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IndyCar e diabete: la storia di Conor Daly

La famiglia non è solo una questione di sangue, talvolta è qualcosa di più.
È un marchio identificativo, ad esempio, che nel caso dei Daly assume i contorni di un indomito spirito competitivo capace di traghettare il pilota di IndyCar attraverso le difficoltà di una diagnosi molto severa come quella di diabete di tipo 1. Conor Daly diabete
Figlio di due campionissimi, tanto nello sport quanto nella vita, Conor cresce in un ambiente particolarmente fertile per le sue aspirazioni di pilota professionista. Grazie all’influenza del padre e alla sua pregressa esperienza in F1, il primogenito di casa Daly inizia presto a calcare le piste nei campionati di kart. La sua, come quella di molti altri talenti di razza, sembra una storia già scritta. Una narrativa sempre uguale che trova una brusca battuta di arresto nella diagnosi di diabete.
Quello di Conor è un avversario subdolo, invisibile, logorante che squarcia la sua infanzia di kartista nel giorno più bello dell’anno, a Natale. Il nonno, che è medico, sa che il diabete può manifestarsi in molti modi diversi, tra cui attraverso la polidipsia o sete intensa. Così, quando il nipote gli domanda in dono un frigorifero addizionale per le proprie bibite, i sospetti si fanno più serrati.
La diagnosi, che arriva qualche mese più tardi, non lascia spazio ad interpretazioni: diabete di tipo 1.

Non sapevamo come Conor avrebbe reagito, né se i medici ci avrebbero permesso di tornare in pista. Così noi abbiamo pensato di continuare a fare ciò che ci riesce meglio.
E nella famiglia Daly, un simile presupposto, può significare una cosa soltanto: ritornare alle corse e vincere. Conor Daly diabete


Detto, fatto.
A quindici anni, Conor si laurea campione della WKA. Dopo una sola stagione di rodaggio nelle monoposto, vince la Skip Barber National Championship con cinque successi consecutivi su un totale di quattordici gare. Nella Star Mazda Championship, la storia si ripete: Conor è campione con una serie record di nove pole position e sette vittorie.
Dopo un terzo posto nell’allora GP3 Series e una breve apparizione in F1 come collaudatore per la Force India, la carriera di Daly si orienta stabilmente alla IndyCar.

Conor Daly si divide tra IndyCar e NASCAR, in carriera ha disputato un totale di 97 GP (crediti: Twitter)

La vita col diabete richiede solo un po’ più di fatica, ma non ha senso lasciare che ti fermi. A volte è fastidioso, molto fastidioso ma, alla fine, è qualcosa che può essere gestito purché tu faccia il tuo lavoro.
Nella storia di Conor è forte la componente di difficoltà che si lega intrinsecamente al gusto delle imprese. Nei suoi successi trovano valore le tante battaglie affrontate per continuare ad inseguire un sogno che nemmeno il diabete è riuscito a cancellare.
Se oggi Daly è un pilota professionista, lo deve soprattutto alla madre che lo ha sempre supportato, sin dai kart, quando si occupava dell’insulina prima di ogni gara.


Ero molto preoccupata. Quando Conor si è iscritto ad un campionato in Europa, l’ho costretto ad indossare una piastrina metallica per identificarlo come persona diabetica” spiega, ben consapevole di come la squadra non potesse monitorarne i parametri.
Ad oggi, infatti, non esiste una terapia risolutiva per il diabete di tipo 1: l’unica soluzione attuabile è l’assunzione di insulina, per mezzo di iniezioni sottocutanee, che sopperisce alla perduta funzionalità endocrina del pancreas. Conor Daly diabete
In aggiunta, Daly dispone di un sensore Dexcom G5 che, durante le gare, restituisce sul suo volante un parametro relativo al livello degli zuccheri nel sangue.

Non è mai stato un problema; non lo era prima e non lo è ora che faccio il lavoro che amo.
Attualmente, Conor Daly è l’unico pilota a gareggiare negli USA con questo tipo di patologia.
Un simbolo per chi si trova a fare i conti con un problema analogo, testimoniato anche dal suo impegno a favore della ricerca per mezzo di una livrea molto particolare.


Stanchi delle punture?” è la scritta che si legge sulla fiancata della Chevrolet di Daly, auto impegnata nella Indycar. La provocazione, sostenuta da una nota casa biofarmaceutica americana, è molto meno bizzarra di quanto si potrebbe immaginare. La retorica riflette infatti l’imperativo di trovare nuove terapie risolutive per il diabete ed offrire la possibilità a chi ne soffre di vivere senza grossi limiti.
Esattamente come fa Conor Daly.

Marika Taroni

Biologa nutrizionista, amante dello sport, dei motori e dell'adrenalina su pista.

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