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Infanzia? Lasciamo perdere!

 

Il 20 Novembre di ogni anno si celebra La Giornata dell’Infanzia e dell’Adolescenza. È stata scelta questa data, perché essa coincide con l’anniversario dell’approvazione della Convenzione dei Diritti dell’Infanzia da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. La ricorrenza è molto importante e la maggioranza della popolazione ne è emotivamente coinvolta, perché, d’altronde, non sono in pochi a sentire o ad aver sentito i propri diritti violati. Molti li denunciano, altri li omettono o ne parlano quando, ormai, è troppo tardi. A volte ciò è causato dalla paura, dall’inconsapevolezza dell’ingiustizia che si sta subendo o, ancor peggio, dalla convinzione che questo sia legittimo e la pura e semplice normalità. Questa violazione può colpire tutti, dai poveri ed ignoti ai ricchi e famosi, senza distinzione. Ed è proprio di quest’ultima categoria che tratteremo. 

Sono molte le volte che, guardando un Gran Premio di Formula 1 o semplicemente delle immagini di piloti sui social, abbiamo pensato che la loro vita fosse perfetta e che non avessero alcuno scheletro nell’armadio. Purtroppo non è affatto così. Per molti piloti la loro stessa passione è stata, contemporaneamente, la causa di innumerevoli gioie e sofferenze, chi in maniera più tenue chi più violenta.

Vorrei iniziare parlando di Esteban Ocon, attualmente in corsa con la Renault. Questi, nel 2017, dichiarò che, da bambino, i suoi genitori avevano dovuto vendere la propria casa per finanziare le corse. Hanno vissuto a lungo in una roulotte, convinti che egli l’avrebbe ripagati. E così è stato.

Queste le sue parole: «Quando un fine settimana di corse giungeva al termine, la mia roulotte si fermava davanti alla scuola, dormivo lì, quando sentivo il suono della campanella, mi alzavo, andavo a scuola. Quindi eravamo parcheggiati proprio lì davanti». Il pilota francese sicuramente non ha avuto una vita semplice, ma, se non altro, ora può ricambiare i sacrifici che i suoi genitori hanno compiuto per lui.

Un altro caso simile lo si ha con Arthur Leclerc, fratello dell’attuale pilota Ferrari. Purtroppo è ritornato a gareggiare unicamente a venti anni, a causa di problemi economici. La sua famiglia non era in grado di sostenere doppie spese e, chiaramente, la difficile decisione è ricaduta su di lui, in qualità di fratello minore. La promessa che Arthur aveva fatto al padre, però, non poteva rimanere tale. Doveva essere concretizzata. Grazie allo stipendio di Charles, dunque, ha potuto finanziare le corse e, nonostante adesso gareggi unicamente nella Formula 3 europea regionale, il suo talento è già noto a molti e non è impossibile che, presto, ritroveremo anche lui nella serie maggiore.

I problemi finanziari, però, non sono gli unici ad aver, in qualche modo, influenzato negativamente la carriera e la vita dei piloti. Vi è anche chi è stato vittima di bullismo.

Sebastian Vettel, pilota in uscita della Ferrari, rientra in questo caso. Quando era bambino, dopo uno dei fine settimana di gara da cui era uscito vincitore, si era presentato a scuola con un piccolo trofeo di cui andava molto fiero ed a cui teneva. I suoi compagni di classe lo derisero per tutta la giornata e lo definirono esibizionista. Glielo distrussero ed egli decise che non li avrebbe più mostrati a nessuno, né tantomeno portati a scuola.

Anche Lewis Hamilton, il campione del mondo iridato, è stato vittima di bullismo a causa del colore della sua pelle. Così parlò in un’intervista: «Lontano dai circuiti sono stato bullizzato, picchiato, e il solo modo per rispondere a questo è stato imparare a difendermi, così ho imparato il karate. Gli effetti psicologici negativi, però, non possono essere misurati». Ed è proprio il suo passato, questa sua lotta ancora viva e non ancora vinta, nonostante siano ormai trascorsi molti anni, ad averlo spinto a dare vita al “The Hamilton Commission”. Quest’associazione si occupa di supportare i giovani di colore di facoltà matematiche ed ingegneristiche che desiderano far parte del mondo della Formula 1.

Le storie che hanno sconvolto di più sono, però, quelle di Max Verstappen ed Alexander Albon.

Il primo è stato vittima di non poche vicende di violenza fisica e psicologica da parte del padre. Una di queste è stata raccontata da Max durante il Gran Premio di Russia del 2019. Quando aveva solo quindici anni si trovava a Sarno, comune vicino Salerno, per una gara. Il padre gli aveva raccomandato di vincere, ma alla partenza, dopo essersi ritrovato ruota a ruota con un avversario, sbaglia manovra e si ritira. Durante il viaggio di ritorno, i due litigano e Jos Verstappen lo lascia da solo in un’area di servizio, per poi tornarsene a casa. Un’altra vicenda, forse meno nota, riguarda una gara sotto la pioggia che Max stava conducendo a La Conca. Nonostante avesse un importante margine di vantaggio commette un errore e finisce in testacoda, riuscendo a chiudere la gara in terza posizione. Una volta sceso dal kart suo padre si avvicina e gli dà un pugno nel petto, per poi allontanarsi in silenzio. Probabilmente non furono le uniche vicende, ma il pilota olandese non ne parla molto e quando lo fa, cerca di giustificare suo padre. La violenza, però, non va mai giustificata.

L’ultimo caso riguarda Alexander Albon, attuale pilota Red Bull. All’età di quindici anni è stato costretto ad abbandonare la scuola ed a svolgere diversi lavori per portare avanti la sua famiglia, in seguito all’arresto di sua madre, avvenuto nel 2012. Ella, infatti, per poter garantire dimora e viveri ai suoi figli, aveva dato origine ad una truffa automobilisticada non poche sterline. Sarebbe dovuta rimanere in carcere per sei anni, ma alla fine ne scontò unicamente tre. «Fu l’anno più difficile della mia vita», rivela Alex, «Vederla rinchiusa e portata via». Un giovane ragazzo costretto a diventare uomo prima del tempo, quando, invece, avrebbe dovuto semplicemente divertirsi e studiare come tutti gli altri ragazzi.

Come abbiamo visto, non bisogna mai soffermarsi alle apparenze. Non tutti i piloti hanno attraversato dei bei momenti o trascorso una bella infanzia, molti hanno dovuto lottare e maturare in fretta per non essere risucchiati da quel mondo troppo crudele e troppo grande per loro. Hanno sofferto, ma ne sono usciti più forti. Sembrava sarebbero stati perdenti,eppure hanno vinto.

Citando Sebastian Vettel: «Non puoi cambiare il passato. Ma puoi cambiare ciò che deve ancora accadere». Ed è proprio questo ciò che loro hanno fatto, e ciò che tutti noi dovremmo fare, cercare di trasformare le nostre insicurezze ed i nostri dolori in punti di forza e trasformare ciò che ancora non è, in ciò che avrebbe dovuto essere.

Aurora Loffredo

Aurora Loffredo

Appassionata di Motorsport, e in generale di sport, ho iniziato a scrivere per Multiformula ad agosto del 2020. Oltre allo sport, mi piace molto la lettura e la musica.

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