Può sembrare assurdo, a campionato appena iniziato, parlare già di crisi della Formula 2.
Nella culla delle stars of tomorrow, da alcuni anni oramai si è innescato un circolo vizioso che ritarda il naturale rinnovamento della griglia di partenza.
Tanti piloti, con diverse stagioni di esperienza alle spalle, continuano a militare nella categoria perché privi di alternative, trasformando così la Formula 2 in un vero e proprio imbuto generazionale.
I risultati diventano quasi scontati, ma non obbligatori, per i veterani che in virtù delle rispettive possibilità economiche non rischiano il sedile. I posti si fanno dunque risicati, proprio come le occasioni di ricevere l’agognata promozione in Formula 1, i cui interessi propendono sempre più per i talenti della Formula E o della IndyCar.
Noia o prevedibilità?
La Formula 2 sta vivendo una crisi simile a quella consumatasi vent’anni fa.
Tanti piloti, con quattro o cinque stagioni all’attivo, hanno infine vinto il titolo grazie all’enorme esperienza accumulata rispetto agli avversari. Un vantaggio, quello garantito dall’anzianità, che non ha tuttavia assicurato loro un sedile in Formula 1.
Ma quanti, di questi pochi promossi nella classe regina, si sono qui contraddistinti per i loro risultati?
Probabilmente si contano sulle dita di una mano.
È il caso di Pastor Maldonado che, dopo quattro anni nell’allora GP2 Series e annessa conquista del titolo, ottiene nel 2011 un sedile in Williams al fianco di Barrichello. Un matrimonio, quello del pilota venezuelano con la Formula 1, che mostra fin da subito più ombre che luci. Unico exploit, la clamorosa vittoria e pole position al GP di Spagna del 2012 – ad oggi, ultimo storico successo del team inglese nel Circus.
Bahrain 2023: la storia si ripete?
Una vicenda, quella della Formula 2, che sembra aver riavvolto il nastro e trovato un nuovo inizio nella prima uscita stagionale in Bahrain. A trionfare nella Sprint Race è stato infatti Ralph Boschung, al suo settimo anno in Formula 2, dopo tante prestazioni incolore e appena sei podi in centootto gare.
La Feature Race, invece, è andata a Théo Pourchaire che, dopo tre anni nella categoria e la delusione della passata stagione, è il candidato numero uno per la lotta al titolo.
La superiorità prestazionale del francese in Bahrain non può tuttavia imputarsi al solo talento. Se così fosse, infatti, Oscar Piastri avrebbe forse affrontato maggiori difficoltà prima di imporsi nella sua stagione d’esordio.
In un campionato dove, sempre più spesso, il titolo viene assegnato senza una lotta tra contendenti realmente all’altezza, attirare le attenzioni dei grandi della Formula 1 diviene ogni anno più complicato.
Se a questo aggiungiamo il livello crescente della IndyCar, il ritorno di alcuni volti iconici come Nico Hulkenberg e i sempreverdi Alonso ed Hamilton, la Formula 2 rischia d’assumere i connotati di una selva di sempre più difficile uscita.
F2: tra chi ce l’ha fatta e chi rimane
Charles Leclerc, George Russell, Yuki Tsunoda, Logan Sargeant, Oscar Piastri, solo per citarne alcuni.
Sembrano in tanti ma sono effettivamente pochi i piloti ad aver compiuto il grande passo dopo una breve apparizione nella categoria cadetta.
Perché, allora, scegliere di rimanere in Formula 2 viste le evidenti criticità del campionato? Perché non orientarsi altrove, magari nel WEC o nella IndyCar?
Un motivo potrebbe essere addotto al sistema della superlicenza che innalza la Formula 2 sopra ogni altra categoria per l’ottenimento dei punti necessari a correre coi grandi.
Un’altra spiegazione potrebbe essere il mancato aggiornamento del regolamento tecnico. La stabilità garantita dal telaio Dallara, che non viene rinnovato dal 2018, rende la categoria più appetibile per i piloti non di primo pelo a caccia dell’occasione di una vita.
Spazio al mercato piloti con nuove regole
La soluzione per curare il progressivo appiattimento della Formula 2 potrebbe derivare da un cambio di regolamento. Inserire un tetto, di due o tre stagioni al massimo, affinché i piloti non stazionino nella categoria in attesa di un’opportunità ma lascino ai più giovani lo spazio necessario a ritagliarsi un ruolo.
Il futuro della Formula 1 è ad un bivio: se desidera avere, nei protagonisti del domani, piloti di stampo machiavellico è tempo di cambiare.
Di azzardare.
Di rinnovarsi.
E solo così, di tornare a stupire.