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Introduzione all’Indycar: dove America ed Europa si incontrano

Sebbene ad un occhio non esperto possa apparire come la trasposizione americana della F1, l’Indycar è un campionato con origini molto antiche, capace di esprimere caratteri peculiari e di ospitare piloti di altissimo livello e con storie estremamente variegate: da chi la usa come ripiego a chi vi punta fin da bambino. Mentre ci avviciniamo alla prima gara di stagione, sulle strade e nell’aeroporto di St. Petersburg, in Florida, possiamo osservare da vicino come si presenta questa competizione.

Il calendario

Il calendario 2022, data per data

Il campionato Indycar comincia generalmente a marzo e termina a settembre, in virtù degli accordi con il campionato di football americano NFL, per i quali si cerca di sovrapporre il meno possibile le date. Quest’anno, tuttavia, la prima gara è stata anticipata all’ultimo weekend di febbraio. Qui riprende il suo posto la gara sulle strade di St. Petersburg, spostata a fine campionato nel 2020 e nel 2021 a causa del covid. Le altre piste cittadine previste sono Long Beach, anche questa riportata alla data tradizionale ad aprile, Detroit, dove per la prima volta si disputerà una sola gara invece delle classiche due, Toronto che torna in calendario dopo 2 anni, e infine Nashville, con un tracciato che passa sopra un fiume. Riguardo i tracciati permanenti, il primo sarà Barber, a fine aprile. Per due volte si correrà sul permanente di Indianapolis, mentre a metà stagione ci saranno le due tappe nel nord degli USA, Road America e Mid Ohio. La stagione si concluderà, come da alcuni anni a questa parte, con le gare di Portland e Laguna Seca. Gli ovali invece saranno 4: doppia gara in Iowa a luglio, Gateway sul finale di stagione, mentre a inizio anno Texas e Indianapolis, questa volta con la classica 500 miglia.

La 500 miglia di Indianapolis

L’autodromo di Indianapolis, della lunghezza di 4 km, composto di 4 curve tutte uguali (eppure ben diverse nel modo di affrontarle), di 90° ciascuna, due rettilinei lunghi e due corti, paralleli ed identici, è stato costruito nel 1909 ed ospita la 500 miglia dal 1911. Negli anni ha creato leggende, eroi, miti ed una enorme sottocultura.  In 200 giri, circa 3 ore di gara, la velocità media è costantemente sopra i 300km/h e non mancano mai incidenti e colpi di scena.

Nel 1911 era richiesto, per entrare in gara, di mantenere per un giro la media di 120km/h, nel 2019 invece, una media di 365km/h non è bastata per poter correre! La prima edizione portò anche un progresso significativo nel mondo delle automobili: Ray Harroun montò sulla sua auto uno specchio che gli consentisse di guardare le vetture dietro di lui: nasceva così lo specchietto retrovisore.

Scott Dixon al comando della 500 miglia di Indianapolis

A partire dalla seconda edizione, solo le 33 auto più veloci in qualifica hanno accesso alla 500 miglia, schierate poi alla partenza in 11 file da 3 auto ciascuna. Dal 1950 al 1960 venne integrata la 500 miglia nel mondiale F1, molti piloti europei però scelsero di ignorarla. Nel 1965 arriva la svolta: Jim Clark, scozzese, rimane in testa per 189 dei 200 giri previsti, e vince. Nel 1966 è al successo un altro britannico, Graham Hill, e, grazie a questi due piloti, tra gli anni ’70 e ’80 i marchi britannici vennero fortemente attratti da questa gara, in particolare March, che vince 5 edizioni consecutive dal 1983 al 1987. Ad oggi la gara gode di estrema popolarità anche in Europa ed attrae piloti da tutti i continenti.

Una delle più famose tradizioni della 500 miglia è il bacio del Brickyard: il pilota vincitore si reca con il suo team sulla linea del traguardo dopo la gara per baciare uno dei mattoni (superficie originale al momento della costruzione dell’autodromo) in segno di riconoscenza verso il tracciato. Invece della solita bottiglia di spumante, è data in premio al primo classificato una bottiglia di latte, scelta prima della gara esprimendo una preferenza. Il weekend non si riduce al puro evento sportivo: la città si trasforma, con le vie che cambiano nome in onore degli iscritti alla gara, i negozi vendono prodotti a tema ed i gruppi di aviazione acrobatica sorvolano lo stato dell’Indiana lasciando i colori della bandiera a stelle e strisce nel cielo.

Il campionato

Colton Herta guida la gara a St. Petersburg

Come per molti organizzatori americani, anche per l’Indycar non esiste l’idea del team iscritto a tutto il campionato con auto e piloti fissi. Ogni squadra può schierare da una vettura per una sola gara a quattro vetture per l’intero campionato, e per i piloti permane un’alta mobilità: non è raro venir sostituiti a metà stagione o richiamati all’improvviso. Inoltre, come è successo nel 2021 con Lundgaard, possono esserci dei veri e propri esordi durante il campionato. A tal proposito, per essere considerato un “rookie” e quindi eleggibile come miglior esordiente dell’anno, è necessario aver disputato meno di 5 gare in totale nel campionato prima dell’anno in cui si corre un programma completo o semi-completo.

I punti vengono assegnati secondo un complesso sistema pensato per premiare la costanza più della vittoria: al vincitore 50 punti, quindi a scalare fino alle ultime posizioni. Tutti i piloti che arrivano al traguardo ricevono almeno 5 punti. Per la 500 miglia di Indianapolis il punteggio è doppio. Inoltre riceve un punto il pilota che segna la pole position, un punto qualunque pilota che riesca a stare in testa per almeno un giro e due punti per colui che compirà il maggior numero di giri al comando della gara.

Squadre e piloti

La vettura utilizzata possiede un telaio che di base è uguale per tutti, costruito in regime di monopolio da Dallara. Possono variare gli “aerokit”, differenti per gli ovali. Riguardo la fornitura di motori, invece, si può scegliere tra Chevrolet ed Honda. Per il 2022 si confermano quasi tutti i team dell’edizione precedente, con diversi cambiamenti tra i piloti. Prima di tutto, Helio Castroneves, dopo aver vinto la 500 miglia nel 2021, tornerà a correre una stagione intera con il team Meyer Shank. Tre nomi noti si aggiungono alla griglia tra gli altri esordienti: Tatiana Calderon, Callum Ilott e Christian Lundgaard. Romain Grosjean firma con Andretti, dove prende il posto dell’uscente Ryan Hunter-Reay. Anche Takuma Sato cambia bandiera, passando a Dayle Coyne Racing. Il suo sedile in Rahal-Letterman viene preso, per l’appunto, da Lundgaard. Oltre ad Hunter-Reay, si ritirano anche Max Chilton e James Hinchcliffe. Ancora con tre auto invece di quattro il team Penske, che resta comunque la squadra da battere.

Ryan Hunter-Reay a Indianapolis road course 2021

Da tener d’occhio per la lotta al titolo i soliti 5: Scott Dixon, già pluricampione, Colton Herta, figlio d’arte, Josef Newgarden, uomo di punta del Team Penske, Pato O’Ward e il campione uscente Alex Palou.

L’Indycar sta vivendo un periodo d’oro della sua storia, ricco di sponsor, di pubblico e piloti dal nome altisonante. Negli ultimi anni, mai un campionato è sembrato deludente, e non c’è motivo per credere che il 2022 sia un anno in cui poterlo ignorare!

Multiformula

Multiformula è un blog nato nel 2020 per condividere la nostra passione per il motorsport, dare spazio a quelle categorie come le Feeder Series di cui si parla ancora poco e soprattutto abbattere i pregiudizi che si incontrano in queste categorie.

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