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Un nome, una garanzia

 

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Dopo sedici anni uno Schumacher torna al successo, nomi simili eppure piloti così diversi per stile di guida. In molti aspetti, però, lo ricorda. La prontezza, il suo essere puramente tedesco e lasciarsi andare pochissime volte alle emozioni, il saper essere aggressivo in pista. Anche le partenze sono simili a quelle di papà Michael. Nel 2011 il sette volte campione del mondo era stato il migliore, recuperando circa una quarantina di posizioni. E Mick sembra averne ereditato la bravura e la freddezza, nonostante l’enorme pressione sulle sue spalle. Quella stessa pressione che Corinna, la madre, ha voluto risparmiargli i primi anni della sua carriera, facendolo gareggiare inizialmente con il suo cognome, Betsch, e poi con il nominativo Mick Junior in seguito all’incidente del 2013 di Michael. Un incidente che ha segnato la vita del giovane Schumi, che non potrà raccontare la vittoria del suo mondiale al padre, ma potrà dedicargliela. Così come potrà intitolargli tutti i successi che, ci auguriamo, otterrà.

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Eppure, chi si sarebbe aspettato questo finale di mondiale? I riflettori sembravano essere rivolti ad altri due piloti, entrambi della Ferrari Driver Academy: Robert Shwartzman e Callum Ilott. La differenza di punteggio con Mick era esorbitante, ma dopo diciassette gare il pilota tedesco aveva ottenuto la leadership, grazie ai suoi dieci podi ed alle sue due vittorie, con cui Mick si aggiudica la nomina di pilota più costante della stagione. Un decisivo passo in avanti rispetto all’anno precedente, quello del suo debutto in Formula 2, dove riuscì unicamente ad ottenere una vittoria, all’Hungaroring, ed un podio. E così Mick conferma ciò che si era già compreso in Formula 3: il secondo anno è sempre quello della “rivelazione”, del successo e della costanza. Non sarà un pilota “esplosivo” come Robert Shwartzman o, prima di lui, Charles Leclerc e George Russell, ma sicuramente ha dimostrato di avere talento e di essere capace di avere la meglio, quando la situazione sembra essere alle strette e vi è la necessità di mettere in campo tutta la propria bravura. E poi sa essere paziente, non cerca mai di affermarsi nell’immediato, ma di analizzare, studiare e comprendere la monoposto prima di attaccare e di lottare.

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«Se parlassi alla mia famiglia o ai miei amici più stretti, direbbero che non mi piace perdere, in nessuna situazione. Non importa cosa sia: un semplice gioco, una corsa fino all’albero, una lotta con i pollici. Non importa quale sia la sfida: devo vincere». Così Mick scrisse nella sua lettera motivazionale prima dell’inizio della stagione, in cui analizzava la sua carriera e quali erano stati gli errori che lo avevano portato a chiudere il campionato 2019 in dodicesima posizione, affermando che avrebbe fatto di tutto per migliorarsi. E possiamo dire che vi sia riuscito brillantemente. La sua convinzione, dedizione e caparbietà gli hanno permesso di liberarsi, almeno per poche ore, della reputazione di “pilota solo figlio di” ed introdurre, invece, quella di “stella del futuro”. Un po’ presto per affermare che potrebbe laurearsi campione del mondo anche in Formula 1? Indubbio, ma ha tutte le carte in regola per poter eccellere anche nella categoria maggiore. E, poi, come egli stesso ha ammesso, non può far altro se non cercare di inseguire il sogno e riportare il nome Schumacheral successo: «Alla fine sono convinto di ciò che faccio. E devo esserlo, perché non ho dato a me stesso nessun’altra possibilità».


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Non sarà solo, però, in questa sua scalata verso la Formula 1, perché potrà sempre contare su colui che, di Michael, era un grande fan: Sebastian Vettel.

«Quando vedo Mick vedo Michael. Per le sue maniere, il modo in cui parla, la passione», rivelò nel Podcast ufficiale della Formula 1 poco prima della gara al Nürburgring, «La situazione attuale è molto difficile per lui, ma ritengo che la stia affrontando in modo molto maturo. Un atteggiamento che non ci si aspetterebbe da un ragazzo di poco più di vent’anni». Schumi Jr., ora, dovrà fare i conti con il nome di colui che non è solo “il più grande pilota di tutti i tempi”, ma anche suo padre. Eppure, secondo il pilota Ferrari, Mick non è solo un figlio d’arte: «Credo che si meriti questa opportunità e lo ha dimostrato in pista. Ho già avuto modo di dire che per me lui è Mick, non il figlio di Michael, e ha tutte le carte in regola per fare la sua strada». Una strada che sarà sicuramente tortuosa ed ispida, molto più complessa ed insidiosa rispetto a quella di Formula 2 e Formula 3, ma Sebastian Vettelè pronto ad aiutarlo, affinché la pressione e le aspettative degli altri non lo distruggano: «Cerco di aiutarlo ovunque posso, sia in pista che nella vita. È importante che vada per la sua strada. Ma proprio come Michael mi ha dato consigli quando gli ho chiesto qualcosa a riguardo, così farò quando lui verrà da me».

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E, sono sicura, che tutti, fan di Mick o meno, aspetteranno con ansia il suo debutto in Formula 1, sia per capire come si muoverà in un ambiente completamente ostile, sia per l’affetto e la stima che vi era nei confronti di Michael, sperando che anche il figlio, proprio come il padre, possa riportare la Rossa alla vittoria. E che, come Michael batteva i suoi stessi record, adesso possa essere Mick a farlo. Perché, alla fine, ha dimostrato di non essere solo “figlio di Schumacher”, ma anche e soprattutto un giovane di appena ventun anni che insegue un sogno, quello di essere il miglior pilota, esattamente come molti altri ragazzi e non deve essere il cognome a determinarlo. Non è Mick Schumacher, figlio del sette volte campione del mondo, ma è Mick Schumacher, campione di Formula 2 e Formula 3, che ha un futuro prospero dinanzi a lui, che ci auguriamo possa essere abbellito e decorato da molte bandiere tedesche ed italiane e trofei.

Aurora Loffredo

Aurora Loffredo

Appassionata di Motorsport, e in generale di sport, ho iniziato a scrivere per Multiformula ad agosto del 2020. Oltre allo sport, mi piace molto la lettura e la musica.

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