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Non ci sono più Campioni

Di Chiara Vulduraro

 I Domini in Formula 1

Date una macchina a questo pilota e vi dimostrerà quanto vale”.
Quante volte avete sentito questa frase? Quante volte siete stati voi stessi a dirlo? Ma soprattutto: a quali e quanti piloti vi stavate riferendo?

Nella Formula 1 degli ultimi anni è un concetto sempre più frequente, qualcosa che si ripete spesso, anche troppo: uno è in testa, lontano e irraggiungibile. Un secondo ha qualche possibilità di sfidarlo o di tenergli testa. Gli altri lottano per un gradino sul podio, forse.
Attualmente il re inarrivabile del pinnacolo del motorsport è Lewis Hamilton, che in soli 13 anni di carriera, ha vinto ben 6 – quasi 7 – campionati del mondo: il primo nel 2008 con McLaren, i successivi dal 2013 con Mercedes.
Prima di lui Sebastian Vettel aveva dominato, conquistando ben 4 titoli iridati consecutivi con Red Bull, per poi approdare in Ferrari e, nonostante le numerose vittorie in rosso, non ottenere più altri titoli.

I Domini nella Storia

Per analizzare bene la situazione domini, è bene fare un ripasso storico.
Se consideriamo dominio la conquista di tre o più vittorie consecutive nel campionato costruttori da parte di una scuderia, troveremo per prima la Ferraritra il 1975 e il 1977. Dopo una rapida alternanza tra il cavallino e il team inglese fondato da Sir. Frank Williams, arriva McLaren, che dopo già due campionati vinti, domina la Formula 1 tra 1988 e il 1991. Dopo il suo memorabile decennio buio la Ferrari torna a dominare nel 1999 con Michael Schumacher e il resto è storia: Maranello ottiene l’attuale record di 6 mondiali costruttori vinti consecutivamente, attualmente raggiunto da Mercedes, che quest’anno sembra prossima a batterlo definitivamente, trovandosi in testa al campionato.
Nella nostra storia gioca un ruolo importante anche Red Bull, che grazie all’alleanza con Sebastian Vettel ottiene tra il 2010 e il 2013 quattro titoli, immediatamente prima dell’assoluto dominio Mercedes.

Sviluppo e distacco tecnologico: Top Team e “gli altri”

Il dominio da parte di una scuderia in Formula 1 ha – come tutto – dei pro e dei contro.
Certamente il team in testa al campionato ha la possibilità di mostrare molto più degli altri le proprie capacità. Chi è irraggiungibile lo è quasi senza dubbio per merito. Lo vediamo tutt’ora: attualmente le W11 di Lewis Hamilton e Valtteri Bottas fanno impallidire le altre monoposto in griglia, tanto da essere state limitate nell’esercizio di alcune funzioni, come la party mode, mappatura speciale per qualifiche e giro veloce.
Chi domina è destinato a marcare record che prima sembravano inarrivabili, esattamente come lo sembravano a chi li ha segnati in precedenza. A ben rifletterci è un processo piuttosto naturale, in uno sport basato sullo sviluppo tecnologico e il continuo superamento dei limiti.

Si innestano a questo punto due circoli, uno virtuoso e uno vizioso.
Dato lo sviluppo tecnologico e tutti i costi che ne conseguono, è noto che la Formula 1 sia uno degli sport più costosi al mondo. Ma anche il compenso è ben lauto. Partecipare con un team a un campionato di Formula 1 richiede una notevole somma di denaro. Non solo per i piloti, i cui stipendi variano dagli 0,2 milioni di Russell ai 45 milioni di Hamilton, ma anche e soprattutto per la progettazione, la realizzazione e le varie riparazioni delle monoposto, i trasporti, tutto il personale e molte altre spese.

Tuttavia più un team va meglio e più – come è giusto che sia – aumenta il premio finale in denaro, che generalmente viene speso per le stagioni successive.
Da qui nasce la divisione in Top Team e Team “minori”. I top team hanno monoposto più sofisticate, proprio per la possibilità economica che hanno di sviluppare: con il giusto slancio sono infatti in grado di arrivare molto lontano. Caso isolato è quello della Ferrari: nonostante negli ultimi anni non abbia brillato molto, il team di Maranello riceve una cospicua somma in denaro esclusivamente per la propria presenza. Molti su questo argomento inneggiano al favoritismo, ma la verità è che si tratta di un fatto meramente economico. Il Cavallino Rampante può vantarsi di qualcosa di imbattibile, a differenza della macchina di quest’anno: i propri Tifosi. Una buona metà degli appassionati di Formula 1 è infatti tifosa della Rossa, una buona fetta dell’altra metà simpatizza per lei. Oltre ad essere il team più vincente è anche quello presente dalla nascita della categoria. Se la Ferrari dovesse uscire dalla competizione sarebbe infatti un grave colpo per il marketing e per l’economia della Formula 1, che forse – fatti i dovuti calcoli – non potrebbe permetterselo.

Gli altri Top Team sono quelli che iniziano ad archiviare più vittorie e quindi hanno le possibilità economiche per sviluppare le proprie macchine. La proporzione è semplice, diretta: più vittorie, più denaro, più sviluppo. E di conseguenza ancora più vittorie.

Ma affinché qualcuno vinca, qualcun altro deve perdere. I team in griglia sono 10, i Top Team, in questi anni, 3: Mercedes, Red Bull e Ferrari (quest’ultima per i motivi di cui sopra). Abbiamo visto come escludendone una dall’equazione, per esempio Ferrari quest’anno, arrivino podi e vittorie di team inaspettati, quelli cosiddetti di metà griglia: AlphaTauri, McLaren, Racing Point, Renault. Team che, non vincendo spesso – almeno non negli ultimi anni – hanno meno disponibilità economica. Per ovviare a questo problema, il regolamento 2022 introdurrà i cosiddetti Budget Cap, ovvero una somma massima di denaro utilizzabile da ogni team, in un tentativo di mettere in condizioni più alla pari le scuderie.

C’è chi invece accusa della differenza tra i risultati dei team e del conseguente dominio – o viceversa – le rigide imposizioni sulla tipologia dei motori. Ci troviamo, come è noto, in quella che viene chiamata era turbo-ibrida, ovvero l’omologazione per tutti i team di una Power Unit con elementi sia elettrici che a combustione. Un’era in cui ad essersi distinta nello sviluppo è stata senza dubbio Mercedes, nonostante, con risultati piuttosto altalenanti, sia stata degnamente minacciata almeno da Red Bull e Ferrari. Secondo alcuni questo tipo di motore avrebbe messo in difficoltà gli altri team, non in grado di stare al passo con una tecnologia che si adatta e favorisce solo il team tedesco. Dopo molti anni di tentativi, falliti da parte degli altri team, il nuovo regolamento del 2025, permetterà importanti modifiche al motore. Tali modifiche saranno comunque in avanti, verso il nuovo, non, come urlato a gran voce da molti nostalgici tifosi, un ritorno a motori come il V10, una marcia indietro impensabile, in una competizione dove si punta ad andare sempre e solo avanti.

Piloti e sognate vittorie

E in termini di vittorie umane? Cioè di quei campioni, che verranno ricordati per sempre come tali?
Ci sono piloti più bravi e meno bravi e ognuno ha le sue preferenze. Una grande certezza in questo sport è che molto del lavoro viene fatto dalla macchina. Non come prestazioni fisiche, mentali o capacità del pilota, ma proprio a livello di prestazioni che dipendono da vari fattori: potenza del motore, aerodinamica eccetera. Se abbiamo la premessa che i team dominanti siano pochi, allora sono di conseguenza pochi anche i piloti. Lewis Hamilton è appena riuscito, grazie al suo innato talento alla guida, a raggiungere il record assoluto nel numero di vittorie: 91, eguagliando Michael Schumacher. Il quale a sua volta aveva eguagliato e poi superato Ayrton Senna. Non si può negare che i piloti abbiano talento, ma senza un fido destriero, nessuno di questi sarebbe arrivato molto lontano. Diciamolo meglio: senza una macchina da mondiale, nessuno è in grado di vincere un mondiale.

Torniamo ai calcoli: tre Top Team, di cui uno che attualmente zoppica, poi un paio che accendono la scintilla di nuovi progetti, con vecchi campioni o nuovi colori, qualche vecchia gloria che mostra una buona risalita, ma in un futuro incerto. I sedili per permettere a un buon talento di tentare un mondiale diminuiscono sempre di più. A dominare è Lewis Hamilton, che non sembra intenzionato ad abbandonare il meritato trono sul primo gradino del podio.

Come se i sedili non fossero già pochi e i giovani promettenti già molti, fanno capolino tra i box di Formula 1 anche un discreto numero di piloti provenienti dalle categorie minori e che, come gli altri prima di loro, vogliono ad ogni costo raggiungere una vetta attualmente occupata e congelata.

Se quindi il dominio porta al grande sviluppo di una scuderia, a entusiasmanti vittorie, infiniti record, è anche vero che il campione resta solo uno, per quanto indubbiamente incredibile e talentuoso. Stessa cosa accadeva negli anni di Michael in Ferrari, di Sebastian in Red Bull. Il nome della pole, del giro veloce, della vittoria, è quasi sempre lo stesso. Fra gli altri c’è lotta, ma dal secondo posto in giù, perché il primo è già occupato. Ma un secondo posto non fa il campione.

Il comprensibile dubbio che attanaglia tutti i fan è quindi semplicemente quello di non vedere il pilota che si sostiene, non ottenere i risultati sperati, schiacciato tra vecchi e presenti campioni e quelli che invece sono pronti ad arrivare. La paura di non vederlo campione, perché di nuovi campioni in Formula 1, non se ne vedono da anni.

Chiara

Multiformula

Multiformula è un blog nato nel 2020 per condividere la nostra passione per il motorsport, dare spazio a quelle categorie come le Feeder Series di cui si parla ancora poco e soprattutto abbattere i pregiudizi che si incontrano in queste categorie.

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