, Lionel Froissart, durante la telecronaca del Gran premio d’Austria ha definito Lance Stroll autistico.

Lance Stroll non ha molta popolarità, questo è vero. Perciò viene da chiedersi: e se fosse successo a qualcun altro?

Pensiamo anche solo all’evento recente di Nelson Piquet, a come la F1, i piloti e tutto il movimento del Motorsport, oltre che al web, si siano espressi contro la discriminazione. Mettiamolo a confronto con la discussione in merito alle parole del telecronista verso Stroll. Uguale trattamento? Assolutamente no. Mentre in un caso la denuncia è stata collettiva, nel secondo si è mobilitato il web senza però raggiungere la risonanza anche mediatica del caso precedente. Anche l’ente F1 ha agito in due modi differenti: nel primo ha diffuso un comunicato, presa di posizione pubblica, nel secondo ha eliminato da F1TV il commento in lingua francese dal gp d’Austria (ricordiamo comunque che l’emittente televisiva ha sospeso il commentatore).

Autismo: problema sociale di serie B?

Si dice che spesso più che le parole valgono le azioni. Questa, però, è un’azione parziale. Una denuncia pubblica avrebbe creato maggior risonanza, avrebbe messo in rilievo un problema sociale: ancora oggi, infatti, milioni di persone vivono negazioni dei diritti, disattenzione, privazioni e invisibilità. È importante incrementare gli sforzi affinché l’inclusione sociale e, in generale, l’esercizio dei diritti fondamentali siano garantiti a tutti i membri della comunità senza alcuna forma di discriminazione e senza alcuna frapposizione di barriere al godimento di essi. Per questo è necessario continuare a sensibilizzare sui vari aspetti della disabilità, abbattendo i pregiudizi e promuovendo la cultura dell’inclusione e dell’appartenenza, fondata sulla dignità della persona.

L’autismo, ancora oggi, è una forma di disabilità fortemente discriminata, nonostante sia in forte crescita e ne sia aumentata la consapevolezza. Il 2 Aprile, per volere delle Nazioni Uniti, è la Giornata Mondiale della Consapevolezza sull’Autismo, istituita nel 2007 con l’obiettivo di far luce su questa disabilità, promuovendo la ricerca e il miglioramento dei servizi e contrastando la discriminazione e l’isolamento di cui ancora sono vittime le persone autistiche e i loro familiari.

L’ignoto, il diverso, spesso fa paura. Ecco perciò che dovrebbero aumentare l’educazione, l’insegnamento, il confronto su argomenti di natura sociale e non. Per questo le persone ed enti con grande seguito dovrebbero lanciare messaggi di inclusione, sensibilità.

Matt Bishop, durante l’intervista a noi concessa, si è espresso così a questo proposito: “Tutti gli sport offrono una piattaforma per parlare: puoi rivolgerti a tante persone avendo una grande influenza. E se puoi farlo ed hai qualcosa di buono da dire, come Sebastian, dovresti dirlo. Questa è un’altra ragione per cui è importante che le star dello sport, come i piloti di Formula Uno, parlino: hanno il dovere di fare la cosa giusta per la loro fanbase. Dunque penso che ciò sia realmente positivo.

Discriminazioni nel paddock, anche tra colleghi

Aston Martin, Pride
Fonte: astonmartinf1.com

Se le condanne sono rivolte a esterni, questa triste storia arriva dall’interno di un box di F1. Con così tante gare in calendario, i colleghi diventano famiglia. E quando è la famiglia o qualcuno di caro a ferire fa ancora più male. Questo è accaduto a Aidan Louw, ingegnere di Aston Martin, vittima di abusi a sfondo razziale e omofobo.

Nell’intervista realizzata con Sky News in cui denuncia ciò che ha subito, a colpire sono, sì, gli insulti che gli sono stati rivolti, ma anche questa frase: “Prima ancora di entrare nel mio ambiente di lavoro, mi è stato detto ‘guarda, se hai un problema con il modo in cui parliamo qui, noi parliamo così’.” Questo mostra quanto sia indispensabile educare all’inclusione, quanto sia fondamentale unirsi per abbattere e sconfiggere qualunque tipo di discriminazione.

Non può essere tollerato un comportamento volto a “cercare di abbattere me come uomo, come individuo e umano.”

Sono tematiche che coinvolgono, sì, il singolo individuo, ma riguardano tutti. Perciò bisogna conoscere, essere educati all’inclusione, e agire. Ogni discriminazione viola i diritti dell’uomo, nessuna esclusa. Lo sport, il mondo ha ancora una lunga strada da fare, lo viviamo ogni giorno.

We race as one, we live as one.

Anna Botton

Appassionata di comunicazione e di ogni forma d'arte (sport incluso). Le emozioni sono il mio pane quotidiano. Autodromo, stadi e palazzetti sono la mia seconda casa. Il sogno? Entrarvi con un pass al collo.

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