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Un tuffo nell’aerodinamica. Capitolo 2

 Un tuffo nell’aerodinamica

 (source Goodwood.com)

Finora abbiamo visto una prima evoluzione delle vetture di Formula 1in cui si è partiti da una concezione legata al concetto di “carrozza a motore” quindi dove il motore ( come diceva Enzo Ferrari “i cavalli stanno davanti al carro” ) era posizionato davanti al pilota. Poi è arrivata la Cooper a stravolgere per sempre la filosofia delle vecchie vetture conducendo un salto tecnologico molto importante assieme alla dominatrice degli anni 60, la Lotus di Colin Chapman.

La ricerca del Downforce

Verso la fine degli anni 60 alcuni team di Formula 1 iniziarono a pensare a nuovi metodi per rendere le auto più stabili, veloci e sicure nei vari circuiti. Fino a quegli anni l’unico modo per far sì che l’auto fosse il più gestibile possibile, era attraverso un baricentro della vettura basso, in combinazione con l’aderenza ( chiamata anche Grip) generata dalle gomme e dal lavoro del telaio. Tuttavia, le potenze dei motori stavano pian piano salendo sempre di più e con i molteplici incidenti, (spesso anche mortali) successi a causa della grande difficoltà dei piloti a mantener quelle vetture al limite senza rischiare troppo, si è dovuto pensare ad un nuovo metodo per tenerle il meglio possibile in pista. E qui entra in gioco lo studio sul Downforce.

Figura 1: dove agisce la deportanza (source vivaf1.com)


Il Downforce o Deportanza indica quella forza generata dalla massa d’aria che passa sopra all’auto, rispetto a quella che passa sotto, e che quindi ci deve essere più aria che passa sopra alla vettura che sotto di essa. Praticamente è il funzionamento delle ali di un aereo (in quel caso si chiama portanza perché letteralmente, porta l’aereo in aria) ma al contrario, vale a dire che invece di alzare la vettura, nel nostro caso la deportanza fa sì che la vettura sia schiacciata a terra il più possibile, senza generare delle resistenze all’avanzamento quando la vettura sta procedendo in avanti.

Figura 2: Il profilo ad “ala rovesciata” ( source  buildyourownracecar.com )

I primi esperimenti di ricerca del Downforce

Torniamo alla nostra storia sull’aerodinamica in Formula 1, più precisamente ripartendo dal 1968, quando le prime vetture con le “ali” fecero la loro comparsa nel Circus. Erano dotate di semplici alette posizionate sul muso della vettura o di barre modellate come un’ala di aereo rovesciata e posizionata sul retro o centralmente al corpo vettura. Un chiaro esempio è la vincente Lotus 49B. 

Figura 3: Lotus 49B di Graham Hill

Uno degli avversari della Lotus la McLaren si presentò alla stagione 1968 con la M7A. La Lotus 49B, come suggerisce il nome, è l’evoluzione della Lotus 49 del 1967, lo si nota soprattutto da quelle piccole alette sul muso della scocca e dal grosso alettone ( chiamato anche spoiler ) sopra l’asse delle ruote posteriori. Questi accorgimenti uniti alla già alta competitività della vettura hanno fatto vincere agevolmente il titolo piloti a Graham Hill e anche il titolo costruttori per l’ennesima, ma non ultima, volta. L’alettone posteriore era posizionato sopra l’asse delle ruote, per far sì che la forza verticale che genera venga direttamente sottoposta alle ruote, così da aumentare il contatto con l’asfalto e migliorare sensibilmente le prestazioni della vettura.

Figura 5: McLaren M9A di Derek Bell .source Wikipedia

In questo caso la McLaren ebbe un’interpretazione leggermente differente dalla Lotus. Lo spoiler posteriore venne posizionato leggermente più avanti dell’asse posteriore, più precisamente venne imbullonato sopra il motore attraverso dei sostegni appositi, in modo da sfruttare al massimo il motore come elemento stressato. Tutto ciò era possibile solo dopo aver fatto gli opportuni accorgimenti al telaio  Nella stagione successiva, nel 1969, si cominciò a vedere una diversificazione nelle soluzioni aerodinamiche tra le vetture, alcuni modificarono anche le forme della scocca, facendola più squadrata o più tonda, mentre altri allargarono semplicemente le superfici alari o anche i corpi vettura stessi per farci entrare delle soluzioni tecniche particolari. Un esempio di soluzione tecnica alquanto interessante è stato pensato dalla McLaren con la M9A.

Figura 5: McLaren M9A di Derek Bell (source Wikipedia)

La M9A presentava innanzitutto uno spoiler posteriore con una serie di creste interne, atte a pulire i flussi d’aria che vi passavano sopra in modo da aumentare il carico aerodinamico all’asse posteriore. Ma la “chicca” di questa vettura era il sistema di trasmissione, perché la M9A aveva il sistema a quattro ruote motrici o 4×4. Purtroppo questa vettura corse un solo Gran Premio, perché i tecnici della McLaren decisero che le quattro ruote motrici non erano la via migliore da seguire per ottimizzare le prestazioni e accantonarono il progetto dedicandosi allo sviluppo dell’aerodinamica ripartendo dalla M7A. McLaren non fu l’unico team a tentare la via del 4×4, in quanto ci provarono anche la Lotus con la Lotus63 e la Matra con la MS84. Purtroppo, entrambe le vetture ebbero vita breve, con la Matra che dopo una 9° posizione a Silverstone venne tenuta per quella stagione come auto di riserva, mentre la Lotus 63 corse per tutta la stagione, raggiungendo come miglior risultato un decimo posto in gara. La differenza tra la Lotus 63 e le sue rivali 4×4 era la sua scocca, la quale era più squadrata e con l’aerodinamica integrata al corpo vettura.

  Matra MS84 di Sir Jackie Stewart (Anders Wirten on Pinterest)  /   Lotus 63 di Graham Hill (wikipedia) 


Due anni più tardi, nel 1971, ancora una volta la Lotus presentò al mondo della Formula 1 una vettura che nessuno ha mai pensato di costruire e mai più succederà, la Lotus 56.

                                    Lotus 56B di Emerson Fittipaldi (source Classic Team Lotus)

Questa vettura era equipaggiata con una turbina a gas derivante da un elicottero, propulsore già utilizzato su una vettura del campionato Indy Car, la STP-Paxton Turbo car. Questo propulsore agiva su un sistema a 4 ruote motrici per garantire la scarica a terra di una potenza che andava dai 450 ai 500 CV in modo ottimale. Questa turbina alimentata a Kerosene aveva la possibilità di regolare la sua potenza tramite una regolazione a doppio stadio. L’aerodinamica era stata studiata in modo che i gas di scarico, che venivano espulsi tramite una apertura dietro la testa del pilota, andassero a scorrere sull’ala posteriore per generare carico. Oltre a ciò, non vennero adottate grosse soluzioni tecniche per il muso, tranne che in occasione del Gran Premio di Zandvoort quando fu posizionata una coppia di ali anche sul muso.
Purtroppo, la sua carriera sportiva fu molto infelice e breve, a causa della fragilità della vettura e i costanti problemi di frenata causati dal peso della monoposto e dall’assenza di freno motore. Il miglior piazzamento  di quell’anno fu un 8° posto al Gran Premio di Monza con al volante Emerson Fittipaldi (Figura 8).
Facciamo un salto di due anni e arriviamo nel 1973. E’ l’anno in cui la Ferrari presentò la vettura che poi diventò la macchina da battere dal 1975 al 1977, la 312 T.

                                       

Ferrari 312 B3 di Arturo Merzario (source Wikipedia)

    

La vettura in questione era la Ferrari 312 B3 ( poi evoluta nella B3-74), anche chiamata “spazzaneve” per via della forma del muso, la quale richiamava proprio a quel mezzo particolare. Studiata come auto laboratorio, ha gareggiato nella stagione 1973, ottenendo scarsi risultati.

Nonostante ciò, questa vettura, come già detto in precedenza, gettò le basi per l’auto che riportò la Ferrari ai vertici della Formula 1, conquistando i titoli piloti nel 1975 e 1977 e 3 titoli costruttori consecutivi dal 1975 al 1977 dopo che la B3-74, corse la stagione 1974 senza ottenere un risultati degni di nota.

                                  Figura 10: Ferrari 312 B3-74 di Niki Lauda (source Ferrari.com)

Parliamo di una tra le Ferrari più importanti e vincenti della casa di Maranello, dove grazie all’Ingegnere Mauro Forghieri, raggiunse un livello di velocità e affidabilità pari a nessuno. La 312 T era una monoposto che presentava diverse novità, la più importante di queste era il nuovo cambio trasversale (da cui la T nel nome) a 5 rapporti più retromarcia, che permetteva di ottenere una vettura più equilibrata e una miglior concentrazione delle masse. Il motore (il Ferrari tipo 05, un motore a 12 cilindri contrapposti anche denominato “boxer”) raggiungeva una potenza di 495 cv a 12 200 giri e l’abitacolo venne spostato ancora più in avanti rispetto alla vettura dell’anno precedente la 312 B3-74.

                                          Figura 11: Ferrari 312 T di Niki Lauda (source Wikipedia)

Tra le altre novità, dopo la parentesi della 312 B3 e della B3-74 con il loro telaio “monoscocca”, la 312 T tornò a presentare un telaio in tubi pannellato, meno costoso e più facile da riparare e modificare. Tale soluzione sarà abbandonata solo nel 1982

Un’altra vettura che suscitò scalpore nel Circus fu la prima e unica auto a 6 ruote con la combinazione 2-1, 2 assi davanti e 1 dietro, era la Tyrrel P34.

Figura 12: Tyrrel P34 di Jody Scheckter (source Wikipedia)

Questa vettura è entrata nella storia per via delle sue 4 ruote sterzanti, le quali la rendevano l’auto più strana del paddock. Sebbene non abbia avuto una carriera vincente, grazie a questa vettura, la Tyrrel è riuscita a portarsi a casa una doppietta al Gran Premio di Svezia del 1976. A parte i tanti problemi tecnici e ritiri nelle due stagioni di utilizzo, l’idea alla base di questa auto non era affatto sbagliata. I due assi sterzanti, rendevano il suo muso più basso e affusolato. Ciò era dovuto alle dimensioni più ridotte delle ruote anteriori, che arrivavano a 10 pollici, garantendo così una  carreggiata (ampiezza degli assi delle ruote) più stretta e una maggior impronta a terra degli pneumatici (ci si riferisce a quanto battistrada dello pneumatico tocca l’asfalto), il tutto veniva carenato dal grande alettone anteriore a martello, migliorando di conseguenza anche l’inserimento in curva. Quel genere di ruote, però, aveva bisogno di una gommatura su misura, dato che a parità di velocità del mezzo, le ruote della Tyrrel giravano più velocemente di quelle delle avversarie e quindi la Goodyear si incaricò di realizzarle.

Grazie e ci vediamo nella terza parte, a presto!!

Nicolò Galiazzo

Nicolò Galiazzo

<strong>N</strong>ato per essere un carmaniac

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