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I Vukovich, una dinastia da corsa perduta nel tempo

Vukovich

Famiglie da corsa. Nel mondo del motorsport ve ne sono numerosissime che hanno segnato in modo più o meno marcato diverse epoche. Negli Stati Uniti in Indycar e NASCAR, tra le più famose possiamo annoverare gli Andretti, la dinastia degli Earnhardt, le quattro generazioni della famiglia Petty, gli Unser, o i Vukovich. Ecco, in data 20 Agosto 2023 è venuto a mancare Billy Vukovich II, al secolo William John Vukovich Jr. Quando si parla di Vukovich, nel motorsport a stelle e strisce si parla della 500 miglia di Indianapolis. La famiglia Vukovich è indissolubilmente legata ad essa, così come al mondo dell’Indycar nel periodo dagli anni ’50 fino ad inizio anni ’90. Con la scomparsa di Vukovich II, si conclude la storia di questa dinastia da corsa iconica. Ripercorriamo dunque assieme le storie di queste generazioni di piloti, che hanno fatto la storia, purtroppo anche con un esito tragico.

Bill Vukovich Sr. Un nome, una leggenda

Gli inizi umili e difficili

Questa storia incomincia il 13 Dicembre del 1918 a Alameda, una cittadina della California di 28’000 abitanti. Tra di loro vi sono due immigrati di origine serba, John Vucurovic (anglicizzato in Vukovich) e Mildred Serykovich. Questa coppia vede nascere William John Vukovich. Soprannominato “Bill”, cresce a Fresno, in un ambiente rurale durante gli anni della Grande Depressione. Proprio in quel periodo un incendio devasta la loro casa e suo padre, carpentiere, proprietario di una fattoria e uomo molto severo con i figli, si suicida a 55 anni, due giorni prima che Bill ne compisse 14. Ciò vuol dire che lui e i suoi fratelli Eli e Mike sono obbligati a lasciare la scuola e a lavorare per mantenersi, con una madre vedova e non in grado di parlare in inglese. In questi anni lavorano nei campi, guidano dei furgoni e si fanno pagare per portare la spesa.

Midget
La carriera di Bill Vukovich (qui in azione allo Stockton 99 Speedway nel 1947) incominciò così sulle Midget Cars (Photo source: stockton99speedway.com/Photographer unknown)

Proprio in questo periodo, Bill scopre la passione per le auto. La scopre quando inizia a girare per i campi della fattoria con la Ford modello T del padre. Inizia a gareggiare dal 1937, quando Bill ha appena compiuto 18 anni. La sua prima corsa è su una Modified a motore Chevrolet, dove conquista subito un 2° posto. Alla terza gara della sua vita, conquista la prima vittoria. Fred Gearhart, proprietario della vettura, gli lascia la vincita della corsa di 15 Dollari che, al cambio del 1937, equivalgono a 330 Dollari statunitensi odierni. Vista la difficile situazione economica in cui versava la famiglia Vukovich, quei soldi per lui sono l’inizio di una vera e propria carriera nelle corse automobilistiche.

Il passaggio alle Midget nel mezzo del caos mondiale che incombe

Su consiglio di Gearhart, il giovane Bill inizia a gareggiare nell’ambiente delle Midget a cominciare dal 1938. La prima corsa non fu affatto fortunata, con Vukovich che ha un incidente molto grave nel quale si ruppe una clavicola, numerose costole e una mano ustionata. Appena 7 settimane dopo il suo incidente, è di nuovo in gara. Assieme a lui si unisce il fratello Eli per i due anni successivi, dove partecipano ogni settimana dalle 15 alle 20 gare. In un periodo dove la loro madre viene a mancare ad appena 50 anni nel 1939, i fratelli Vukovich guadagnano a seconda dei risultati ottenuti. Quando vincono nelle gare sulla West Coast, guadagnano 50 Dollari, circa 1000 Dollari odierni. Quando non vincono, tornano a casa a mani vuote.

Midget
La Midget Car “Old Ironsides” del 1937 a motore Harley Davidson con la quale Bill Vukovich dominò la scena del panorama Midget sulla costa occidentale negli anni ’40, disputando in media 8 gare alla settimana (Photo source: woodlandautodisplay.com/Photographer unknown)

In questi anni, le tensioni internazionali scoppiano in maniera incontrollata. Il 7 Dicembre del 1941, gli Stati Uniti vengono attaccati dal Giappone a Pearl Harbor, provocando il loro ingresso nella seconda guerra mondiale. Vista la sua giovane età, Vukovich è chiamato alla visita per l’arruolamento nell’esercito, ma viene scartato a causa degli infortuni riportati gareggiando in quel periodo. Scartato a priori dall’arruolamento, Vukovich si sposa con Esther Schmidt a soli 23 anni. Durante il conflitto, Vukovich si mantiene come meccanico, riparando Jeep militari e camion. I soldi guadagnati gli consentono di acquistare da Fred Gearhart una midget per 750 Dollari (13’000 Dollari odierni) con la quale competere per la fine del 1945, a conflitto mondiale concluso con la resa del Giappone.

Un dopoguerra a tutta velocità, la svolta con gli anni ’50

Nonostante numerosi incidenti tra ossa rotte, commozioni cerebrali e mani martoriate, Vukovich non ha mai tolto il piede dall’acceleratore. Nel panorama delle Midget era pressoché imbattibile, con una guida al limite dello spericolato e un coraggio leonino degno del miglior “Daredevil” in circolazione. Ma d’altronde, al tempo chiunque avesse l’ardire di gareggiare in auto era considerato un temerario, un amante del pericolo. Per l’appunto, un “Daredevil”, un cavaliere del rischio, una definizione risalente già ai tempi di Barney Oldfield. Non a caso, Vukovich era soprannominato anche “The mad russian”, nonostante la sua origine serba.

1946
Bill Vukovich (numero 33) durante una gara di Midget nel 1946 (Photo source: yourcentralvalley.com/Janet Vukovich King)

In questo periodo del dopoguerra, Vukovich domina la scena delle Midget sulla West Coast, vincendo tre campionati consecutivi della URA (United Racing Association) dal 1945 al 1948 a bordo di una vettura ribattezzata “Old Ironsides” e verniciata di rosso. La svolta arriva quando partecipa ai campionati nazionali tenuti dalla AAA (American Automobile Association), dove nel 1949 si classifica 5° nella divisione della costa occidentale, mentre nel 1950 conquista il titolo nazionale. Proprio la conquista di questo campionato gli apre le porte delle gare sui grandi ovali con le vetture Indycar.

Lo sbarco a Indianapolis

Con la perdita di interesse da parte del pubblico verso il panorama delle Midget e, complici anche i suoi risultati, Vukovich ha l’opportunità di esordire nel mondo delle Indycar (al tempo gestito dalla AAA) nel 1950. La vettura con cui si schiera è una Maserati 8CTF del 1940, con la quale il grande Wilbur Shaw conquistò la 500 miglia di Indianapolis proprio in quell’edizione. Vukovich passò il Rookie Orientation Program, ma il vetusto progetto e la conseguente limitata competitività del mezzo, gli negarono la possibilità di qualificarsi alla corsa. Dopo la delusione di Maggio Vukovich ci riprovò alla Golden State 100, sul California State Fairgrounds con una Kurtis Kraft-Offenhauser. Tuttavia, un motore rotto nelle prove gli negò la possibilità di qualificarsi per la sua prima gara.

Indianapolis
Bill Vukovich all’esordio nella Indy 500 nel 1951 (Source: asipofsports.com/Photographer unknown)

Per il 1951, Vukovich ritorna ad Indy su una Trevis-Offenhauser con uno sponsor da parte di Pete Salemi proveniente da Cleveland, la Central Excavating. Bill riesce a qualificarsi 20° per la corsa stavolta. Ha una partenza regolare e riesce a recuperare terreno fino al 10° posto, ma una perdita d’olio lo mette fuori corsa dopo appena 29 giri. Quel giorno portò a casa 750 Dollari di montepremi (circa 8800 Dollari odierni) ma, cosa più importante, impressionò gli addetti ai lavori. In particolare, impressionò un imprenditore milionario, Howard Keck. Egli era un allevatore di cavalli purosangue inglesi o “Thoroughbred”, oltre ad essere il figlio di William Myron Keck, fondatore della Superior Oil Company, un’azienda petrolifera fondata nel 1921. Le sue prestazioni in corsa lo convinsero ad ingaggiare Vukovich per sostituire Mauri Rose, tre volte vincitore della Indy 500 nel 1941, 1947 e 1948, in procinto di ritirarsi.

La svolta e il successo

Con l’ingaggio da parte di Keck, l’inizio non fu totalmente incoraggiante. Tre mancate qualificazioni e cinque ritiri non lo aiutarono, ma il primo arrivo in top 3 arrivò proprio in quella stagione, con un 3° posto alla Syracuse 100, dietro a Tony Bettenhausen e Walt Faulkner. Per la stagione 1952, Vukovich si qualificò 8° per la Indy 500, ma mostrando sin da subito di essere il pilota da battere. Di fatto, prese rapidamente il comando e condusse la gara per ben 150 giri, mostrando una superiorità impressionante. Tuttavia, al giro 192, Vukovich fu costretto ad un ritiro amarissimo. Un perno di 6 millimetri sul piantone dello sterzo cedette, spedendo Vukovich nel muro. Troy Ruttman vinse così la Indy 500 del 1952, l’unico in grado di reggere il passo di un Vukovich semplicemente straordinario.

1953
Uno stremato Bill Vukovich Sr. beve e fuma una sigaretta dopo aver vinto la Indy 500 del 1953, una corsa massacrante, condizionata da temperature elevate. (Photo source: reddit.com/Photographer unknown)

Nonostante questa cocente delusione, Vukovich ebbe modo di rifarsi al Michigan State Fairgrounds e al Centennial Park di Denver, due ovali sterrari. In questi casi, vinse la Detroit 100 e la Denver 100, le prime due vittorie in carriera nel panorama delle Indycar. L’anno successivo, iniziò in modo dominante per quanto riguarda la Indy 500. Dopo aver conquistato la pole a 138.392 mph di media, Vukovich dominò in modo incontrastato per 195 dei 200 giri totali, con 3 minuti di vantaggio su Art Cross. La vittoria gli valse un montepremi da capogiro, 89’496 Dollari che, al cambio del 1953, equivalgono ad una vincita da un milione di Dollari. Partecipa soltanto alla Indy 500 e manca la qualificazione a Sacramento, ma questa singola vittoria gli basta per chiudere 3° in campionato, nonostante le gare in calendario siano 12.

La riconferma

Chiamato a difendere la vittoria dell’anno precedente, Vukovich nel 1954 parte però da centro gruppo. Scattato dal 19° posto in griglia, Bill riesce comunque a risalire la china piuttosto rapidamente, mantenendo durante la corsa una velocità media elevatissima, tant’è che prende il comando per la prima volta al giro 61. Riesce poi a riprenderlo nuovamente dal giro 92 al giro 129, per poi mantenersi stabilmente in testa dal giro 148 in poi. Ben 90 le tornate condotte in testa con una velocità media di 130.840 mph tenuta in gara, un record per l’epoca che gli valse il secondo successo alla Indy 500.

1954
Bill Vukovich Sr. replicò la medesima scena l’anno successivo. Stanco, stremato dalla fatica e scalzo, dopo aver vinto l’edizione del 1954 della Indy 500 (Photo source: x.com/@Basso488)

La vittoria e la partecipazione a questa sola corsa gli valse il 4° posto in campionato, nonostante il calendario fosse di 13 gare. Oltre a ciò, Vukovich portò a casa 74’934 Dollari in montepremi, equivalenti ad 846’092 Dollari odierni. Grazie a questa vincita e a quella del 1953, Vukovich ebbe modo di aprire due stazioni di servizio per il rifornimento nella sua Fresno e investì economicamente il denaro guadagnato. Oltre a ciò, partecipò alla pericolosissima Carrera Panamericana, dove ebbe un spaventoso incidente in Messico, nel quale lui e il suo co-pilota Vern Huell scamparono alla morte miracolosamente sulle montagne della Sierra Madre Occidentale.

Il 1955 con nuove prospettive

1955
Bill Vukovich (Photo source: motorsportmagazine.com/Photographer unknown)

A inizio 1955, Howard Keck decise di ritirarsi dall’attività di team owner, lasciando libero Vukovich che venne ingaggiato da Lindsey Hopkins Jr., uomo d’affari nel consiglio d’amministrazione della Coca-Cola, come suo padre, fu fondatore della compagnia di servizi finanziari Security Trust Company nel 1938 (poi Northern Trust Company). Oltre a ciò, Hopkins Jr. fu co-proprietario degli Atlanta Falcons, squadra di football americano militante nella NFL. Vukovich portò in gara una nuova roadster della Kurtis Kraft a motore Offenhauser, il propulsore più in voga di quegli anni, a condizione che con lui vi fossero anche i suoi meccanici con cui vinse nel team di Howard Keck.

Una fine tragica

“Bill guidava come se non ci fosse un domani. Non conosceva la paura.”

Janet Vukovich King, figlia di Eli Vukovich, fratello di Bill, in un’intervista del 2021

Bill si qualificò 5° per la Indy 500 di quell’anno, restando comunque il favorito per la vittoria. Vukovich non delude le aspettative, prendendo prontamente il comando dal quarto giro e imponendo un ritmo altissimo al quale, inizialmente, riuscì a resistere il solo Jack McGrath. Quest’ultimo si scambiò la posizione più volte con Vukovich fino al giro 54, quando McGrath subì una rottura meccanica per la quale perse olio. E proprio questo, forse, gli salvò la vita. Al giro 56, Vukovich era saldamente in testa con un enorme vantaggio sugli inseguitori.

1955
Bill Vukovich in posa sulla Kurtis Kraft-Offenhauser che portò in corsa alla Indy 500 del 1955 (Photo source: espn.com/Photographer unknown)

Tuttavia sul backstretch, Rodger Ward ebbe un incidente dove si ribaltò due volte, con la vettura puntata verso la direzione opposta al rettilineo. Al Keller, nel tentativo di schivare Ward, virava verso l’interno, prendendo l’erba dell’infield, cosa che lo fece scartare bruscamente verso destra, travolgendo l’incolpevole Johnny Boyd. Proprio in quel momento, l’auto di Boyd travolse proprio Vukovich, che si schiantò contro la barriera esterna. L’anteriore della vettura di Vukovich si sollevò a mezz’aria e innescò un capottamento nel quale l’auto andò a schiantarsi contro diversi veicoli parcheggiati fuori pista e un palo, prendendo fuoco. Bill Vukovich morì sul colpo per le gravissime ferite riportate, aveva 36 anni.

Billy II, l’eredità di un cognome e una storia importante

Gli inizi

Nato durante la seconda guerra mondiale a Fresno, in California, il 29 Marzo del 1944, William John Vukovich Jr., detto Bill Vukovich II, è la seconda generazione di questa dinastia da corsa. Il tragico destino di suo padre, al quale assistette impotente da radio-ascoltatore nella sua casa a Fresno, ad appena 11 anni, non lo fermò dal desiderio di voler correre ed emulare le gesta paterne. La carriera di Vukovich II nel panorama delle Indycar incominciò di fatto nel 1965 a Phoenix su una Watson-Offenhauser. La corsa d’esordio, vinta da A.J. Foyt, vide Vukovich concludere con un buon 9° posto finale, staccato di 6 giri.

Agajanian
Billy Vukovich II con J.C. Agajanian, Indy 500 1969 (Photo source: billvukovich.com/Photographer unknown)

Dopo un 1967 a mezzo servizio dove spiccò con un ottimo 4° posto ad Indiana State Fairgrounds come miglior piazzamento nel team di J.C. Agajanian, Billy Vukovich II ebbe la sua opportunità di gareggiare a tempo pieno e, quindi, di competere alla 500 miglia di Indianapolis, sempre con il team di Agajanian. Nel 1968, Vukovich II disputa 25 delle 28 gare in calendario, concludendo ottimo 5° in campionato con due terzi posti a Nazareth e DuQuoin State Fairgrounds, 7 top 5 e 18 arrivi in top 10 complessivi. Ottima è la prestazione a Indianapolis dove, partito 19°, conclude 7° a 2 giri dal vincitore Bobby Unser e consegue il titolo di “Rookie of the year”

Un affermato protagonista del panorama USAC

Dopo un 1969 interlocutorio con un solo 3° posto all’Illinois State Fairgrounds come miglior piazzamento, Billy Vukovich II diviene un protagonista del mondo USAC Indycar, in grado di competere con i piloti più forti del tempo. La competizione a inizio anni ’70 è impressionante. Vukovich II deve fronteggiare piloti come A.J. Foyt, Mario Andretti (grande fan del padre di Billy in gioventù per le sue origini slave, che Mario condivideva in parte da esule istriano nativo di Montona, oggi in Croazia), i fratelli Al e Bobby Unser, Gordon Johncock, Lloyd Ruby, i fratelli Tony e Gary Bettenhausen, Joe Leonard e molti altri. Dopo un 1970 a mezzo servizio, con un 3° posto a Sacramento, il triennio successivo è l’apice della sua carriera.

Vukovich
Billy Vukovich II (numero 98) alla Indy 500 del 1968, seguito da Art Pollard (Photo source: billvukovich.com/Photographer unknown)

Nel 1971 partecipa a 9 delle 12 gare in programma, concludendo al 3° posto in campionato dietro a Joe Leonard ed A.J. Foyt, conquistando due terzi posti a Milwaukee e Phoenix, oltre ad un 2° posto in Michigan. Nel 1972 si riconferma veloce e chiude da vicecampione della serie, battuto dal solo Joe Leonard in grado di vincere 3 gare. Vukovich II ottiene solo un 2° posto a Milwaukee e un 3° posto in Ontario. Il 1973 è l’anno migliore per risultati conseguiti, nonostante il 4° posto in classifica. Per 4 volte è 3° a Trenton, Michigan, Milwaukee e Phoenix. Chiude al 2° posto ancora a Trenton e nella tragica Indy 500, risultando di fatto il suo miglior piazzamento di sempre a Indianapolis. La stagione è coronata dalla sua unica vittoria in Indycar, ottenuta in Michigan, battendo Gary Bettenhausen con un sorpasso a 3 giri dalla conclusione.

Gli ultimi anni

Gli anni successivi, suo malgrado, non saranno allo stesso livello, nonostante consegua altri otto arrivi in top 3 e il 2° posto in campionato nel 1979, durante la stagione USAC, battuto da A.J. Foyt. Di fatto, Vukovich II proseguì la sua carriera in Indycar/CART Series fino al 1984, senza però riuscire a conseguire la vittoria alla Indy 500. Billy concluse la sua carriera a 40 anni, con una vittoria in USAC e 24 top 3 complessive. Oltre a quello, Billy conseguì 23 vittorie nel panorama delle Midget, diventando membro della National Midget Auto Racing Hall of Fame nel 1998 come suo padre.

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Billy Vukovich II in azione su una Dirt Sprint Car alla Hoosier 100 del 1983 (Photo source: billvukovich.com/Photographer unknown)

Dopo le corse, si dedicò all’azienda di trasporti di cui era titolare, prima che una lunga malattia se lo portasse via a 79 anni, lo scorso Agosto. Billy Vukovich II non riuscì mai a superare il trauma della perdita di suo padre, né riuscirà mai a superare quella del figlio che, come vedremo condividerà un destino drammatico, lasciando una profonda amarezza su cosa è stato e cosa avrebbe potuto essere.

Billy III, un giovane sogno spezzato

“Le corse sono uno sport intimidatorio. Possiamo farci del male e lo sappiamo. Ho sentito tanti piloti dire: “Non ho paura”, ma sono dei bugiardi. La paura in loro c’è eccome.”

Billy Vukovich II in un’intervista al Philadelphia Inquirer, 1991

Nel panorama Indycar, a partire dalla fine degli anni ’80, il nome di Vukovich ricomparve nuovamente. William John Vukovich III, detto Billy Vukovich III, divenne la terza generazione di piloti in questa famiglia. Nato a Fresno il 31 Agosto del 1963. Diplomatosi nel 1982 alla Yosemite High School situata ad Oakhurst, in California, Vukovich III incominciò la sua carriera di pilota contro il parere dei genitori. Esordì come suo nonno nel panorama delle Midget e delle Sprint Cars, divenendo ben presto Rookie of the year nella Valley Midget Racing Association.

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Billy Vukovich III con suo padre, Billy Vukovich II, durante la Indy 500 del 1988 (Photo source: billvukovich.com/Photographer unknown)

Dal 1985, Billy iniziò a gareggiare nel panorama USAC con le Supermodified, conquistando dal 1985 al 1988 un totale complessivo di 15 vittorie. Proprio nel 1987, Vukovich III riuscì a consacrarsi campione USAC nella categoria delle Supermodified, un successo che gli garantì una certa attenzione a livello nazionale da parte di vari team manager, in particolar modo nel panorama CART Series.

L’esordio in CART Series e ad Indianapolis

Come già menzionato, la conquista del titolo nelle Supermodified riuscì ad attrarre l’attenzione del mondo Indycar. Per il 1988, fu Gohr Racing a concedergli l’opportunità di mostrare il suo potenziale. Vukovich III da esordiente non delude le aspettative, concludendo con un discreto 11° posto all’esordio a Phoenix e concludendo 14° alla sua prima Indy 500, vincendo il titolo di Rookie of the year. Oltre a questo, conquista il suo miglior piazzamento a Pocono nella Quaker State 500, concludendo per la prima volta in top 10 al 9° posto, a bordo di una March a motore Ford Cosworth.

Vukovich
Billy Vukovich III durante le prove della Indy 500 del 1990 (Photo source: x.com/@Basso488/Photographer unknown)

Nel 1989 e 1990 non trova un ingaggio a tempo pieno in CART Series, ma trova comunque l’opportunità di competere per due volte alla Indy 500, stavolta alla corte di Ron Hemelgarn per Hemelgarn Racing. Nell’edizione 1989, a bordo di una Lola T88/00 a motore Judd, nonostante varie difficoltà, conclude 12° e raccoglie un punto, staccato di 14 giri dal vincitore Emerson Fittipaldi. L’anno dopo, sempre con Hemelgarn Racing, gareggia su una Lola T88/00 spinta questa volta da un motore V6 turbo stock block della Buick. Il motore, non molto affidabile, lo tradisce al giro 102, costringendolo al ritiro. Gareggia anche nella Marlboro 500 al Michigan International Speedway, dove chiude 13° staccato di 40 giri in una corsa piena di problemi tecnici.

Una fine amara e ingiusta per Vukovich III

“Avrei preferito vedere Billy fare un altro tipo di lavoro, ma finché sarà in questo ambiente, farò il possibile per aiutarlo. Però ogni volta che lo vedo in pista mi vengono i brividi.”

Billy Vukovich II in un’intervista nel 1988

Questo era il pensiero che suo padre aveva di lui e sul mestiere che ha deciso di svolgere. Suo malgrado, quei brividi erano un sinistro presagio, che si verificò in tutta la sua drammaticità più nera il 25 Novembre del 1990. Billy Vukovich III, come sappiamo, era già un pilota affermato nel panorama degli short tracks e dei dirt ovals americani. Quel giorno, Billy è impegnato nelle prove di una gara di Sprint Cars per la California Racing Association al Mesa Marina Raceway, un ovale di 800 metri, o mezzo miglio, in asfalto, situato a Bakersfield.

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Billy Vukovich III in azione su una Sprint Car nel 1988 (Photo source: billvukovich.com/Photographer unknown)

Uscito dai box, Vukovich III è intento a scaldare le gomme e a prepararsi per fare alcuni giri di prova. All’ingresso di curva 3, però, qualcosa non va. Vukovich III va sul freno, ma non succede nulla. La macchina resta accelerata e centra in pieno il muro, urtandolo frontalmente. L’impatto è devastante, a tal punto che l’effettiva causa dell’incidente non è mai stata pienamente chiarita. L’unica certezza è che Billy, 27 anni appena, ha perso la vita sul colpo, lasciando dietro di sé una scia di rimpianti e rimorsi.

“Quando la corsa finiva chiedevo a qualcuno: ‘Come è andato mio figlio?’ Non mi piaceva vederlo gareggiare. Ho visto molta gente ferirsi gravemente o restare uccisa in questo sport. Gesù, pregavo per quel ragazzo ogni volta che scendeva in pista. Avrebbe fatto meglio di me. Era più bravo, più intelligente, e ciò che mi rende più orgoglioso è questo: amava la vita. Mio figlio piaceva alle persone.”

Billy Vukovich II sul figlio in un’intervista al Philadelphia Inquirer, 1991

Simone Ghilardini

Milanese classe 1998, studente, musicista, pilota virtuale e articolista per Mult1Formula.

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