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Formula 2: e se ci fosse stato l’anti-stallo?

Analizziamo l’incidente della Feature Race tra Theo Pourchaire e Enzo Fittipaldi

Prima di questo weekend tutto il mondo ha espresso il suo disappunto sul layout della pista in Arabia Saudita.

Con la percorrenza a velocità piena in più della metà del circuito e i muri molto vicini, cosa sarebbe potuto andare storto? Tutto! Lo ha provato subito sulla sua pelle, per esempio, Logan Sargeant con l’incidente a pochi minuti dall’inizio della sessione di prove libere, che non è stato un caso a sé, perché episodi del genere li abbiamo visti anche nelle due gare del sabato.

Ma non è finita qua…

La domenica è giornata di festa, nelle case si guarda ogni tipo di sport e si fa un pranzo di tante portate.

Poi ci sono le famiglie dei piloti. Si siedono tutti sul divano e aspettano con ansia l’inizio della gara del loro figlio, fratello o nipote.

Immaginatevi, ora, la mamma di Fittipaldi che vede il proprio bambino prendere in pieno la macchina davanti con uno schianto di forza pari a 72G. Pensate anche alla famiglia di Pourchaire che vede il figlio, fermo alla propria casella, travolto da una macchina in piena accelerazione.

Emblematica è la foto di Pietro, fratello di Enzo, che guarda la triste scena e veglia dall’alto suo fratello minore. Trasmette la forza del rapporto che c’è tra di loro e l’apprensione di chiunque nel vedere il ragazzo, in difficoltà, ancora dentro l’auto.

Pietro Fittipaldi veglia sul fratello dopo l'incidente
@PiFitti on Twitter

Eppure, solo 2 anni fa, ricordo tutti addolorati dalla morte di Hubert.

Non ha davvero insegnato niente quel brutto episodio? Perchè continuare a mettere i piloti ancora più a rischio? Per divertimento?

Dentro quelle macchine corrono ragazzi giovani che hanno un sogno. In quanto piloti che svolgono il loro lavoro, seppur a conoscenza della pericolosità di esso, devono essere tutelati. Non sono topi da laboratorio, utilizzati come cavie per fare esperimenti e apportare miglioramenti poi solo ed esclusivamente nella categoria regina.

Dal pomeriggio di domenica ci siamo spesso domandati: “l’incidente poteva essere evitato?“. In queste condizioni la risposta è ovviamente no, ma se la FIA avesse agito diversamente, interessandosi in primis della sicurezza dei i suoi giovani piloti, probabilmente sì.

Perchè? Ora ve lo spieghiamo.

Torniamo indietro di qualche anno, in particolare al Gran Premio del Belgio nel 2019.

Quante volte abbiamo sentito e riso sul team radio di Norris? “I can’t, it’s broken, anti-stall!” urla Lando al suo ingegnere, mentre continua ad avanzare lentamente fino al lato della pista più vicino per evitare danni più gravi.

Cosa è successo lì? Perché la macchina ha continuato ad avanzare e non si è improvvisamente bloccata sul posto?

Sulle monoposto di Formula 1, per evitare che esse si blocchino di colpo in mezzo al tracciato in seguito ad anomalie e problemi tecnici, è da anni installato questo sistema chiamato anti-stallo che percepisce l’errore e permette alla macchina di continuare a muoversi.

antistall
F1 on Youtube

Soprattutto nelle standing-starts, ma anche in questi casi di improvvisi problemi tecnici, “se il conducente rilascia la frizione troppo rapidamente da fermo o non aggiunge abbastanza input al pedale dell’acceleratore per aumentare la potenza del motore, il motore può bloccarsi. Per aiutare a prevenire questo, le auto hanno un programma chiamato anti-stallo. Esso permette all’auto di riconoscere se il conducente sta facendo un errore e, una volta rilevato, taglierà la frizione per prevenire lo stallo. Questo porterà certo a un lancio rovinato, ma il motore continuerà di certo a funzionare, che è molto più preferibile. Il sistema entra quindi in funzione quando rileva un errore del pilota che può portare allo stallo del motore”.

Se questo programma fosse stato presente sulle macchine di Formula 2, o meglio, se fosse funzionante, probabilmente l’incidente grave di domenica poteva essere evitato. Il sistema anti-stallo, infatti, avrebbe probabilmente permesso a Théo di non rimanere fermo sulla sua casella. Tutto ciò è ancora più grave.

Se anche i piloti, come Jake Hughes e Théo Pourchaire, inneggiano alla presenza corretta di questo sistema sulle loro auto, chi è la FIA per negarglielo? Anzi, sono proprio loro a dover ascoltare i feedback di chi, quelle monoposto, le guida davvero.

La Federazione chiede, oggi, quasi 3 milioni di euro per gareggiare nel campionato e nemmeno offre una sicurezza completa ai ragazzi quando si calano nell’abitacolo?

Inammissibile, la musica deve davvero cambiare.

Questa volta, fortunatamente, entrambi i piloti stanno complessivamente bene (Enzo, nello specifico, ha rimediato una caviglia rotta e forti contusioni), ma non potrà andare sempre così.

Ce lo ricorda un incidente molto simile: quello di Riccardo Paletti nel Gran Premio del Canada del 1982.

Non si può continuare a giocare con la vita.

Sara del Mistero

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