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Le donne in F1

Al Gran Premio di Monza, la F1 e, in generale, il mondo FIA perdono dopo 43 anni di attività e 739 Gran Premi disputati, e circa un mese dopo aver venduto le quote di maggioranza della scuderia alla società d’investimento statunitense Dorilton Capital, un perno storico: la famiglia Williams, recentemente rappresentata da Claire Williams, team principal della scuderia Williams Racing.

L’addio di Claire non è una perdita solo per i motori in sé, ma lo è anche per tutte le femmine, siano donne o ragazze o bambine, che hanno visto in lei un esempio a cui ispirarsi per raggiungere la F1 ed un punto di riferimento per chi invece già appartiene a quel mondo.

Claire Williams, una grande donna in un mondo di uomini

Claire Williams

Non è facile essere donna in un mondo di uomini e motori, non è facile essere una team principal donna con un cognome così pesante. Ma la sua è stata “a different kind of life”, una vita diversa.

Claire Williams ha iniziato come addetta stampa proprio al circuito di Silverstone. Nel 2003 è entrata nella scuderia di famiglia, nonostante papà Frank le avesse suggerito di non farlo. “La perseveranza e la determinazione sono sempre state le mie armi migliori, mi sento sempre come se dovessi lavorare un po’ più duramente di chiunque altro, per dimostrare che mi merito la posizione che ho raggiunto”. Ha iniziato nella comunicazione, fino a entrare nel Cda nel 2012, come rappresentante della famiglia Williams, e poi al ruolo di team principal.

Nonostante la storia del team sia avvenuta sotto la guida di Frank Williams e Patrick Head, Claire ha comunque fatto la sua parte. Le ultime 2 stagioni sono state le peggiori dalla fondazione della scuderia, ma il suo sguardo verso il futuro, il carattere del team sono ciò che ha caratterizzato il suo lavoro: sopravvivenza, la parola d’ordine.

È sempre stata orgogliosa di suo padre, della sua guida e ha sempre voluto che le persone riconoscessero quanto lui avesse fatto per il motorsport. Per questo rimane sorpresa della gratitudine ricevuta, specialmente dal suo team, a cui però deve tutto.

In questo ruolo come detto in precedenza, non ha mai avuto vita facile (basti pensare a tutte le critiche che le hanno fatto quando è rimasta incinta, definendola “la causa della crisi della scuderia”).

“Ci sono così tanti cambiamenti fondamentali che devono avvenire all’interno della società. Soprattutto, per quanto riguarda il modo in cui ci rivolgiamo alle donne sul posto di lavoro, perché sono ancora molto indietro rispetto ai tempi“.

E adesso che Claire ha lasciato la Williams, tra quanto rivedremo una donna come leader di una scuderia di F1? Avere una donna come rappresentante è fondamentale per le ragazze e tutte le femmine che aspirano a quel ruolo.

Claire Williams è la prova che una donna può guidare un team di F1 e avere un ruolo importante in un mondo non pensato per le donne. Lei ha sempre sostenuto la campagna Dare To Be Different, ha portato la Williams ad avere una pilota femmina nel team (Jamie Chadwick)… sviluppo per il team.

Purtroppo dobbiamo andare in altre categorie del motorsport per vedere donne ricoprire il ruolo di Claire, in F1 resteremo con gli uomini ancora per un po’.

Sempre più spesso, però, vediamo lavorare e correre donne di talento che hanno coltivato la loro passione per i motori: da ingegneri donna, a giornaliste ad altri importanti ambiti. Scopriamone insieme alcune.

“La parola chiave è resilienza”: mai mollare, parola di Sara Cabitza

Sara Cabitza, 37 anni, ingegnera aerodinamica del team Renault, fa parte della squadra che progetta l’auto che poi sfreccia in gara sui circuiti di mezzo globo.

Sara da piccola costruiva insieme al papà piccoli aerei di legno. In quei momenti ha imparato a guardare al cielo e a non accontentarsi mai. Esercitazioni pratiche per costruire i sogni e trasformarli in realtà.
Poco più che bambina si ipnotizzava davanti alla Tv vedendo i gran premi. 
Laurea in ingegneria meccanica all’Università di Cagliari, fonda insieme ad altri colleghi, mentre studia, il primo team sardo di Formula Sae, competizione internazionale tra studenti di vari atenei che portano in pista auto da corsa da loro progettate. Poi nel 2009 parte per Londra. Ha lavorato per la Williams e per Gordon Murray, il leggendario progettista genio della Formula 1. Ha partecipato ad attività extracurricolari, ha cercato di crearsi da sola delle occasioni. Dopo il dottorato è stata assunta nella scuderia Force India, poi alla Renault.

«La federazione deve focalizzarsi su una questione più importante: incentivare l’occupazione femminile in Formula 1, perché la presenza delle donne nei settori scientifici e tecnologici in cui si costruiscono e programmano le monoposto non sia più un’eccezione» . Le donne come Sara sono entrate in un mondo che è ancora dominato e governato dagli uomini. Sono pioniere, apripista che si sono conquistate l’autorevolezza giorno dopo giorno. Con buona testardaggine e tanta determinazione.

Cosa occorre ad una donna in Formula 1?

La parola chiave è resilienza. Essere tenaci e credere in sè stesse, volerlo dimostrare. Ripetersi io ce la posso fare, io sono capace. Non bisogna cedere al pessimismo o al fatalismo. Davanti agli ostacoli bisogna reagire subito.

Il suo sogno?

Organizzare una conferenza in cui radunare tutte le donne che lavorano in Formula 1 per elaborare insieme strategie che possano incrementare sul serio la presenza femminile. Insieme le donne possono cambiare il mondo, Formula 1 compresa.

In F1 basta trovare equilibrio, come Lucia Conconi

Lucia Conconi, responsabile delle prestazioni della macchina per il team Alfa Romeo. Coordina un gruppo di 25 persone, il suo dipartimento si occupa di integrare e sviluppare i vari aspetti delle performance: lavorano molto sugli pneumatici, con gli aerodinamici, con gli ingegneri di pista e con i progettisti sviluppando modelli di calcolo». L’obiettivo è trovare la configurazione più efficace in ogni circuito, per una guida sensibile come quella di Kimi poi è fondamentale.

Da ragazza Lucia aveva la passione per automobili e aeroplani, sceglie ingegneria spaziale al Politecnico di Milano. Il primo impiego al Centro Sicurezza Italiano di Bollate, dove si fanno i crash test alle scocche delle F1. Poi vola in Germania, a Ingolstadt, all’Audi per occuparsi del campionato Dtm. E ancora un altro salto in avanti, con la Honda in F1 ma il gigante giapponese annuncia il ritiro appena lei firma. Dalla paura di perdere il posto all’euforia per il Mondiale, un 2009 indimenticabile: in un momento di grande incertezza uniti hanno raggiunto risultati eccezionali. Quando l’avventura della Brawn Gp si conclude, Lucia resta nella Motor Valley britannica, il cuore pulsante della F1, Enstone alla Renault prima di trasferirsi in Svizzera alla Sauber.

È una delle menti più svelte della F1 e quando parla di parità di genere va controcorrente: “Nel nostro team vedo tante donne in posizioni di vertice, tecniche e non. Hanno un bellissimo spirito di gruppo, qui si respira un senso di normalità non di eccezionalità per questa cosa. Ed è giusto così.

In F1 nascono belle amicizie, anche se operi sotto pressione. Basta trovare l’equilibrio, un po’ come quando si cerca il giusto set-up.

“Combattiamo gli stereotipi”: il pensiero di Kate Beavan e Ellie Norman

Kate Beavan, direttrice di F1 Hospitality and Experience e precedentemente avvocato nel team di Ecclestone, ed Ellie Norman, direttrice Marketing e comunicazione F1, vogliono combattere gli stereotipi riferiti alle donne in F1: ci sono, e c’è bisogno che tutti lo sappiano. Tra queste, Sasha Woodward-Hill a capo del settore legale, Chloe Targett-Adams che dirige tutta l’area della promozione commerciale della F1.

Stanno aumentando i programmi dedicati ai giovani volti allo studio di materie scientifiche proprio per incentivare alla carriera nei motori. Quello della F1 è un mondo in cui si è circondati da persone competenti in ogni settore, ti fa dare il meglio. È un mondo dinamico, e la donna può farne parte.

Bernadette Collins: “Importante focalizzarsi sulle ragazze”

In Racing Point, il ruolo di Senior Strategy Engineer è ricoperto da una donna, più precisamente da Bernadette Collins. Responsabile della pianificazione, esecuzione e analisi della strategia di gara, Bernadette è una donna che si è costruita da sola: ha colto ogni opportunità che le è stata offerta, ha lavorato in diversi ambiti e scuderie (prima di passare in Racing Point lavorava per McLaren) e ne ha tratto benefici e insegnamenti.

Generalmente l’ingegneria meccanica ha un basso numero di donne, non si raggiunge in nessuna scuderia un’equità uomo-donna. Però bisogna constatare che di anno in anno c’è un incremento e maggior interessamento delle ragazze all’ingegneria.

Ci sono pensieri contrastanti intorno al mondo della F1, molte persone non hanno idea della varietà di ruoli e lavori che esistono al suo interno. Per questo molti restano sorpresi quando una donna ricopre alcune funzioni importanti.

Anche lei non ha mai sentito il peso di essere donna. Certo, si vede di più in TV in quanto una delle poche donne al muretto, però il suo team la tratta alla pari degli uomini, sia per il suo ruolo che in sé come persona parte del team. Non ha mai provato sulla sua pelle ad essere considerata inferiore, per fortuna aggiungerei…

Le donne possono essere leader, basta credere in sè stesse… come Jennifer Plückhahn

Dopo aver intrapreso un avvio di carriera come apprendista in Shell, Jennifer nel 2016 è diventata “Shell F1 fuels coordinator”, ovvero analizzano i dati delle vetture in relazione al consumo di combustibili.

Il suo è un campo in cui c’è una forte presenza femminile, anzi si può dire che le donne siano più degli uomini.

Fin quando tutti hanno le stesse idee e amano il proprio lavoro, la differenza di genere non è rilevante, non ci pensi neanche, o almeno… questo è quello che accade in Shell.

Il suo è un lavoro a cui in genere le donne non sono interessate; solitamente ciò che attira di più l’attenzione è lo stile di vita. Gli uomini, invece, sono sempre stupiti, increduli.

La gente crede che le donne in sport come la F1 siano più adatte al marketing, media e hospitality. Lei invece è la prova che le donne possono essere anche leader nei settori tecnici. L’importante è credere in sé stesse e nelle proprie abilità, oltre ovviamente ad avere la passione per il motorsport.

Stephanie Travers, una rarità

Al Gran Premio di Stiria di questa stagione sul podio a ricevere il premio della scuderia Mercedes è salita una giovane donna che rappresenta una rarità per la F1. Perchè? Stephanie Travers, così si chiama, è un’ingegnere originaria dello Zimbabwe. Giovane, di colore, donna… in uno sport dominato da uomini bianchi. Rappresenta una minoranza anche all’interno della scuderia stessa, con solo il 3% della forza lavoro identificato come appartenente a gruppi etnici minoritari e solo il 12% dei dipendenti sono donne.

Nonostante ciò, come da lei detto, quello della F1 è un mondo competitivo che l’ha accolta, l’ha saputa formare e le consente di esprimere le sue idee.

Donne al volante in F1

Come stiamo notando, le donne stanno dimostrando sempre più tutto il loro valore: d’altronde diventa sempre più impensabile sostenere le vecchie divisioni di genere. Nella storia della F1, se le donne fuori dalla pista stanno aumentando, in pista hanno serie difficoltà. Sono davvero poche quelle che hanno gareggiato, ancora meno quelle che hanno finito almeno una gara.

Maria Teresa de Filippis: la prima donna al volante in F1
Maria Teresa de Filippis, prima donna ad aver gareggiato in F1

Maria Teresa de Filippis nel 1958 aveva tentato l’impresa di correre per un team nella massima serie, arrivando a qualificarsi in tre delle cinque gare da lei disputate, non riuscendo purtroppo a mettersi in mostra a causa della scarsa competitività dei suoi mezzi.

Quella era un’epoca in cui il privilegio di possedere un’auto era, indifferentemente per uomini e donne, limitato a coloro che disponevano di cospicui mezzi finanziari. Nessuna sorpresa, dunque, se le poche donne a correre allora in auto appartenessero alla buona borghesia, se non addirittura alla nobiltà. Maria Teresa, infatti, era figlia di un conte grande appassionato di automobilismo. Una donna alla partenza suscitava immediatamente interesse, curiosità. Le poche signore che osavano “opporsi al sesso forte” erano sempre, invariabilmente, appellate come “gentili”, “audaci”, “intrepide”, “ardimentose”. Spesso, sapevano difendersi “con molto onore” quasi che il coraggio e la capacità di guida fossero caratteristiche totalmente e necessariamente lontane dalla sfera delle competenze femminili.

Non esistendo allora gli sponsor, la De Filippis provvide personalmente ad acquistare una vettura, una Maserati 250 F. Maria Teresa era, allora, anche un eccezionale veicolo di pubblicità per la Maserati: una bella ragazza era di per sé un collaudato strumento di propaganda, figurarsi una campionessa del volante. Maria Teresa univa al fascino le proprie doti agonistiche e divenne subito motivo di grande richiamo.

Ha avuto carriera breve in F1. Nel 1959, dopo la morte di un suo caro amico, smise di correre.

Lella Lombardi, mezzo punto che è storia

Lella Lombardi, all’anagrafe Maria Grazia, è entrata nella storia della F1. Con la sua determinazione e grinta, è stata la prima e unica donna a conquistare dei punti e la seconda, dopo Maria Teresa de Filippis, ad aver avuto la possibilità di correre nella Categoria Regina.

E’ il GP di Spagna 1975, corso sul circuito del Montjuich. Si è trattato di un weekend turbolento in cui i piloti boicottarono le prove del venerdì in segno di protesta nei confronti del pessimo stato in cui avevano trovato la barriere di sicurezza. La domenica la gara venne sospesa, e per la prima volta nella storia della Formula 1, ai piloti venne assegnato un punteggio dimezzato poiché non era stata percorsa la distanza minima. Al momento della sospensione la Lombardi si trovava in sesta posizione, posizione che le valse mezzo punto in classifica.

Donne al volante… oggi

Per una donna non è impossibile competere per il podio di Formula 1, non è qualcosa di improbabile, ma qualcosa che un giorno accadrà. Bisogna iniziare a sostenere questa nuova generazione di donne incredibilmente talentuose che sta arrivando. Già si sta cominciando a intravedere un cambiamento nel mondo dei motori: l’istituzione della W Series ha generato un interesse nei confronti delle donne al volante senza precedenti, soprattutto per il valore da loro dimostrato sul campo.

Jamie Chadwick: “Noi donne dobbiamo solo darci una possibilità”
Jamie Chadwick

La Williams ha deciso d’ingaggiare come development driver la campionessa della serie Jamie Chadwick. Eletta pilota dell’anno in Gran Bretagna, è realmente tra i migliori prospetti femminili degli ultimi anni per questo anche lei sa di avere un potenziale delicato a rischio di facili titoli di giornali.

In un’intervista, Jamie parla così in merito alla condizione delle femmine pilota:

“Credo davvero che questo sia uno degli unici sport in cui uomini e donne possono competere con le stesse condizioni. Le persone pensano che non possiamo essere competitive come i ragazzi, ma credo che dobbiamo solo darci una possibilità. Facciamo solo le cose in modo diverso, il che non significa in modo più lento. Quando sono stata nominata come collaudatore per la prima volta la gente mi ha guardata in modo diverso, perchè la Formula 1 è la migliore tra le migliori. Le persone ti vedono come un pilota da corsa e non solo come una donna.”

Tatiana Calderon, esempio di motivazione e tenacia

Tatiana Calderon, pilota donna che corre nel campionato di FIA F2, la classe cadetta della Formula 1.

Diventa la prima donna a ottenere un podio nella Formula 3 Britannica grazie alla medaglia di bronzo che conquista al Nurburgring. A Spa è la prima donna nella storia a condurre per qualche giro una gara su monoposto.

Tatiana Calderon viene confermata come collaudatrice ufficiale per il nuovo team Alfa Romeo Sauber: “Con i test durante la stagione 2018 e a Fiorano a fine anno, Tatiana Calderon è la prima pilota latino-americana ad aver guidato una monoposto di Formula 1“.

Ha seguito la sua vocazione, ha sfidato le preoccupazioni della madre, il pregiudizio sociale, la derisione maschile. Ed è un esempio di empowered woman cresciuta in una famiglia che, nonostante rischi e pericoli, ha creduto in lei. Perché la sua storia di motivazione e tenacia ha un messaggio importante da passarvi: non c’è niente che una donna non possa fare.

Susie Wolff: una donna di spessore nel paddock

Susie Stoddart all’anagrafe, Susie Wolff conosciuta ai più: eh sì, è proprio lei… la moglie di Toto Wolff, team principal della scuderia Mercedes.

Nell’unica esperienza competitiva in monoposto, la stagione 2005 della F.3 inglese, arrivò un mesto diciottesimo posto finale, e le cose non sono andate meglio nella successiva carriera in DTM, con la miseria di quattro punti raccolti nell’arco di ben sette stagioni. Ha iniziato presto a gareggiare e non si è mai sentita diversa dagli altri perché è una ragazza, anche grazie ai genitori che si sono sempre comportati come se avere una figlia che corre in macchina fosse perfettamente normale.

“Credo che il problema principale per le donne in F1 sia che è un mondo che dà grande importanza alla performance, e sinceramente non credo che ad oggi ci siano state abbastanza donne che avessero mostrato il talento necessario per meritare un’occasione.”

In F1 serve innescare un circolo virtuoso. Fino ad oggi mancavano modelli femminili a cui ispirarsi, ed è difficile trovare donne pilota di talento se già in poche arrivano al karting. Lei, oltre a Claire Williams, è un modello da seguire. Chi inizia però dovrà sempre ricordare che non basta essere ragazze, bisogna anche essere veloci.

DARE TO BE DIFFERENT: per avere una F1 più donna

Parlando di Claire Williams abbiamo accennato di un’iniziativa chiamata DARE TO BE DIFFERENT, volta a incoraggiare giovani ragazze ad intraprendere una carriera nel motorsport.

Introdotta da Susie Wolff e Motor Sports Association, #DTBD è una comunità creata con lo scopo di ispirare, connettere donneche lavorano nell’industria dei motori e donne talentuose che vorrebbero farne parte. Questo grazie a sconti, eventi esclusivi, premi e accesso a competizioni e contatti con figure dell’industria.

Il maschilismo è un retaggio duro a morire, il sessismo c’è e non viene sanzionato, ma queste sono ragioni in più per non mollare. Essere donna in generale è complicato. Ti senti dire che devi essere più decisa e agguerrita, a volte sembra non bastare mai. Dobbiamo sovvertire i luoghi comuni sul campo.

Anna Botton

Appassionata di comunicazione e di ogni forma d'arte (sport incluso). Le emozioni sono il mio pane quotidiano. Autodromo, stadi e palazzetti sono la mia seconda casa. Il sogno? Entrarvi con un pass al collo.

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