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Un tuffo nell’aerodinamica. Capitolo 3

 

Nella seconda parte abbiamo visto gli anni più caratteristici e particolari della F1, con tante sperimentazioni diverse per ottenere la vettura più competitiva in griglia, attraverso soluzioni una diversa dall’altra o seguendo una linea guida imbastita da qualcuno, come ad esempio l’uso degli spoiler anteriori e posteriori da parte di Lotus.

In questa terza parte del racconto sull’evoluzione dell’aerodinamica in F1, andiamo a scoprire le monoposto più estreme e pericolose che la F1 abbia mai visto, il perché siano anche così speciali per la storia e gli appassionati e i motivi per cui la Federazione le ha eliminate dalle corse. Iniziamo col raccontare qual è stato l’evento che ha fatto fare il salto di qualitàalla F1, cioè l’arrivo dell’effetto suolo

L’effetto suolo

 L’effetto suolo è letteralmente un effetto di schiacciamento della vettura verso il suolo, generato attraverso dei canali ad ala rovesciata sotto la vettura che generavano un risucchio del veicolo verso il terreno, estremizzando la tenuta di strada del veicolo con l’aumentare della velocità. Questa forza viene chiamata più precisamente “effetto Venturi”, dall’uomo che l’ha scoperta, il fisico italiano Giovanni Battista Venturi.

L’effetto Venturinon è altro che un principio della fluido-dinamica, il quale prevede che un fluido, in questo caso l’aria, che attraversa una sezione di spazio con un restringimento, subisca un aumento della velocità e una riduzione della pressione, rispetto a quella antecedente all’ingresso nel restringimento. Questo concetto portato nel mondo delle auto si traduce in un risucchio verso il basso del veicolo per via dell’effetto Venturi generato sotto il veicolo. L’aria in uscita, che è passata sotto il corpo vettura, avrà una velocità maggiore di quella in entrata, ma una pressione minore rispetto all’aria che passerà sopra di esso. Quindi, oltre alla depressione che si genera sotto l’auto, ci sarà una pressione elevata sopra di essa, per il semplice fatto che ci sarà molta più aria sopra la vettura a velocità minore di quella che passa sotto e che quindi avrà più pressione.

Figura 1: Effetto suolo in F1 (source Steemit)

La prima Wing-car, la Lotus 78

Riprendiamo la nostra storia dal 1977, tenendo a mente che i design più particolari creati dai vari team in Formula 1 più o meno funzionali sono antecedenti a questo anno. Nel 1977 la Formula 1 vide la seconda vettura dopo la Cooper T-40 fare il salto di qualità a questo prestigioso campionato, la Lotus 78.

  Figura 2: Lotus 78 di Ronnie Peterson 1977 (source Wikipedia)

Colin Chapman si presentò al via del mondiale 1977 con una vettura a dir poco geniale. Come detto nell’introduzione, la vettura portò in Formula 1 per la prima volta l’effetto suolo o Venturi. Questa costruzione fu possibile spostando i vari radiatori e serbatoi più in alto in modo tale da liberare spazio per le fiancate. Per questa vettura il gruppo tecnico della Lotus si servì di un’idea portata in pista per la prima volta in assoluto dalla Chaparral con la 2J, dove per isolare la zona che doveva garantire il vuoto necessario per lo schiacciamento del mezzo, sono state posizionate delle minigonne a “spazzola”lateralmente alle pance realizzate in nylon, le quali rasentando o “spazzolando”il suolo, isolavano l’aria che passava fuori da quella che passava sotto la vettura e così fece anche la Lotus per la sua monoposto. La Chaparral tornerà nel nostro racconto per un’altra caratteristica che fu copiata per la Formula 1.

Tornando alla Lotus 78, la stagione 1977 non fu una stagione molto positiva, segnata soprattutto dai problemi di affidabilità meccanica, nonostante l’aerodinamica della monoposto fosse la migliore in assoluto. Riuscirono a strappare un terzo posto nella classifica finale con Mario Andretti, dietro solo a Jody Scheckter e Niki Lauda a bordo della Ferrari 312 T2. L’auto venne iscritta anche alla stagione 1978 dove non ci furono chance per nessuno e la Lotus si portò a casa altri due titoli mondiali con estrema facilità.

Il “ventolone” di Gordon Murray

 Nella stagione 1978 sempre più team iniziavano a presentare le vetture con le fiancate adatte per l’effetto suolo, come Ferrari, Brabham, Ligier, il Team Fittipaldi ( il team dell’omonimo campione brasiliano) e un team poco conosciuto ma che si era già fatto notare, il Team Wolf.

Fra questi nuovi team entrati nella corsa per il miglior effetto suolo, uno solo si è distinto per aver trovato (o meglio trasferito) una soluzione a dir poco geniale, ovvero l’effetto suolo “forzato”.

L’idea di questa soluzione deriva da un mezzo che qualche anno prima aveva corso nella leggendaria categoria Can-Am (Canadian-American challenge Cup), categoria dove correvano dei veri e propri mostri di potenza e velocità, con motori enormi e veicoli ridicolmente leggeri. In questa categoria ci corsero anche la Ferrari e la McLaren, dove purtroppo morì Bruce McLaren in un incidente durante un test della sua M8C.

Tornando alla nostra storia, questa idea rivoluzionaria venne brillantemente sfruttata dall’uomo che ormai tutti riconoscono come uno tra i più grandi ingegneri del motorsport, Gordon Murray. L’ingegnere sudafricano venne assunto dalla Brabham  proprio quell’anno. Dopo essersi fatto notare grazie alle sue idee particolari ma rivoluzionarie sotto il comando di Bernie Ecclestone, proprietario del team Brabham, Murray creò la vettura di Formula 1 che mai si è vista e mai più si vedrà in F1, la Brabham BT46B.

Figura 3: Brabham BT46B di Niki Lauda 1978 (source Wikipedia)

Come si può osservare in questa foto, era presente un grosso estrattore a forma di ventola di aereo che esce dal posteriore della vettura. All’interno era posizionato un vero “ventolone” azionato direttamente dal cambio che, in combinazione con la zona sigillata sotto la vettura creata dalle minigonne laterali, generava una forza di schiacciamento che nessuno poteva eguagliare. Ciò era dovuto al fatto che l’aria veniva forzatamente estratta da sotto la vettura, quindi la disposizione dei vari componenti poteva essere meno vincolata rispetto ai diretti concorrenti. Il motore della BT46B  era un Alfa Romeo 115-12 un 3.0 di cilindrata a 12 cilindri contrapposti (come suggerisce il 12 nel nome) che generava 540cv a 12.000 giri al minuto. Si trattava di un motore che doveva sopportare lo sforzo per muovere il “ventolone” e la vettura con tutto lo schiacciamento che si generava durante la corsa. Tuttavia, questa soluzione era illegale per il regolamento, secondo la nota del regolamento che diceva “se un dispositivo mobile ha un effetto aerodinamico sulla vettura, è regolare a patto che la sua funzione primaria sia diversa”.Poichè Murray e la Brabham fecero passare questa soluzione come un metodo di raffreddamento del motore, l’auto fu considerata regolare.

La vettura debuttò al Gran Premio di Svezia, ma alla prima accensione ai box si notò una cosa inquietante, il risucchio della ventola era talmente elevato che la vettura toccava già terra da ferma. I meccanici della Brabham sostituirono le molle capaci di sopportare 1.000 libbre (454kg) con altre  da 3.000 libbre (1.360kg). Nonostante ciò, erano ancora troppo superiori, quindi Gordon Murray ordinò di fare il pieno di benzina e di gonfiare le gomme così tanto da essere “di legno”. In tal modo potevano bluffare senza incorrere in squalifica perché l’auto era troppo superiore. In qualifica conclusero secondi e terzi, ma in gara Lauda non dovette neanche impegnarsi troppo per stravincere con svariati minuti di vantaggio sul secondo.

 Nel momento in cui arrivarono le proteste da parte degli altri team alla Federazione, l’auto venne bandita dal mondiale e una delle due vetture usate in quel Gran Premio fu tenuta sotto sequestro in un capannone nei pressi di Sala Baganza in quanto faceva parte della collezione di Calisto Tanzi ex patron di Parmalat. L’omonimo team arriverà più tardi in Formula 1, proprio con la Brabham.

La perfezione dell’effetto suolo

Nello stesso anno della vincente Lotus 78 la casa di Hethelsfornò quella che sarebbe diventata a detta di tutti “la Regina dell’effetto suolo”, la Lotus 79.

 figura 4: Lotus 79 di Mario Andretti 1978 (source Wikipedia)

La Lotus 79 rappresenta la massima espressione della vettura “wing car”, questo grazie alla linea bassa e filante che le consentiva un alto coefficiente di schiacciamento, anche con una soluzione semplice e estremamente efficace. Il profilo inferiore delle pance è stato prolungato fino a poco prima dell’asse delle ruote posteriori dove nello stesso punto si vedeva il primo esperimento di fiancate rastremate, chiamate anche “a collo di bottiglia” o “a Coca-Cola” (tipo di fiancate che troveremo a partire da fine anni 80). Il cofano copriva completamente tutta la meccanica posteriore, lasciando intravedere solo il codone della trasmissione. Gli scarichi erano posizionati centralmente sopra al codone della trasmissione, subito dopo la sagomatura del cassoncino d’aspirazione del V8 Ford Cosworth. I terminali così orientati andavano a soffiare sotto al profilo dell’ala posteriore aumentando la velocità dei flussi d’aria; di conseguenza, veniva amplificato anche lo schiacciamento della vettura.

Nonostante queste buone caratteristiche della vettura, la stagione non fu tutta in discesa, a causa dei frequenti problemi di surriscaldamento nella zona degli scarichi nelle giornate particolarmente calde e a causa della pessima efficienza dell’impianto frenante. Infatti, capitava spesso che verso la fine della gara i freni calassero molto di efficienza, pertanto i piloti erano costretti a ridurre il ritmo altrimenti sarebbe stato impossibile staccare al limite. Tuttavia, la 79 non partì dal primo GP, in quanto fu impiegata la Lotus 78 per i primi 4 appuntamenti del campionato, dove furono ampiamente dominanti. La stagione della Lotus venne segnata dalla tragica morte di Ronnie Peterson a Monza.  Dopo essere stato coinvolto direttamente in un incidente a catena, il giorno dopo morì per embolia gassosa all’ospedale di Milano. Titoli portati a casa da Mario Andretti in scioltezza, grazie alla strapotenza della vettura, che venne confermata con il pilota Jean Pierre Jarier che si adattò subito alla vettura.

Anche la Ferrari gioisce con le “wing car”

Siamo nel 1979 e ormai tutti i team iscritti portano una loro interpretazione dell’effetto suolo. Non rientra in questa categoria una vettura rivoluzionaria, che certamente deve essere ricordata in quanto ha portato a casa gli ultimi 2 titoli del XX° Secolo alla Ferrari, sto parlando della Ferrari 312 T4.

 Figura 5: Ferrari 312 T4 di Gilles Villeneuve 1979 (source Wikipedia)

In questa vettura si è dovuti a ricorrere ad una soluzione differente per generare l’effetto suolo. In questo caso gli ingegneri Ferrarihanno dovuto allungare le pance laterali in avanti fino ad arrivare poco dietro le ruote, questo perché il loro motore era piatto invece del Ford-Cosworth DFV che era a V. Hanno dovuto allungare praticamente tutta la vettura per avere delle pance sufficientemente performanti, però se si considerano anche le gomme Michelin a struttura radiale e il motore che manteneva il baricentro della vettura basso e lo schema delle sospensioni, la 312 T4 restava una vettura molto competitiva.

Nelle prime due gare di quella stagione i piloti corsero dapprima con la 312 T3, e poi con  la T4e colsero subito due doppiette consecutive con Villeneuve davanti e Scheckter a seguire. Al Gran Premio di Francia si verificò uno dei duelli più belli della storia della Formula 1, che vide Villeneuve su Ferrariscontrarsi con Arnoux su Renault per il secondo posto in gara, gara che verrà vinta dal compagno di squadra di Arnoux, il connazionale Jean-Pierre Jabouille. Per la prima volta  un’auto  turbo vinceva una corsa. Nel resto della stagione la Ferrari conquistò vari piazzamenti, resistendo alla serie di tre vittorie consecutive di Alan Jones con la Williams FW07. A fine anno Scheckter vincerà il titolo e Villeneuve sarà secondo.

L’ultima 6 ruote

Siamo nel 1980 e la Williams forte dei titoli piloti e costruttori vinti con la FW07, stava pensando ad un modo di contrastare l’aumentare della potenza e velocità delle altre vetture che stavano iniziando a seguire la strada del motore turbo, rimanendo fedeli all’ormai super collaudato Cosworth DFV. E allora l’ingegnere e socio di Sir Frank Williams, Patrick Head insieme al collega Frank Dernie, partorirono una monoposto molto anticonvenzionale, la FW07D.

Figura 6: Williams FW07D prototipo con Alan Jones 1980 (source formulapassion)

Con questa vettura la Williams ha creato un prototipo estremamente valido, considerando che si trattava di una evoluzione della super affidabile FW07. In primis, gli ingegneri hanno dovuto modificare il sistema di trazione per poter aggiungere il secondo asse al retrotreno e qui entrò in gioco la Hewland che creò i componenti su misura per questa vettura. Grazie a questa estensione, il sistema dei canali Venturi venne allungato fino al secondo asse posteriore aumentando di molto l’efficienza delle pance laterali. Altra caratteristica importante da non dimenticare, è che grazie all’utilizzo di ruote di egual dimensioni su tutti gli assi, si riduceva la resistenza all’avanzamento e con le quattro ruote motrici veniva migliorata anche la pura trazione meccanica, tanto che in un test sul bagnato a Silverstonedurante il GP, l’auto andava così bene che il team pensò di montare al secondo asse di trazione le gomme da asciutto dato che l’asfalto veniva quasi asciutto dopo che le gomme da bagnato ci passavano sopra. Però in Williams non erano ancora convinti che la loro monoposto fosse pronta e quindi si dovette aspettare l’anno dopo con la FW08B per vedere il progetto pronto per aggredire gli avversari. Nella stagione del 1981 ormai tutte le vetture che gareggiavano in Formula 1, generavano così tanto risucchio grazie ai canali Venturi che in quella stagione lo spoiler anteriore non era obbligatorio, veniva usato solo quello posteriore. La carriera della Williams a 6 ruotenon iniziò nemmeno, perché la FOCA (l’associazione dei costruttori dell’epoca) emanò un regolamento che arriverà fino ai giorni nostri e oltre, il quale vietava qualsiasi mezzo che abbia più di 4 ruote complessive.  Il team inglese dovette abbandonare il progetto, anche a causa dei costi di mantenimento e sviluppo che risultavano essere molto gravosi e quindi insostenibili.

Il doppio telaio della Lotus

Restando nel 1981 anche la Lotus se ne uscì con un progetto estremamente evoluto per l’epoca chiamato Lotus 88.

Figura 7: Lotus 88 di Nigel Mansell 1981 (source Stats F1)

Tutti i team partecipanti stavano sfruttando una “zona grigia” del regolamento che impediva di utilizzare sistemi mobili per l’aerodinamica, quindi le bandelle mobili montate nelle pance laterali per sigillare i canali Venturi vennero bandite e qui il team di Chapman trovò un sistema alternativo al sistema idraulico che stavano adottando tutti. Questa monoposto sfruttava il cosiddetto “doppio telaio”, cioè due telai uno sopra l’altro con funzioni diverse. Il telaio principale (primo nella storia assieme a quello della McLaren ad essere realizzato in fibra di carbonio) ospitava l’abitacolo e tutti i componenti della vettura, il secondo era montato sopra il principale e tramite del materiale ammortizzante (come dei cuscini, in pratica) si occupava della questione aerodinamica. Una volta raggiunta una velocità sufficiente, questo “sovra telaio” si abbassava ed essendo un pezzo unico con le pance laterali, andava a sigillare i canali Venturi come se ci fossero ancora le bandelle, ma non era così. Questo telaio partendo dal muso della vettura e comprendendo tutta la sua lunghezza e incorporato anche con l’alettone posteriore, generava così tanta deportanza, che non era più necessario lo spoiler anteriore come descritto nel capitolo precedente. Ma il vero problema erano gli effetti di queste vetture sui piloti, i quali si lamentavano che le estreme forze laterali che generavano in curva, quasi li facevano svenire dalla fatica.

La Lotus 88 come tante altre vetture in Formula 1 venne immediatamente attaccata dai team e dalla Federazione in quanto veniva ritenuto che quel telaio mobile fosse a tutti gli effetti una superficie aerodinamica mobile. Dopo una lunga lotta legale, la Lotus dovette rinunciare alla loro straordinaria monoposto e ripiegare su una versione aggiornata della 87.

La goccia che fece traboccare il vaso

Piccolo extra di questo racconto lo spendo per raccontare la stagione che mise fine alle “wing car”, cioè la stagione 1982. La stagione 1982 di Formula 1 è stata vinta per quanto riguarda il titolo dei piloti, per la prima volta da Keke Rosberg con la Williams FW08 e il titolo costruttori per la settima volta alla Ferrari.

 La stagione fu segnata dagli incidenti mortali del pilota canadese della Ferrari, Gilles Villeneuve, nel corso delle qualifiche del Gran Premio del Belgio, e del pilota italiano Riccardo Paletti, dell’Osella, alla partenza del Gran Premio del Canada. Un altro grave incidente occorse all’altro pilota della Ferrari, il francese Didier Pironi, durante le qualifiche del Gran Premio di Germania, a seguito del quale il francese fu costretto all’abbandono delle competizioni automobilistiche.

Questi incidenti fecero indire dalla Federazione il bando definitivo delle “wing car”, ritenute ormai troppo pericolose per correre. Si passò quindi al fondo piatto che resterà fino a fine 2021, se si dovesse decidere di riportare l’effetto suolo nel 2022, come da programma.

Con questo si conclude il nostro racconto di un’era molto particolare della Formula 1. Nel prossimo racconto attraverseremo la cosiddetta turbo era (gli anni dei mostri turbocompressi) e il ritorno dei motori aspirati con le vetture soprannominate “collo di bottiglia”. Ci rivedremo al prossimo appuntamento!

 

Nicolò Galiazzo

Nicolò Galiazzo

<strong>N</strong>ato per essere un carmaniac

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