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Il doppio volto del Motorsport tra talento e possibilità economiche

La corsa verso il Santo Graal del Motorsport richiede un investimento notevole, tanto in termini economici quanto dal punto di vista umano. Non è un segreto che i livelli di competizione odierni impongano ai giovani piloti di cominciare a gareggiare molto presto, se vogliono un giorno sperare in un sedile in Formula 1.
Denominatore comune di tante leggende dei motori, da Senna ad Hamilton passando per Schumacher, è l’aver cominciato ad assaporare gomme e asfalto molto prima di poter accedere ad una vera competizione agonistica. Lo stesso Charles Leclerc ha più volte raccontato di aver iniziato a frequentare le piste all’età di tre anni, sui kart, il primo banco di prova per ogni aspirante pilota.
Se il talento è dunque un tassello indispensabile per ambire ad una carriera nel Motorsport, le possibilità economiche sono un altro requisito fondamentale. Avanzando di categoria, infatti, investire sapendo di poter contare su di un ampio budget può realmente fare la differenza tra l’approdo nelle Formule minori e una carriera nell’anonimato.

Crediti: Business & Sport (Twitter)
La Formula 3: un affare da quasi due milioni di euro
Un passato che ritorna: Ayrton Senna


Un pilota mediocre con i soldi può avere la macchina migliore e correre, mentre un buon pilota senza soldi se ne deve andare.
Parole sagaci, quelle pronunciate da Ayrton Senna, che descrivono una chiave di lettura ancor attuale circa le cifre mediamente inaccessibili ma necessarie all’approdo nelle Formule minori.
Un tuffo nel passato che impone una riflessione attenta e accurata su quanto il Motorsport avrebbe potuto perdere qualora le difficoltà economiche del campione brasiliano fossero prevalse sul suo talento ineguagliato e, per molti, ineguagliabile. Benché i costi fossero al tempo più permessivi, infatti, anche Senna ha rischiato di vedere la propria carriera arenarsi a causa della quasi totale mancanza di sponsor.
Ayrton, però, che s’era prefissato di arrivare in Formula 1 per diventare il migliore di sempre non si è mai dato per vinto. Costretto ad abbandonare le corse per problemi economici, il fuoriclasse brasiliano si è erto a tutore del proprio sogno, abbracciando una vita di sacrifici e di rinunce, accogliendo anche il divorzio dalla moglie, per ritornare poi alle monoposto con la sponsorizzazione dell’attività del padre.
Nell’anno del suo debutto in F3, il 1982, la storia di Ayrton diventa leggenda.
Ma cosa ne sarebbe stato di quel ragazzo capace di vincere in qualunque categoria e indipendentemente dalla vettura se si fosse arreso alle difficoltà di un Brasile in piena crisi economica?

Quando il cognome non basta: Arthur Leclerc


I tempi sono cambiati, purtroppo in peggio” si è così espresso Ralf Schumacher in una recente intervista.
Difatti, anche i campionati più recenti hanno riproposto l’ennesimo braccio di ferro tra talento e possibilità finanziarie.
È il caso di Arthur Leclerc, fratello minore di Charles, che ha visto la propria carriera procedere a singhiozzo a causa dei problemi economici della famiglia.
Essere un Leclerc è un vantaggio solo quando si vince” commenta il monegasco, riferendosi alle enormi aspettative in lui riposte in virtù di un cognome “che io non ho scelto”. Peccato che nemmeno essere un Leclerc, mentre il fratello si affermava nel panorama del Motorsport internazionale, lo abbia preservato dal mettere in pausa il proprio talento cedendo alla momentanea indisponibilità economica.

Alatalo: l’annuncio arriva dai social


Stessa sorte, ma con esito ben differente, è toccata a William Alatalo, classe 2002, ex pilota del team Jenzer Motorsport in Formula 3.
L’annuncio arriva direttamente dai social ai quali il finlandese affida tutta la delusione di non poter continuare a coltivare i propri sogni a causa della mancanza di budget. Dopo un’unica stagione in F3, infatti, Alatalo si vede costretto ad abbandonare la categoria senza troppe certezze sul suo domani sportivo.
Che cosa farò ora? Non lo so. Il mio obiettivo di correre in F1 è ora soltanto un miraggio. Credo nell’impossibile, ma voglio essere realistico. Gareggiare in F3 era già un sogno divenuto realtà per un ragazzo di umili origini senza troppe possibilità economiche. Non so dove correrò ora, forse non diventerò la prossima star finlandese della F1, ma la vita va avanti.
Anche senza il Motorsport, anche se sarà molto difficile.

L’imperativo categorico del cambiamento in ambito motoristico è una voce che non può più essere ignorata.
La Formula 1 deve intervenire prima che sia troppo tardi” esorta Ralf Schumacher.
Sì, perché il talento non si misura in euro, in dollari o in sterline.
Il talento si misura in emozioni.
E senza queste, senza le manovre folli e le staccate impossibili, non basterebbe un pugno di denari a rendere unico lo sport che tanto amiamo.

Marika Taroni

Biologa nutrizionista, amante dello sport, dei motori e dell'adrenalina su pista.

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