Il 15 settembre la Formula 1 sbarcherà a Baku, in Azerbaijan. Un circuito spettacolare, ma non senza controversie.
Un’elevata posta in gioco Formula 1 Azerbaijan
Il diciassettesimo round del campionato di Formula 1 2024 si svolgerà a Baku, in Azerbaijan, nel circuito cittadino noto per la sua imprevedibilità e per i colpi di scena che dal 2016 regala ai suoi spettatori. Quest’anno non sarà da meno: la posta in gioco fra i vari costruttori è alta, ogni punto è ormai vitale, e sono tanti i piloti ad essere affamati di vittoria. Nulla è da dare per scontato, e il mondiale è ancora tutto da disputare fra i tre principali contendenti: Red Bull, McLaren e Ferrari. Tuttavia, rimane il fatto che il circuito di Baku sia ogni anno al centro di un polveroso occhio del ciclone. Insomma, non è tutto oro quel che luccica.
We Race As One: l’iniziativa sociale di Liberty Media
“We Race As One”: così recitava lo slogan impiegato da Liberty Media alla Formula 1 dal 2020. Un inno all’inclusività, alle pari opportunità e al sostenimento dei diritti umani, promosso in prima persona dall’attivista e sette volte campione del mondo Lewis Hamilton. Questo progetto è stato ideato con l’obiettivo di sensibilizzare il grande pubblico e mettere in luce temi sociali importanti. Un’iniziativa promettente senz’altro, se non fosse che le prime contraddizioni si trovino proprio nel calendario delle gare del campionato stesso, in bella vista. È possibile supportare i diritti umani e, allo stesso tempo, organizzare gare in paesi dai regimi autoritari i quali continuano ripetutamente a violare gli stessi?
Il conflitto armeno-azero
La situazione politica tra Azerbaijan e Armenia è tesa dall’inizio del ‘900, quando entrambe rivendicarono la regione del Nagorno-Karabakh. Il Karabakh, infatti, ha un’elevatissima percentuale di popolazione armena; nel 1921, però, Stalin consegnò la regione all’Azerbaijan. Tuttavia, in seguito al crollo dell’Unione Sovietica, la popolazione armena nel Nagorno-Karabakh rivendicò l’indipendenza dall’Azerbaijan. Così, prese forma la Repubblica dell’Artsakh, non riconosciuta dal governo azero, che dal 1993 vede a capo la famiglia Aliyev.
Dopo un attacco iniziale dell’Azerbaijan al Karabakh nel 2020, mediato in seguito dalla Russia, il 19 settembre 2023 il regime di Aliyev riuscì ad ottenere la resa della Repubblica armena. Migliaia di armeni nella regione furono costretti a fuggire dalla zona, facendo così realizzare il progetto di polizia etnica del Nagorno-Karabakh messa in atto dal governo azero. Non a caso, il presidente dell’Azerbaijan Ilham Aliyev si mette sempre in mostra in occasione del gran premio. Un tentativo sfacciato di nascondere l’oppressione del popolo armeno da lui architettata.
Lo sportwashing degli Aliyev Formula 1 Azerbaijan
In questo modo, il regime azero fa buon uso dello “sportwashing”. La Formula 1 viene utilizzata per attirare le luci dei riflettori, e così mettere in ombra l’oppressione e l’abuso del popolo armeno nel territorio. Il regime di Aliyev è infatti molto attento alla sua reputazione all’estero, specialmente in Occidente, e non vuole essere associato alla violazione dei diritti umani. Il gran premio dell’Azerbaijan viene strumentalizzato e usato come capro espiatorio. Così, ogni anno, celebrità, figure politiche e appassionati di motorsport vengono attirati a Baku. L’intento è godersi lo spettacolo offerto da uno dei più noti circuiti cittadini nel calendario. Nel frattempo, però, le prigioni azere pullulano di dissidenti politici e prigionieri armeni.
Le controversie di Liberty Media
Baku è un circuito mozzafiato, e uno dei circuiti cittadini più noti. Liberty Media ogni anno offre uno spettacolo senza eguali, mettendo 20 monoposto a superare i 300km/h tra le strade del centro cittadino, racchiuse da monumenti ed edifici centenari. Nel frattempo, ripulisce la sua immagine tramite iniziative sociali, tra le quali è inclusa anche la F1 Academy. Ma come mai, per Liberty Media, una causa vale più di un’altra?
In occasione dell’invasione russa dell’Ucraina nel 2022, è stata presa la scelta di eliminare il gran premio di Sochi dal calendario per quell’anno e per i successivi; inoltre, il pilota russo Nikita Mazepin è stato rilasciato dal suo contratto con la Haas, insieme allo sponsor Uralkali. Perché, per il motorsport, un’oppressione è più grave di un’altra? “We Race As One”, appunto, recitava lo slogan. Ma, come scrisse Orwell: “Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri”.