Home » Formula 1 » Un tuffo nell’aerodinamica. Capitolo 6

Un tuffo nell’aerodinamica. Capitolo 6

di Nicolò Galiazzo

Il ritorno a lottare

In questo racconto dell’evoluzione dell’aerodinamica in F1, passiamo da fine anni 80 con la Ferrari 640 all’anno 1990, quando il team di Maranello affrontò una serie di trasformazioni dopo la morte del “ Grande Vecchio”. Tra queste bisogna citare l’arrivo di un nuovo progettista, Enrique Scalabroni, da affiancare a Steve Nichols che era stato strappato alla rivale McLaren.


Grazie alle sue molteplici imprese nel mondo dell’automobilismo, Cesare Florio divenne il nuovo direttore sportivo. Una delle più famose fu battere il “Panzer” tedesco chiamato Audi Sport Quattro a trazione integrale con una piccola e leggera Lancia 037 Rally a trazione posteriore nel campionato rally dell’anno 1983. Nonostante questo svantaggio, Florio vinse il mondiale costruttori grazie ad abili mosse e un gruppo di piloti vincenti.

Nel suo team la Ferrari poteva contare sul campione uscente della stagione 1989, il “ Professore” Alain Prost e sul “Leone Inglese” Nigel Mansell. L’obiettivo era uno solo: vincere con la Ferrari 641 F1, detta anche Ferrari F1-90.

aerodinamica
Ferrari 641 di Alain Prost 1990

L’evoluzione dell’aerodinamica della Ferrari 641 F1

Grazie al contributo di Prost, la Ferrari 641 F1 ebbe uno sviluppo completo e si arrivò ad inizio stagione con una vettura tecnicamente avanzata, segno distintivo delle vetture rosse dal 1980 al 1990.

Partendo dall’aerodinamica, la monoposto era diventata più sinuosa e con una linea meno tesa rispetto alla precedente . Era stato creato un  nuovo muso, le pance laterali erano diventate più tondeggianti e basse , assumendo una conformazione definita a “cassa di violino”. Queste si estendevano fino a ¾ del corpo vettura, creando la forma denominata “ a Coca-Cola”. Il solo corpo vettura generava un buon carico aerodinamico senza avere necessità del supporto di appendici. Di conseguenza , le superfici alari e il diffusore posteriore della Ferrari 641 F1 erano decisamente più piccoli rispetto a quelli dei rivali.

Il cambio rimase lo stesso della 640 e divenne più affidabile, perfezionando tutti i dispositivi per la cambiata delle marcie, dalle levette al volante, al cruscotto fino agli attuatori elettro-idraulici del cambio. Venne denominato semi -automatico, in quanto il pilota usava la frizione solo in caso di partenza da fermo e a giri bassi del motore. In tali situazioni, se il pilota avesse dovuto cambiare marcia senza utilizzare il pedale avrebbe certamente rotto qualcosa. Il motore era ancora il mitico V12 realizzato con materiali in lega leggera, soprattutto per la testata. Questa presentava una costruzione a 5 valvole per cilindro così da raggiungere i 710 cv a 13.800 rpm in configurazione qualifica. A causa delle difficoltà in fase di realizzazione, questa soluzione sarà accantonata.

Un avvio di stagione critico e le vittorie di Prost

Le prime gare della 641 furono segnate da diversi problemi di affidabilità . Nonostante ciò, Prost riuscì a centrare una vittoria al GP del Brasile, seconda prova stagionale. Poi arrivò l’aggiornamento e la vettura fu chiamata 641/2. Il suo debutto fu a Imola e venne guidata solo da Mansell, mentre si decise di assegnare a Prost la vecchia 641 per capire in quale delle due le migliorie fossero più efficaci. L’epilogo fu disastroso con la rottura del cambio nella vettura di Mansell, mentre Prost conquistò un 4° posto. Sfruttando le difficoltà in Ferrari, la McLaren e Senna allungarono su Prost. Tuttavia, dopo aver risolto i problemi della vettura, il transalpino infilò 3 vittorie consecutive, ritornando in corsa per il titolo.

La corsa di Ferrari per il titolo iridato

Anche Mansell potè gioire con la 641/2, grazie alla vittoria in Portogallo al circuito di Estoril. In quella gara, con una prima fila tutta rossa, le frizioni tra Prost e Mansell emersero chiaramente. Al momento della partenza, l’inglese ostacolò (molto al limite) il compagno di squadra, costringendolo a rimontare dal 5° al 3° posto. In tal modo, il pilota francese perse punti importanti da Senna, che si classificò secondo. Appianate le divergenze tra i due ferraristi, in Spagna a Jerez la Ferrari centrò l’ultima vittoria e doppietta dell’anno con Prost davanti a Mansell.

Le speranze di vittoria del titolo si infransero nel Gran Premio di Suzuka in Giappone. Al momento della partenza, i due acerrimi rivali Prost e Senna partivano dalla prima fila e si respirava un’aria pesante già prima del via. Come era ben noto a tutti, Senna ricordava molto bene i precedenti con il suo ex compagno di squadra ed era determinato a rendergli “ pan per focaccia”. Il francese scattò molto bene dalla griglia prendendo la testa della corsa. Arrivati alla prima curva, Prost venne volontariamente centrato da Senna. Entrambi i piloti finirono fuoripista, terminando le possibilità di vittoria del titolo per Prost e la Ferrari.

La competitività e l’armoniosità della Ferrari 641/2

Tralasciando per un momento le prestazioni della vettura in campionato, la Ferrari 641/2 si rivelò molto veloce ed affidabile. La sua competitività nel corso della stagione fu talmente alta da consentire ai piloti di ambire al titolo e ciò non riaccadrà fino al 1994. Dopo tre anni difficili, la Ferrari tornerà competitiva nel 1997 fino ad arrivare al dominio assoluto dal 2000 al 2004.

Oltre che per la sua competitività, la vettura è ricordata per la bellezza e armoniosità delle sue forme, rendendola una delle monoposto di F1 più apprezzate di sempre. La 641/2 è ancora oggi l’unica auto da competizione e una delle 6 vetture entrate a far parte della collezione storica del Museum of Modern Art di New York (MOMA). Il modello usato da Prost nel Gran Premio del Giappone del 1990 è stato battuto all’asta il 17 maggio 2009 per un prezzo di 352.000 euro.

Un muso rialzato, la novità aerodinamica della Tyrell 019

aerodinamica
Tyrell 019 di Satoru Nakajima anno 1990
( Source: Wikipedia)

Nella stessa stagione della “guerra Ferrari- McLaren” e “Prost-Senna” un team anticipò gli altri, presentando una soluzione di aerodinamica molto particolare. Grazie a questa innovazione, la Benetton tornò alla vittoria nella massima serie. La prima vettura a mostrare questa soluzione fu la Tyrell 019. Si trattava di una evoluzione abbastanza conservativa della precedente monoposto 018, in quanto alcuni aspetti erano invariati, mentre altri vennero modificati. Ciò che balzava all’occhio della Tyrell 019 era il suo muso rialzato. Grazie a questa sua forma, vi era una maggiore portata d’aria sotto la vettura, generando una maggiore downforce. A differenza di questa vettura, le altre soffrivano di minor quantità di aria sotto il corpo vettura.

Invece di una sola ala, il nuovo muso prevedeva due alette principali (main-plane), sorrette da due sostegni che con il muso formavano una V rovesciata. Questa soluzione venne anche definita “diedro negativo”. Come conseguenza di questa innovazione, l’aerodinamica della vettura risultò più scarica, anche grazie alla riduzione del diffusore posteriore.

In aggiunta a ciò, la nuova posizione degli scarichi era sopra il diffusore e non al suo interno (in tal caso sarebbero stati degli “scarichi soffianti”).  Il motore della Tyrell 019 era un Cosworth V8 portato a 3500 cc. Grazie alla preparazione della Brian Hart Ltd. questo poteva raggiungere regimi di rotazione più alti in confronto a motori simili .

I primi buoni risultati arrivarono dopo alcune gare dall’inizio del campionato. Tuttavia, al termine della stagione il team collezionò solo 16 punti totali e un 5° posto nel campionato costruttori. Di questi è necessario ricordare che il team raccolse 7 punti con la Tyrell 018 a Phoenix (si dovette infatti attendere per il debutto della nuova vettura) grazie ad un secondo posto di Jean Alesi (6 punti) e un sesto posto di Satoru Nakajima che gli valse un punto.

Un’auto venuta da un altro pianeta, la Williams FW14 B

Siamo arrivati all’anno 1992 e il binomio McLaren-Senna appariva imbattibile dopo la vittoria di due titoli consecutivi. Bisogna ricordare che nel 1991 si era verificata una crescita rilevante della Williams grazie all’arrivo dell’ingegnere inglese Adrian Newey, dopo aver lasciato il team March. Grazie al sostegno economico della Williams, lo sviluppo della vettura fu completo. Nasceva così la Williams FW14. Questa monoposto partecipò al campionato di quell’anno, ma ebbe problemi di affidabilità al cambio. Inoltre, il sistema delle sospensioni attive non era ancora perfettamente gestito. Nel corso della stagione 1992 il trio Newey-Head- Lowe risolse i problemi che affliggevano la FW14. Nasceva così quella che verrà definita“ l’auto da un altro pianeta” : la Williams FW14 B.

Immagine che contiene strada, esterni, automobilismoDescrizione generata automaticamente
Williams FW14 B di Nigel Mansell (from: f1 world)

Le soluzioni aerodinamiche innovative della FW14 B

La FW14 B diventò semplicemente perfetta, eliminando tutti i punti di debolezza della precedente versione. Questa evoluzione modificò il modo di cercare la prestazione in F1. Una delle maggiori novità nell’aerodinamica della FW14 B era il telaio. La sua posizione rialzata rispetto al fondo causava un aumento della portata d’aria sotto la vettura. In tal modo si potevano raffreddare i radiatori e aumentare l’efficacia dell’estrattore posteriore.

Altre novità nell’aerodinamica furono l’abbassamento delle pance e l’estremizzazione della forma a “Coca-Cola”. Come conseguenza di questo dettaglio, la linea della vettura risultò più snella e in generale, la vettura divenne meno ingombrante della rivale McLaren. La soluzione di aerodinamica più innovativa che Adrien Newey realizzò furono gli endplate. Con questo termine ci si riferisce a prolungamenti dell’ala anteriore che sono posizionati dietro di questa e che avvolgono le ruote anteriori. In questo modo, successivamente al passaggio nell’ala anteriore, i flussi di aria più puliti convergono verso il centro della vettura con una conseguente riduzione delle turbolenze.

Le sospensioni attive e il motore

Le sospensioni attive della FW14 B erano un altro asso nella manica per la Williams di quell’anno. La loro affidabilità nella stagione del 1992 fu un merito della scuderia di Grove. La monoposto adottava sospensioni a ruote indipendenti di tipo idro-pneumatico a schema push rod, interamente realizzato dalla Williams. Si trattava di una combinazione del sistema ad aria con uno ad olio. Un circuito idraulico collegava i puntoni della sospensione. Il controllo del corretto assetto veniva effettuato tramite degli attuatori e una centralina elettrica di controllo, nel corso del tempo in cui la vettura si trovava in pista. Grazie ad un coperchio apposito posizionato sopra i puntoni della sospensione anteriore, i meccanici potevano intervenire rapidamente sugli ammortizzatori, quando il pilota segnalava un malfunzionamento.

Anche il comparto motore-cambio vide un netto miglioramento grazie al lavoro dei tecnici Renault che gli diedero un’affidabilità senza pari. Questo è maggiormente apprezzabile considerando che il motore non era il migliore del lotto. Si trattava di un RS4 con disposizione V10 a 67° di inclinazione tra le bancate. La sua cilindrata era di 3500 cc e poteva erogare 760 cv a 14.200 rpm. Questa capacità di erogazione era legata a sistemi molto innovativi  come l’ABS e il controllo della trazione, che resero la monoposto molto semplice da guidare. Il binomio motoristico franco- inglese rimase vincente fino al divorzio alla fine del 1997.

La stagione incredibile del team Williams

La stagione fu estremamente positiva per il team di Grove con Mansell che vinse 9 delle 16 gare disputate. Collezionò, inoltre, 16 pole position e 108 punti che gli consentirono di vincere il primo e unico alloro iridato. Patrese, invece, attraversò una stagione molto complicata. Nonostante ciò, il pilota italiano riuscì a vincere il suo sesto Gran Premio di carriera in Giappone. Dopo aver aiutato Mansell e il team a vincere il titolo piloti e costruttori, Patrese divenne vicecampione del mondo. Nessun team fu in grado di minacciare quell’incredibile monoposto e il loro dominio continuò fino al 1993.

Nicolò Galiazzo

<strong>N</strong>ato per essere un carmaniac

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Torna in alto